Fumata nera al Piccolo: ma ora serve il John Holmes del teatro italiano

Come si valutano i curricula degli aspiranti direttori?

Pubblicato il 27/07/2020 / di / ateatro n. 173

L’illusione di Müller-Lyer: qual è il più lungo?

Era tutto chiaro. Sembrava facile. Serviva un nuovo direttore, ma “gli attributi sono evidenti a tutti”, aveva spiegato all’inizio della gara il presidente del CdA Salvatore Carrubba (Maurizio Porro, “Piccolo, non siamo all’anno zero. Equilibrio per il bene del Teatro”, “Corriere della Sera”, 4 luglio 2020).
Come dire: per un bocconcino prestigioso ma esigente come il Piccolo, ci serve il John Holmes del teatro.
Il CdA ha deciso di scegliere il nome destinato a innescare il desiderio a partire dal curriculum, da un colloquio sul programma e dal nome del consulente artistico.
Così il 22 luglio 2020 il CdA del Piccolo, dopo aver definito una short list di cinque candidati, li ha convocati con un preavviso di poche ore per un colloquio di una mezz’ora circa. Nemmeno una sveltina, solo un po’ petting, quel primo approccio dove ci si potrebbe mettere una zucchina nelle mutande o il wonderbra, che magari non se ne accorge. Claudio Longhi ha dato subito forfait.

L’illusione di Ponzo: qual è il più lungo?

L’informatissimo Maurizio Porro ha raccontato che Filippo Fonsatti ha messo sul piatto la testa di Mario Martone (già suo consulente artistico a Torino nonché oggetto del desiderio del sindaco Beppe “TAAAC” Sala), mentre Rosanna Purchia ha puntato sulla archeologica riproposizione degli spettacoli di Strehler e su un ticket impresentabile con Umberto Angelini (gradito all’assessore alla Cultura Filippo del Corno, si dice: dimenticando che alla scuola del Piccolo c’è già Carmelo Rifici, che dirige la scuola e che come direttore del LAC è assai attento al nuovo): sono senz’altro due ottimi manager, ma dov’è il consulente artistico richiesto dal CdA?
Secondo Anna Bandettini, Antonio Calbi avrebbe messo sul piatto “Massimo Popolizio, affiancato da figure di diverse specializzazioni e stili come Dimitri Papaioannou, Simone McBurney, e la prospettiva di riportare al Piccolo una compagnia stabile di giovani e di attori più maturi”. Giorgetti non pervenuto.
Letti i curricula, visti i programmi (o meglio, non li ha visti nessuno, solo il Cda), soppesati i consulenti, sembrava fatta.
Bastava misurare.
A quel punto, è esploso il problema. Il curriculum è meglio più lungo o più grosso? Come lo valutiamo? La lunghezza? Il diametro?
Il 27 luglio, per la seduta fatale in cui doveva essere proclamato il vincitore, alcuni consiglieri si sono presentati con il metro, gli altri con la bilancia.

Qual è il più lungo?

Tutti i curricula sono ragguardevoli, i candidati sono (quasi) tutti superdotati, ma nessuno spicca sugli altri quanto basta a surclassare i rivali.
Così arriva la fumata nera. I due consiglieri di nomina regionale – che sostenevano Calbi – hanno dato forfait, non si può nemmeno votare.
E adesso?
Se non basta la virtù dei candidati, diventano decisivi i protettori (politici).
Immaginiamo le telefonate di questi giorni. Si scaldano le suonerie degli amici e quelle degli amici degli amici. Bisogna mettersi a disposizione. Evitiamo altre figuracce.
Il CdA si convocherà “a partire da mercoledì 29 luglio”. Quel giorno vedremo se John Holmes ha fatto le telefonate giuste, se dal cappello uscirà un sesto coniglio superdotato, in grado di mettere (quasi) tutti d’accordo, o se la prestigiosa poltrona del Piccolo Teatro resterà per qualche tempo vacante. Che tanto il programma fino a dicembre l’hanno già fatto!
Ma intanto abbiamo capito perché era impossibile sostituire Sergio Escobar: troppo complicato nominare il successore…




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