Gli incontri con “Le parole del teatro” al Teatro dell’Argine di San Lazzaro

La nuova serie inizia il 20 gennaio 2024: parliamo di "Comunità" (ma in questa news vi raccontiamo quello che abbiamo capito dello stupore teatrale)

Pubblicato il 18/01/2024 / di / ateatro n. 195

Riprende, dopo il successo dell’edizione 2022-2023, il progetto Le parole del teatro, realizzato da ITC San Lazzaro e Ateatro nell’ambito della stagione “Spettacoli, spettatori e no” del Teatro dell’Argine.

Siamo partiti nel 2022 da un’idea molto semplice: far incontrare alcuni “spettatori professionisti” come noi di Ateatro, Giulia Alonzo e Oliviero Ponte di Pino, e alcuni “teatranti professionisti” del Teatro dell’Argine, con un gruppo di appassionati che frequentano l’ITC e/o i suoi laboratori, e magari anche altri teatri. Volevamo ragionare insieme intorno ad alcune parole, scelte insieme a partire dalle curiosità condivise, per capire qualcosa di più su quell’arte che tanto ci affascina. Volevamo provare ad approfondire temi che incuriosiscono alcuni spettatori, sulle pratiche e sugli elementi costitutivi della messinscena, un percorso di conoscenza non solo e non tanto delle compagnie in programma, bensì dei processi che stanno dietro e attorno la creazione e la costruzione di uno spettacolo.
Quest’anno rilanciamo dialogando non solo con il “nocciolo duro” dell’ITC, ma anche con adolescenti che si affacciano ora al mondo del teatro.
Gli incontri, di carattere informale, sono programmati nel piccolo e suggestivo tendone da circo dell’Itc Lab, tra un ricco aperitivo e lo spettacolo che va in scena la sera.

L’obiettivo del progetto è offrire anche ad altri spettatori uno strumento – un piccolo dizionario di “parole del teatro” – per condividere le nostre “scoperte” con altri spettatori, e magari con qualcuno che spettatore non è ancora. E magari soddisfare alcune curiosità, per farne nascere altre: per uno spettacolo, per un artista, per un genere…
La prima parola da cui siamo partiti nel novembre 2022 per questo viaggio nelle Parole del teatro è stata “stupore“: qui sotto una testimonianza di quell’incontro.

LE PAROLE DEL TEATRO
GLI APPUNTAMENTI DEL 2022-2023

26.11.2022 | Stupore (vedi la scheda qui sotto)
03.12.2022 | Memoria
28.01.2023 | Tempi
04.02.2023 | Verità scenica
25.02.2023 | Fine

LE PAROLE DEL TEATRO
GLI APPUNTAMENTI DEL 2024

20.01.2024 19.30 | Comunità | prima dello spettacolo Idem – Io contengo moltitudini della Compagnia Abbondanza/Bertoni
27.01.2024 19.30 | prima dello spettacolo Solo quando lavoro sono felice di e con Lorenzo Maragoni e Niccolò Fettarappa
24.02.2024 19.30 | prima dello spettacolo Cassandra o dell’inganno di e con Elisabetta Pozzi
06.04.2024 19.30 | prima dello spettacolo Tchaïka con Tita Iacobelli

Stupore

San Lazzaro, ITC Teatro, 26.11.2022
a cura di Giulia Alonzo e Oliviero Ponte di Pino

Le parole del teatro: stupore

Lo stupore della prima volta

La parola stupore, scelta insieme agli spettatori dell’Argine, è un punto di partenza interessante.
Per un professionista che va a teatro tre o quattro volte alla settimana, da decenni, è difficile che uno spettacolo stupisca. Deve accadere qualcosa di davvero nuovo e profondo (o davvero bruttissimo!).
Per chi invece non è mai stato a teatro e vi entra per la prima volta, c’è in primo luogo la scoperta del dispositivo teatrale: la magia della sala, le luci, le scene e i costumi, il pubblico silenzioso per due ore… E poi gli attori e le attrici che fanno cose strane… Ma anche le strane convenzioni del “paese di teatro”. E’ la sensazione di disorientamento che in Guerra e pace colpisce Natalja quando arriva a Mosca ed entra in un teatro:

La scena, piana nel mezzo, era fiancheggiata da alberi dipinti e chiusa in fondo da una tela ben tesa sul suo telaio. Al centro, sedevano per terra varie fanciulle in corpetto rosso e gonnellino bianco. Un’altra fanciulla, grossa e grassa, in veste di seta bianca, se ne stava in disparte sopra un basso sedile, appoggiata ad un cartone verde. Tutte insieme cantavano qualche cosa. Finita la canzone, la ragazza del sedile venne avanti verso il suggeritore, ed a lei si accostò un uomo in calzoni di seta attillati, con pennacchio e pugnale, e incominciò a cantare e a dimenar le braccia. (…)
Dopo la vita di campagna e in quella seria disposizione di animo in cui trovavasi Natalia, tutto ciò le pareva strano e mirabile. Non le riusciva di seguire l’azione e nemmeno udir la musica. Vedeva solo i cartoni dipinti, gli attori bizzarramente camuffati, che si movevano, parlavano, cantavano alla luce viva della ribalta; sapeva in che proprio consistesse la rappresentazione, ma tutto le pareva così falso, affettato, contro ogni naturalezza, da muoverla a pietà ed a riso.
(Lev Tolstoj, La Guerra e la Pace)

E’ normale che chi si siede per la prima vola tra il pubblico si stupisca più di chi è stato a teatro molte e molte volte!
Una spettatrice ricorda di aver iniziato a frequentare il teatro andando all’opera. Le è rimasto impresso il balletto Giselle:

“Ogni volta che vedo qualcosa che mi piace, il mio desiderio è che vorrei rifarlo uguale. E mi stupisce come gli attori riescano tutte le volte a portare in scena un personaggio”.

“Io mi sono innamorata del teatro da bambina, calpestando le tavole di legno del palcoscenico. Ed è una sensazione che ho provato quando sono risalita sul palco con l’Argine.”

Aprirsi al sogno

Scrive Gianni Celati nella postfazione a Fantastica visione di Giuliano Scabia:

Perché vi sia teatro, è necessario vi sia questa apertura verso il possibile, questa disposizione ad accogliere un evento simile al sogno – l’evento della visione – come un bisogno della mente, vita che dipende dalle immagini della mente, e che perciò può dar naturalmente luogo al teatro
(Gianni Celati, La nostra carne e il suo macellaio. Teatro con visioni, destino, e linguaggio grosso, postfazione a Giuliano Scabia, Fantastica visione, Milano, Feltrinelli, 1988, p. 151)

Scoprire nuovi linguaggi

E allora ci chiediamo: “Quali sono state le nostre esperienze di stupore a teatro?”

“Mi hanno stupito: nel 1995 l’Orestea della Societas Raffaello Sanzio nel 1995 e poi Mariangela Gualtieri con il Teatro della Valdoca…”

Questi spettacoli probabilmente, rispetto alle attese di uno spettatore già abbastanza formato e consapevole, hanno fatto fare un salto evolutivo, hanno operato uno scarto linguistico. A quel punto ci si accorge che nell’ambito dello spettacolo dal vivo sta succedendo qualcosa di nuovo.

Andare oltre quello che ci è familiare

“Lo stupore arriva dal ribaltamento dei canoni. Mi è capitato con il Parsifal di Cesare Ronconi con la Valdoca. Credevo di sapere già tutto, perché mi ero preparato e avevo letto molto materiale, ma poi mi sono trovata davanti l’inaspettato: voci non umane che mi trasmettevano un’umanità tale…E’ stata una rivelazione. Prima avevo una cultura teatrale, ma tradizionale. Dopo il Parsifal sono uscita piangendo, perché ho visto qualcosa che mi ha portato fuori da quello che mi era familiare.”

E’ un’esperienza che richiama la definizione che Sigmund Freud dà del perturbante, “quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare» (Sigmund Freud, Il Perturbante (1919), OSF, vol. 9, Bollati Boringhieri, p. 82) ovvero, nelle parole di Schelling: qualcosa «che avrebbe dovuto rimanere segreto, nascosto e che è invece riaffiorato» (ivi, p. 86).
Restiamo sconvolti perché incontriamo “qualcosa” che ci fa uscire dalle nostre abitudini percettive, ma che in realtà fa riemergere qualcosa che ci portiamo dentro, nel profondo dell’inconscio, e che abbiamo rimosso.

Lo stupore delle diverse arti

Ma lo stupore a teatro è diverso dallo stupore nelle altre arti?

“Assolutamente sì. In teatro può succedere qualunque cosa. Al cinema non c’è il sudore, la saliva… E l’attore può ripetere una scena finché il regista non è soddisfatto. A teatro poi c’è il rapporto con il pubblico, al cinema non importa che ci sia pubblico o no.”

“Lo stupore che ho provato al cinema e in tv davanti all’Orlando Furioso di Luca Ronconi: mi ricordo la scena, le immagini, tutto… Oggi in teatro mi piace vedere le facce della gente.”

“Il teatro dà un’emozione diversa. E’ uno stupore vivo di fronte a uno spettacolo vivo che cambia perché cambi tu come spettatore. La dimensione del teatro è una forma di racconto, ti raccontano qualcosa e ti stupisciti, i emozioni, piangi, ridi… Uno spettacolo può piacermi o non piacermi, ma puntualmente ogni volta che esco dal teatro non saprei raccontarlo, se non sminuzzarlo in tanti pezzetti: la musica, lo sguardo dell’attore… Non riesco a raccontarlo nella sua interezza.”

La varietà…

C’è uno stupore che nasce dalle variegate potenzialità del teatro:

“Io vado a teatro perché ne ho fame. E’ un bisogno essenziale per il mio nutrimento. So che è essenziale al mio mantenimento, e se non mangio muori. Il teatro ti dà la possibilità di fare un pranzo completo, assaggi piccole cose e alla fine esci sazio.”

“A me stupisce la grandissima varietà di potenzialità che il teatro offre. Da bambino all’Arena di Verona avevo visto l’Aida ed ero rimasto molto impressionato dall’elefante. Il teatro ha questo enorme ventaglio di potenzialità per raccontare una storia in mille modi diversi.”

Quando si porta in scena un testo, quando si racconta un mito, lo si fa in maniera sempre diversa, inevitabilmente. Ad Atene, Euripide portava sulla scena vicende che i suoi concittadini conoscevano molo bene: ma li spiazzava ogni volta con varianti e nuove interpretazioni sia della vicenda sia dei personaggi.
A Milano nell’autunno 2022 sono andate in scena due spettacoli molto diversi, ispirati entrambi alla Tempesta di William Shakespeare, una alla Scala con la regia di Robert Lepage, l’altra al Piccolo Teatro con la regia di Alessandro Serra. Il plot era lo stesso, ma gli spettacoli erano diversissimi, così come erano diversi dalla regia di Giorgio Strehler, che aveva intuizioni di lettura critica formidabili, che poi si ritrovano in molti allestimenti successivi.

…o l’essenzialità

Una prospettiva interessante riguarda lo stupore che in teatro nasce dal “togliere”, che dà un valore ancora maggiore al lavoro dello spettatore, che deve utilizzare la sua immaginazione.

“Se penso al Teatro dell’Argine, c’è lo stupore del togliere. Si percepisce la bravura del regista e dell’attore che va al nocciolo delle cose.”

Il teatro è “realtà aumentata” che ha la capacità di farci cogliere l’essenziale, come un esperimento scientifico, che isola alcuni aspetti della realtà per poterli osservare e analizzare.

Quanti tipi di stupore ci sono?

Forse lo stupore non è sempre un valore. Ci sono varie tipologie di stupore. Per esempio c’è uno stupore che ti toglie il fiato, la meraviglia dei fuochi d’artificio, o di una straordinaria macchina scenica, gli effetti speciali dei giocolieri, la magia dei travestimenti. Anche su questo effetto di meraviglia lavorava l’arte barocca.

“A teatro ci vado per stupirmi, ma non deve essere l’obiettivo prioritario. Quando provo un’emozione, mi piace vedere se anche gli altri attorno a me provano le stesse emozioni: e quando l’emozione è condivisa, mi stupisco di come gli attori riescano ad arrivare alla pancia di tante persone.”

Le intermittenze della memoria

C’è anche lo stupore della memoria, dei ricordi che lascia uno spettacolo, che di per sé svanisce nel momento stesso in cui accade.

“Il teatro mi stupisce tutte le volte che torno a casa e mi ricordo le parole, i gesti e forse dopo un po’ riesco a ricostruire la storia. Ma sono ricordi che trovo dentro me stessa. Per esempio questa sera Micaela mi ha salutato con una battuta del suo spettacolo e subito sono tornata a quando ero spettatrice davanti a quelle immagini. Ma mentre lo vedevo, non sapevo che quelle parole mi sarebbero rimaste in mente”.

“La memoria può essere immediata, ma può anche macinare, macinare e rimanere dentro di noi per anni e venire fuori in momenti che non ti aspetti, all’improvviso senza volerlo.”

Sul pubblico teatrale, il regista argentino Mariano Pensotti ha realizzato tre film, un vero e proprio format, con tre lungometraggi realizzati ad Atene (The Audience), Buenos Aires (El Público) e Bruxelles (The Public/Het Publiek) tra il 2020 e il 2021. Nella prima scena del film, si vede il pubblico che arriva in teatro, affolla la platea, esce dalla sala, ma lo spettacolo non lo vediamo. Il giorno dopo, la telecamera pedina alcuni degli spettatori, immersi nel flusso della loro vita quotidiana: persone molto diverse tra loro, alle prese con problemi altrettanto diversi. A volte futili, a volte drammatici. A un certo punto il protagonista (o la protagonista) dell’episodio avverte la necessità di raccontare quello che ha visto la sera prima. Ovviamente i racconti sono tutti diversi, anche se i fatti – il plot – è sempre lo stesso. Il teatro accade qui e ora e vive solo nella memoria. E la memoria di ciascuno di noi è insieme selettiva e creativa, interagisce con il vissuto e con il desiderio. Eppure questi ricordi così labili, questi racconti così fragili hanno un potere enorme. Perché possono generare reazioni e azioni che possono avere conseguenze imprevedibili. Il teatro è finzione, invenzione, inganno, e tuttavia questa fantasia può avere un impatto sulla realtà. Può cambiare una vita.
Ateatro sui film di Mariano Pensotti

Sorprendersi di non capire

“Io mi stupisco anche quando non capisco niente. Mi è capitato qualche anno fa dove dopo uno spettacolo non ho capito niente e ho dovuto comprare il libro. Ma con l’arte contemporanea, l’arte visuale mi capita spesso…”

Fermarsi di fronte alla constatazione “Non ho capito niente e dunque quello spettacolo faceva schifo” a volte significa eludere le domande che ci fa quel lavoro e rinunciare al lavoro di scoperta che ci consente un’opera d’arte che ci interroga. Dobbiamo sempre ricordarci che lo stupore di fronte alla realtà, di fronte a quello che non sappiamo, è anche alla base della filosofia, come ci ha insegnato Socrate. Anche se questo non implica che tutto quello che sulla scena è incomprensibile sia per forza un capolavoro!

Una conclusione (forse) sorprendente

Il teatro ci può sorprendere in tantissimi modi. Può sorprendere gli “esperti” e i “neofiti”, in maniera diversa e per motivi diversi. Ma proprio questa ricchezza e varietà di stupori, di cui abbiamo tracciato qui una piccola fenomenologia, è uno dei motivi del fascino infinito del teatro.

(…segue)




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