Raddoppiare la spesa per la cultura in 5 anni?

Una proposta (Beta version)

Pubblicato il 08/12/2005 / di / ateatro n. 092

C’è ancora speranza: pare che si ridimensionino i tagli previsti in finanziaria per il 2006, e su questo punto l’azione, la mobilitazione e la vigilanza (su come poi si orienterà la spesa) non deve cessare, l’obiettivo principale è ottenere le garanzie da chi governerà questo paese nei prossimi anni che l’investimento sulla cultura e lo spettacolo sia riportato a livelli “giusti”, ai livelli minimi accettabili perchè si possa “parlare” di politica culturale, e si possa esigere qualità nella produzione, correttezza e dinamismo nelle gestioni.

E’ stata confortante in questa direzione la conferenza Regionale Toscana dello Spettacolo del 6 dicembre, soprattutto per il ribaltamento dell’atteggiamento difensivo – un po’ “scusate se ci siamo” – che anche inconsapevolmente caratterizza spesso la risposta all’attacco al settore dello spettacolo dal vivo (e della cultura più in generale). In particolare l’assessore alla cultura Mariella Zoppi, assumendo una posizione che il presidente Martini ha autorevolmente confermato (inquadrandola in un’analisi della evoluzione politica e economica generale della regione) è stata molto esplicita circa la necessità di uscire dalla retorica astratta e dalla rendite di posizione che caratterizza da troppo tempo la nostra politica nazionale (del tipo: qui c’è stata la Magna Grecia, Roma e il Rinascimento e abbiamo tanti monumenti), in nome di un intervento concreto sulla creatività come risorsa. Si è impegnata a un maggior investimento (la Toscana non è fra le regioni che spendono di più per lo spettacolo) e nello sforzo di rafforzare e in parte disegnare un sistema originale (in questo stesso numero di ateatro riportiamo l’intervento in proposito del responsabile del settore spettacolo Lanfranco Binni).

(Ri)acquisire una piena consapevolezza della funzione pubblica (servizio o valore) non significa giustificare il diritto all’esistenza ma riappropriarsi degli strumenti per passare dalla difesa, all’attacco.
Se, fuor di retorica, i beni e le attività culturali costituiscono una risorsa sulla quale è essenziale poter contare per delineare compiutamente una prospettiva realistica e coerente di rinascita civile del paese e di arresto del declino e riassunzione di un ruolo per il sistema italiano nel contesto di nuovi equilibri europei e mondiali. Se, come per l’attività di ricerca (pura ed applicata), sono fattore necessario per indirizzare in senso innovativo lo sviluppo della produzione e dell’economia,
Allora “misurare” il necessario-giusto-realistico investimento per lo spettacolo – e individuare quindi obiettivi chiari – non è semplice ma è necessario. Come anche indicare alcune finalizzazioni precise senza cui (a mio parere) sarebbe facile disperdere maggiori risorse.
L’indicazione dell’1% sul PIL è efficace ma un po’ astratta; del resto non siamo riusciti (nonostante gli sforzi miei e di Giulio Stumpo, che ringraziamo e che ci ha promesso ampia documentazione su cui riflettere per l’appuntamento di Benevento) a trovare confronti a livello internazionale già elaborati e accettabili (ciascun paese orienta, misura e colloca la spesa in modo diverso e il confronto è molto complesso).
Più in concreto propongo alla discussione di Benevento, che affronterà la “questione meridionale” (ma proprio a partire dalla vitalità e dalla squilibri che probabilmente emergeranno, potrà favorire la definizione di obiettivi precisi), di riflettere su una piattaforma (ovviamente non rigida!):

a) INCREMENTO DELLA SPESA PUBBLICA PER LA CULTURA E LO SPETTACOLO

Si tratta chiedere, ma vorrei dire esigere, pretendere da chi governa a livello nazionale e regionale, che nell’arco dei prossimi 5 anni:
– la spesa statale per lo spettacolo sia incrementata di circa il 20% l’anno, ovvero RADDOPPI nell’arco della legislatura.
La % non è buttata là e non è folle, anzi è a mio parere la minima accettabile: calcolando la riduzione del FUS negli anni e in corso, questo piano porterebbe a raggiungere al quarto anno i livelli dell’85 (!) prevedendo un successivo, minimo investimento; inoltre l’incidenza della spesa per lo spettacolo sulla spesa pubblica è talmente modesta (lo 0,08% – vedi la tabella – che non sarebbe così difficile, volendo e credendoci, trovare da qualche parte, in 5 anni, un altro 0,08)
– che le Regioni perseguano l’obiettivo concreto di destinare almeno l’1% del proprio bilancio alla cultura (o un importo pro capite da definire) e le pochissime “virtuose” che già l’hanno raggiunto e superato garantiscano un incremento proporzionato ai livelli di inflazione.

b) LE FINALIZZAZIONI

L’incremento, ovviamente in collegamento con il quadro legislativo nazionale e regionale tutto da elaborare, deve orientarsi su precisi punti (pochi e chiari), definiti a livello nazionale ma declinati-regolamentati-pianificati sul territorio (cioè in modo anche diverso da una regione all’altra), secondo i principi della legislazione concorrente. Questi punti sono in parte già emersi dalle nostre discussioni e tirando un po’ le fila di numerosi interventi, penso che potrebbero essere:

– il riequilibrio territoriale
nord/sud e non solo
Si tratta di offrire
– livelli minimi di offerta per il territorio
– condizioni e livelli garantiti di accesso e fruizione
I modi e mezzi sono da individuare (anche per questo ne parliamo a Benevento) e sono delicati, ma ricordo che questo è anche uno dei punti principali del progetto di legge delle Regioni (della proposta di ripartizione dei fondi statali).

– il consolidamento dei soggetti di riferimento pubblici e privati
, secondo un piano che ne garantisca chiarezza e rispetto di funzioni, indipendenza, qualità, sobrietà di gestione.
Lo so che molti amici di ateatro non sono d’accordo su questo punto ma senza una rete sana di istituzioni (sto riferendomi ovviamente agli enti lirici, gli stabili delle diverse tipologie etc.) è inutile parlare del resto, perchè questi organismi invece di essere punti di riferimento artistici e garanzia del servizio pubblico, resteranno macchine clientelari e succhia soldi.

– il sostegno alla multidisciplinarità e alla contemporaneità
: ovvero a progetti, spazi, idee, e forse la creazione di nuovi modelli/soggetti che favoriscano l’incontro e il rinnovamento dei linguaggi

– il sostegno alla creatività e all’imprenditorialità giovane:
in tutte le forme possibili e senza modelli rigidi

– il sostegno alla domanda (la questione del pubblico)
non uso i termini promozione e formazione perchè ciascuno gli dà il significato che vuole, ma rimando agli interventi di Mira in proposito.

c) GLI STRUMENTI

Vanno individuati pochi chiari obiettivi in proposito:

– il FUS è diventato una gabbia finanziaria e “ideologica”
(basti ricordare la ripartizione rigida e l’impossibilità di dialogo fra i settori) e non va incrementato, ma riformato o semplicemente abolito, sostituito da altri strumenti finanziari.

– l‘extra-FUS (cioè i fondi sparsi che oggi chiamiamo così), va sottratto alla discrezionalità ministeriale.
Insomma: non sta a noi, ma di certo vanno trovati strumenti finanziari più flessibili e innovativi. Forse però non sono da escludere indicazioni concrete del tipo: i fondi del lotto andranno finalizzati alla contemporaneità, l’imprenditorialità giovanile nel settore è favorita dall’abbattimento dell’80% degli oneri previdenziali eccetera.: ma sarebbe dispersivo affrontare l’argomento ora.

– la detrazione fiscale delle erogazioni liberali anche individuali (e perché no anche la spesa per abbonamenti a stagioni teatrali, musicali eccetera), deve corrispondere a una scelta autentica: la legge va riformata e applicata con una regolamentazione semplice. E devono essere messe in atto tutte le facilitazioni fiscali possibili per il settore (cfr. progetto Regioni in proposito).

– vanno superati al più presto i decreti in vigore che impediscono qualunque rinnovamento e si deve arrivare entro il 2006 (realistico ?), a una legge quadro con la definizione di pochi principi e finalità e, nei sei mesi successivi, alle leggi e alle regolamentazioni regionali.
Il progetto Rositani per fortuna – se ho capito bene – non è più un riferimento, quello delle regioni potrebbe essere una base, ma incombe il rischio di un progetto governativo che sarebbe con ogni probabilità una eolica aggiornata dei vecchi decreti e appiattirebbe la politica regionale sui modelli statali.

Non so bene quale potrà essere il piano di azione che una COSA informale, uno spazio aperto di discussione, come ateatro dovrebbe varare per promuovere, dare concretezza a questi obiettivi, o a quelli che definiremo. Raccolta di firme, dialogo con regioni, e forze politiche, azione stampa: non so, è un argomento da discutere e risolvere senza trasformarsi in qualcosa che non siamo. Ma penso che costituiscano il presupposto per l’attuazione dei PRINCIPI (di cui intendevamo parlare a Mira), e la premessa per disegnare anche nei particolari, ma senza rigidità, un nuovo assetto del sistema dello spettacolo.

Mimma_Gallina

2005-12-08T00:00:00




Scrivi un commento