Under28 | Faust, una metafora dei nostri tempi

Metamorfosi Cabaret di Giorgio Barberio Corsetti al Teatro di Roma

Pubblicato il 10/04/2021 / di / ateatro n. 177

Metamorfosi Cabaret è il format digitale ideato per mantenere viva l’attività artistica del Teatro Stabile di Roma dopo la sua chiusura imposta dal lockdown a novembre 2020. La prima parte consiste in una carrellata di attori, danzatori, musicisti che si esibiscono in brevi performance, visibili in streaming sulle pagine Facebook e YouTube del Teatro Stabile, mentre la seconda – realizzata in parte al Teatro Argentina e in parte, rompendo l’unità scenica, a Villa Borghese e per le strade della capitale – ha come filo conduttore l’interpretazione di alcune scene  dal Faust di Johann Wolfgang Goethe.

I protagonisti sono Filippo Timi nei panni di Mefistofele e Giorgio Barberio Corsetti (anche regista della messinscena) in quelli di Faust. A rendere particolarmente suggestivo questo spettacolo è, nella sua seconda parte, proprio la scelta del Faust di Goethe come punto di riferimento della narrazione. I due personaggi-chiave di Mefistofele e Faust portano “in scena” una calzante metafora della nostra contemporaneità, affetta, tra le sue tante problematiche, anche dalla pandemia in corso.

Nell’opera di Goethe, pubblicata fra il 1797 e il 1832, Faust rappresenta infatti l’archetipo di una certa tipologia di uomo moderno: schivo, solitario, chiuso nella sua individualità, spesso teso nell’ansia di conoscenza.  Oggi anche noi, seppur per cause non imputabili alla nostra responsabilità, siamo intrappolati in una dimensione solipsistica, prettamente domestica, da cui di rado ci allontaniamo, ormai diffidenti della realtà che ci attende nel mondo esterno.

Nell’opera teatrale, Faust riceve la spinta a uscire dallo stato di reclusione autoindotto per mezzo di Mefistofele. E qui sta il paradosso: è proprio la personificazione del Male, che, con le sue fascinazioni, incita Faust ad avventurarsi nel mondo reale e a riconoscerne finalmente la vera natura, spesso iniqua, ma comunque terribilmente attraente e in grado di restituirgli la libertà perduta.

Quali spunti di riflessione trarre dalla produzione del Teatro Stabile, in relazione alla condizione fisica e psicologica in cui siamo caduti, dove abbandonare la propria abitazione è diventato una colpevole trasgressione? In fondo, il Faust di Goethe, inizialmente tanto assuefatto all’isolamento da non concepire più altre forme di vita, incarna molti di noi, ormai rassegnati alla condizione di isolamento “a tempo indeterminato”, e l’atto creativo stesso, in questo caso riconducibile alla mise-en-scène teatrale realizzata da Barberio, diventa per lui  – che è regista e nel contempo attore nei panni di Faust – espressione della sua ribellione ai limiti imposti dalla pandemia nonchè occasione di artistica “redenzione” personale attraverso il teatro.

Ci si deve oggi dunque sorprendere se Faust-Barberio, in cambio di un attimo di piacere totale, consegna la propria anima a Mefistofele, seguendolo sulla via dell’empietà? O sarebbe invece utile, ricordando l’opera di Goethe, chiederci quale scelta avremmo fatto noi, ieri come oggi, al posto del suo protagonista?




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