Alcune cose che si possono fare con Shakespeare

L'editoriale

Pubblicato il 21/12/2002 / di / ateatro n. 047

E’ Natale e siamo tutti così buoni!
Persino ateatro ha deciso di farvi un (altro) regalo. Un regalone. Perché ci siamo accorti che in questi anni abbiamo accumulato molto materiale su William Shakespeare. Un po’ lo abbiamo trovato negli archivi della webzine, qualcos’altro l’abbiamo trovato nel fondo della memoria di qualche pc e lo mettiamo online per la prima volta. Così per dare l’addio a questo scalcagnato 2002 abbiamo pensato di regalarvi uno Speciale Shakespeare bello ricco e succulento.

Un regalo nel regalo riguarda un approfondimento sui rapporti Shakespeare e il cinema: un saggetto sull’argomento e la Bardofilmografia, un database con le più importanti pellicole tratte dalle opere del Nostro – dal 1899, quando fu girato un frammento di Re Giovanni con Herbert Beerbohm Tree – fino più o meno a oggi. Non sono tutti i film shakespeariani – sono meno di 200 – ma sono quelli secondo noi più significativi.
Se volete approfondire l’argomento, la bibliografia è peraltro vasta, a cominciare dall’ottimo Ombre che camminano, a cura di Emanuela Martini, ai due utilissimi volumi della Cambridge University Press, Shakespeare and the Moving Image. the plays on film and television a cura di Anthony Davies e Stanley Wells (1994), e The Cambridge Companion to Shakespeare on film, a cura di Russell Jackson (2000).
Poi c’è uno dei pezzi forti del sito, Il secolo Amleto, ovvero una panoramica dei più importanti incontri con il più celebre personaggio shakespeariano nel corso del Novecento che diventa anche – inevitabilmente – una piccola storia del teatro di un periodo tormentato e dei suoi rapporti con la storia e la politica.
E ancora, Sellars e Lepage, Brook e Tiezzi, Bene e Nekrosius…

Resta da capire perché mai, quattrocento anni dopo, siamo ancora qui a parlare di Shakespeare e dei suoi testi, in maniere spesso imprevedibili. Chi di voi si sarebbe immaginato che un superpagato consulente in direzione d’impresa – Paul Corrigan, per la cronaca – potesse firmare un manuale come Shakespeare e il management. Lezioni di leadership per i manager d’oggi (Etas, 2001)? Non ridete, è una cosa seria, si commentano puntigliosamente Re Lear e Macbeth, Antonio e Cleopatra ed Enrico V e un capitolo s’intitola “Attenzione alle sottotrame”…
Il mistero l’ha sciolto – e insieme infittito – l’Amleto di Peter Brook. Lo si sa, la peggiore tentazione per un regista che vuole affrontare Shakespeare consiste nel voler dire con il suo spettacolo tutto quello che il testo può dire. Mentre la soluzione più efficace è quella di usare il testo per dire una cosa di cui si sente l’urgenza.
Brook con la sua composita compagnia ha deciso di fare la cosa più semplice: limitarsi a raccontare una storia – quella di un principe il cui padre è stato ucciso eccetera eccetera (la trama la conoscete…). E’ una vicenda semplice, universale, che tutti possono capire. In apparenza, la sua regia ha fatto piazza pulita di qualunque interpretazione, lettura, sottotesto, per concentrarsi sui fatti e sulle parole che pronunciano i personaggi. Un tappeto, pochissimi oggetti, costumi semplici. E basta.
Eppure, quando si arriva alla fine, quando “il resto è silenzio”, si sente l’eco di Wittgenstein (che pure non amava Shakespeare) e del suo silenzio alla fine del Tractatus

In questo numero (e seguendo i link) troverete alcune delle cose che si possono fare con William Shakespeare: alcune memorabili, altre eccentriche, alcune sbagliate, altre decisamente strampalate. Divertitevi (e istruitevi…)

Redazione_ateatro




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