Under28 | Forme di resistenza teatrale dal vivo

Le USCA (Unità Speciali di Continuità Artistica), la poesia dialettale al centro vaccinale di Cesena, la rassegna “Cu u vid?* Artisti (sopravvissuti) in tempi di Covid. Drammaturgie e storie calabresi” a Badolato

Pubblicato il 09/04/2021 / di / ateatro n. 177

Non tutte le forme di spettacolo a cui abbiamo assistito durante la pandemia sono novità o hanno a che vedere con l’uso di nuove tecnologie. Alcune esperienze preesistenti, però, sono diventate, soprattutto nei primi, frastornati, mesi di pandemia, occasione perché accadesse qualcosa aldilà delle sirene e delle notizie al tg, ma anche del silenzio: erano occasione di incontro. Il Menù della Poesia e Musica nell’Aria a Milano o Barbonaggio Teatrale, che da Lecce si è diffuso in tutto il Paese, sono nati prima del Covid-19 per la volontà di avvicinare lo spettacolo alle persone, ma il metodo di “delivery” culturale si è rivelato efficace per ovviare alle restrizioni e continuare a fruire, in sicurezza, di spettacolo dal vivo o quasi… La poesia acquistata per telefono non prevede la presenza, ma rispetto al teatro in streaming è un’esperienza che ben si adatta alle caratteristiche del mezzo attraverso cui il servizio viene fornito: si creano intimità e sorpresa e si privilegia il senso dell’udito, restituendo centralità alle parole e al loro suono. La music delivery si presenta invece come un aggiornamento della musica da camera, divenuta musica da pianerottolo: esecuzioni di venti minuti al massimo, “consegnate” all’interno dei palazzi. Mentre il teatro delivery è organizzato dalle cosiddette USCA (Unità Speciali di Continuità Artistica), acronimo che richiama le Unità Speciali di Continuità Assistenziale, nate per assistere a domicilio i pazienti affetti da Covid in forma non grave. Le USCA teatrali, che sono formate da artisti-rider appartenenti a diverse compagnie in varie città d’Italia, propongono un menù teatrale e consegnano le ordinazioni spettacolari a domicilio, in cambio di donazioni liberali.

Talvolta, lo spettacolo che continua, nel rispetto delle norme anticontagio, a prestare servizio dal vivo, si mette anche in una posizione di rischio per svolgere una funzione terapeutica a sostegno del personale sanitario. Ad esempio, nel mese di marzo 2021, nel nuovo centro vaccinale della fiera di Cesena, con medici e infermieri, c’erano anche l’attore Ettore Nicoletti e il poeta contadino Loris Babbini “in missione poetica”. Con la poesia in dialetto portavano un momento di leggerezza ai pazienti in coda, per lo più anziani. Insomma, la cultura si fa ancora una volta cura (o almeno la aiuta!), raggiungendo l’apice della sua funzione sociale e rituale.

C’è poi il teatro di sempre, che torna in scena appena possibile e lo fa anche nel segno della solidarietà. Spingendoci molto più a sud e tornando indietro di qualche mese, arriviamo a Badolato, piccolo borgo della provincia di Catanzaro. Qui troviamo la Compagnia Teatro del Carro, che, nell’estate 2020, in accordo con l’amministrazione comunale, ha deciso di creare una rassegna teatrale molto densa, in un territorio in cui le esperienze teatrali e culturali erano molto rarefatte già prima della pandemia, e di utilizzare i fondi a propria disposizione per far lavorare con un compenso equiparato 16 artisti del territorio calabrese. Con le loro produzioni hanno invaso  i vicoli, le piazze, la spiaggia del borgo, mettendosi, a fine spettacolo, a disposizione del pubblico per un confronto sulle storie raccontate, tutte legate a fatti più o meno noti, avvenuti in Calabria. Sulla pagina web di presentazione della rassegna, la compagnia definisce questo “dai teatranti un aiuto per i teatranti”. Evocativo anche il titolo dell’iniziativa Cu u vid?* Artisti (sopravvissuti) in tempi di Covid. Drammaturgie e storie calabresi. L’evento nato per solidarietà, in via eccezionale e in un periodo complicato, contrariamente alle aspettative ha ottenuto una grande affluenza, dimostrando che sarà possibile e necessario tornare a fare più teatro, in un territorio dove scarseggia, anche dopo la pandemia.

*Oltre a richiamare il termine Covid, ad un orecchio calabrese l’espressione suona più o meno come “chi l’ha visto?”




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