Focus AdoleScen[z]a | Il teatro per i ragazzi e le ragazze con problemi cognitivi ed emotivi

L'esperienza di Città Teatro con Teen Bota

Pubblicato il 13/12/2023 / di / ateatro n. 190 | Focus AdoleScen[z]a

La dottoressa Manuela De Tommaso, laureata in scienze della formazione con una tesi su Il teatro come terapia, tutor dsa, educatrice specializzata in età evolutiva, ha collaborato con l’Associazione Città Teatro per il progetto Teen Bota.

Città Teatro, Teen Bota

Per creare un ponte tra la sua immagine ideale e quella reale, all’adolescente, serve una dimensione nella quale potersi esprimere senza rischiare niente, e questo spazio venne già individuato da Aristotele nei suoi studi sulla psicologia: l’immaginazione produttiva. Per poter immaginare collegandosi a qualcosa è necessario però un linguaggio che possa essere la fiamma del suo motore interiore.
Nel teatro , questo linguaggio prende forma e crea quel tratto di strada che collega le emozioni a ciò che si vorrebbe esprimere. In particolare in ragazzi già cosi provati dal compito evolutivo che è l’adolescenza e che in più hanno difficoltà emotive, cognitive e sociali, il gioco teatrale apre mondi di possibilità e fa sperimentare stati d’animo (e la loro relativa gestione) non in altro modo sperimentabili.
Il percorso di ragazzi e ragazze con ritardo cognitivo/emotivo e di socializzazione medio e lieve, riscontra difficoltà nei curricoli scolastici per la mancanza di attività che vadano a stimolare competenze differenti dal semplice apprendimento di contenuti. In particolare l’attività teatrale si dimostra uno degli strumenti più efficaci in tal senso perché coinvolge differenti sfere cognitive del ragazzo/a. Di particolare rilevanza, all’interno di una qualsiasi attività laboratoriale teatrale, risultano:
• il training psicofisico, centrato sulla scoperta del corpo come strumento di espressione, comunicazione e di relazione;
• il training relazionale, fatto di giochi ed esercizi, finalizzati alla formazione del gruppo attraverso l’esplorazione delle dinamiche di fiducia e conflitto;
• l’esplorazione drammaturgica, attraverso l’improvvisazione, l’invenzione narrativa, la creazione di rappresentazioni.
Nei ragazzi DSA (disturbo specifico dell’apprendimento) ma non solo, il teatro stimola diversi tipi
di attività potenzianti:
• comprensione di un testo – letto -, scrittura e memoria di lavoro;
• organizzazione spaziale;
• auto-contenimento e strategie di problem-solving;
• gestione dello stress;
• socializzazione;
• riconoscimento emotivo/relazionale.
E ancora la memoria, l’immaginario, il simbolico, l’autoanalisi e poi l’attenzione, che nel lavoro teatrale si deve districare consapevolmente tra processi percettivi, riflessivi e di fluttuazione e che si presentano con limiti e potenzialità mutevoli.
Nel percorso di Luca (nome di fantasia), approcciarsi al teatro è stato trasformativo fin dai primi incontri. Luca presenta un ritardo della sfera cognitiva e di apprendimento con comorbilità, cioè l’esistenza di più deficit, di diversi aspetti della personalità (cognitivo ed emozionale), oltre a denotare una estrema difficoltà nella socializzazione col gruppo dei pari.
Nell’esperienza da lui intrapresa nel gruppo teatrale, Luca ha avuto modo di sperimentarsi nel gruppo e di prendere confidenza con un sistema di regole che è qualità specifica dell’attività in teatro:
• rispetto dei turni di parola (grande difficoltà per Luca che in una discussione a due eccede sempre nell’eloquio);
• rispetto degli spazi (Luca ha difficoltà nell’orientamento spaziale);
• rispetto dei tempi e delle consegne (altro elemento importante e responsabilizzante per un ragazzo come Luca, iper-accudito);
• memoria (se è vero che Luca dimentica quasi tutti i contenuti appresi ciò non avviene per il ruolo assegnatogli);
• gestione emotiva della presenza del pubblico (questa è stata la parte più sorprendente): se è evidente la difficoltà di Luca nel gestire le proprie emozioni in quasi tutti gli ambiti di vita,
l’attività teatrale lo ha allenato all’auto-contenimento degli stati emotivi più ansiogeni
rendendolo, anche nelle attività quotidiane, più “stabile” nell’espressione del proprio sentire.
Luca appare più sicuro di sé, più rispettoso della presenza degli altri e delle altrui emozioni, ha
sviluppato la capacità di interpretare il significato di un testo anche nelle parti ironiche che
spesso, per ragazzi con deficit sono aspetti poco immediati.
Inoltre ha scoperto lati del proprio se efficaci nella gestione della tensione emotiva e della sua
disorganizzazione rispetto ai tempi e ai modi di stare nel gruppo.
Sicuramente è nato in lui un grande amore per il teatro come cerchio magico in cui avviene tutto ciò che nella vita sembra più difficoltoso. Il “fare finta di…” gli permette la messa in gioco di aspetti di se senza conseguenze nella vita reale ma che con la vita reale interloquiscono.
In estrema sintesi l’attività teatrale con minori che presentano difficoltà di vario genere, che spaziano dalla sfera emotivo/relazionale fino alle difficoltà emotive e cognitive più gravi, continua ad essere un elemento privilegiato terapeutico e di conoscenza di se per le persone con disabilità in quanto permette di dimostrare le proprie qualità comunicative e artistiche e ciò rappresenta la possibilità di allenare la sfera attentiva e cognitiva ma anche darsi un’altra chance, dimostrare al mondo e a sé stessi che si è in grado di percorrere altre vie da quella della sofferenza e della mancanza. L’effetto della necessità interiore e dunque anche l’evoluzione dell’arte coesistono, anche se solo per l’istante dell’azione scenica, giungendo ad un picco di emozionalità personale e collettivo che sarà trasformativo nella percezione di se e degli altri. In questo senso il teatro diventa anche strumento di inclusione sociale. Tali attività, condotte da professionisti preparati sia dal punto di vista teatrale che dal punto di vista di gestione dei soggetti con deficit, può essere inclusa tra le attività specialistiche di potenziamento e inclusione, nonché come training cognitivo di tipo artistico.




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