BP2011 MATERIALI Dieci anni di www.ateatro.it

Alcune considerazioni

Pubblicato il 28/02/2011 / di / ateatro n. #BP2011 , 132

www.ateatro.it è nato dieci anni fa da una frustrazione e dalla percezione di un’opportunità.
La frustrazione. A partire dagli anni Ottanta, sui mass media il teatro, o meglio la cultura dello spettacolo, è stato marginalizzato, relegato in spazi sempre più piccoli; nel contempo le riviste (non solo quelle di teatro) incontravano difficoltà distributive sempre maggiori.
L’opportunità. Negli anni Novanta ha iniziato a svilupparsi la rete, in Italia con qualche ritardo.
Nel 1999 avevo aperto un sito personale, www.olivieropdp.it, dove pubblicavo testi sul nuovo teatro (e su altro): quello che avevo scritto negli ultimi vent’anni e quello che via via scrivevo. Questo “proto-blog” si rivolgeva al pubblico generico degli appassionati di teatro (con informazioni, critica e approfondimenti), ma anche agli addetti ai lavori (con un spazi di approfondimento ed excursus storici) e ai giovani (all’epoca non c’era quasi bibliografia sul nuovo teatro italiano).
Dopo un anno, ho cercato di federare altri siti affini al mio, per creare un mini-portale italiano dedicato al nuovo teatro, ma senza fortuna. Un’altra frustrazione…
Verso la fine del 2000, Mario Martone fu costretto a dare le dimissioni dalla direzione del Teatro di Roma: appena iniziai raccontare la vicenda sul mio sito, cominciarono ad arrivarmi decine di mail di commento e riflessione, che ho subito pubblicato. Insomma, c’era vita su internet…
Ho deciso che andare avanti da solo alla lunga sarebbe diventato noioso, e ho cercato di immaginare come. Poche settimane dopo, il 14 gennaio del 2001 (un giorno prima che andasse online Wikipedia, come ho scoperto di recente), ho messo online in numero zero della webzine ateatro. Ho scritto tutto da solo anche ateatro1, invece in ateatro2 non ho scritto una riga perché hanno iniziato ad arrivarmi contributi. In pochi mesi si è strutturato un nucleo di collaboratori, che è diventato un gruppo di amici e una redazione: li ringrazio tutti (l’elenco è lungo), ma devo citare Annamaria Monteverdi, la studiosa italiana più autorevole del rapporto tra scena e tecnologie, che mi ha affiancato nella cura della rivista, facendosi anche carico della pionieristica sezione “Teatro & nuovi media”.
L’intuizione da cui è nato www.ateatro.it era banale: un sito dedicato al teatro e in particolare al nuovo teatro, con testi in italiano (ai tempi la rete era pressoché solo in inglese) e all’inizio senza immagini (evitando insomma di cedere alla pseudoretorica del web), che esplorasse forme inedite per la critica teatrale (qualche tempo fa ci siamo chiesti: “E’ possibile usare Google maps per fare critica e cultura del teatro?” La risposta è online…). In una prima fase, abbiamo svolto anche una funzione di alfabetizzazione: vent’anni fa i teatranti non sapevano quasi che esistesse il web e tendevano a diffidavare delle nuove tecnologie.
Tra il 2001 e il 2007 la webzine ha prodotto 115 numeri, in pratica uno ogni quindici-venticinque giorni, con periodicità elastica anche a seconda di quello che accadeva. Abbiamo cercato di pubblicare una rivista rigorosa, con testi di alto livello ma sempre leggibili. Al tempo stesso www.ateatro.it è fin dalla fondazione una rivista militante, con precise posizioni sul fronte sia estetico sia politico-istituzionale. Il sito è dunque caratterizzato da una costante attenzione all’attualità, tanto è vero che pubblica anche una rubrica di pettegolezzi e indiscrezioni, firmata dall’adorabile Perfida de’ Perfidis. Per quanto riguarda il metodo critico, privilegiamo, rispetto alle singole opere, il percorso degli artisti che amiamo e che ci interessano. Abbiamo realizzato diversi numeri monografici di grande impegno e impatto: il mito, la narrazione, Shakespeare, Beckett, Julian Beck, Marisa Fabbri, l’expanded theatre… Nel corso di questi anni, abbiamo ospitato testi inediti per l’Italia o interviste di artisti e critici come Eugenio Barba, Béatrice Picon-Vallin, Marcel.lí Antuñez-Roca, Robert Lepage, Gary Bracket…
In parallelo, il sito ha seguito l’evoluzione parallela del web, dalla sua preistoria nel vecchi millennio – per così dire – fino a oggi, arricchendosi di nuove funzionalità e sezioni. Per cominciare, abbiamo attivato una mailing list e una newsletter. Poco dopo è nato il forum, assai frequentato e spesso “infiammato”. Le pagine del sito da statiche sono diventate dinamiche, con un database gestito da un software freeware in asp. Via via che uscivano i numeri della webzine, in questo database si è sedimentato un archivio, che abbiamo reso interamente ricercabile: attualmente sono disponibili circa 2000 tra saggi, interviste, articoli, notizie, inchieste.. Nel corso di questi anni, ci siamo posti costantemente il problema dell’organizzazione e dell’accessibilità delle informazioni. Quando la massa di materiale è diventata eccessiva per orientarsi, abbiamo pensato a uno strumento più immediato, una sorta di enciclopedia. Dunque abbiamo “taggato” i record del database, per dar forma alla ate@tropedia, che conta ormai diverse centinaia di voci dedicate soprattutto grandi creatori della scena contemporanea, ma con approfondimenti di carattere generale e incursioni nella storia: per esempio le riviste teatrali, il teatro civile, il comico e il tragico.
Nel 2009, con l’esplosione dei social network, abbiamo creato un gruppo e una pagina su Facebook, dove abbiamo in pratica “traslocato” il vecchio forum, che era diventato troppo faticoso da gestire, a causa di spam, hacking, trolls, e i conseguenti rischi di querele. Ci siamo liberati di alcuni inquilini molesti, ma per altri aspetti è stato un impoverimento. I social network, con la logica del “Mi piace” e dei tweet, hanno abbassato la qualità dell’interazione in rete. Ma è stato anche un passo inevitabile: www.ateatro.it cerca di seguire e “testare” l’evoluzione della rete, sia dal punto di vista del modello di comunicazione e interazione, sia da punto di vista dello sviluppo degli strumenti software.
Ho programmato da solo l’intera struttura del sito, fin dalla prima homepage in html, riga di codice dopo riga di codice, utilizzando alcuni freeware. Questa scelta autarchica ha diverse motivazioni. La prima è totalmente personale: programmare è un esercizio zen che mi rilassa, e quando qualcosa funziona mi arriva un lampo di felicità… Ma la scelta di programmare “in casa” ha ovviamente anche altre ragioni. In primo luogo, quando è nato www.ateatro.it si pensava che la rete fosse (e dovesse restare) uno spazio democratico ed egualitario, dove costruire modelli di comunicazione alternativi, al di fuori degli oligopoli della comunicazione. Il look “artigianale” del sito è un vezzo, ma vuole anche essere un segno che rimanda a quegli ideali. In secondo luogo, la “autoprogrammazione” consente di mantenere un controllo totale sui contenuti dal punto di vista del diritto d’autore (i contenuti di qualità sono secondo noi il principale asset di www.ateatro.it), e soprattutto di mantenere il sito molto flessibile e sempre adattabile: una struttura modulare che può adeguarsi rapidamente a nuove esigenze, in base alle richieste di chi lo frequenta, all’evoluzione della rete, alle nostre intuizioni, in un esperimento che ormai va avanti da dieci anni.
Dietro questa autarchia ingegneristica c’è anche, ovviamente, una giustificazione economica: così www.ateatro.it ha in pratica costo zero. Questo ci ha permesso di mantenere il bilancio in pareggio: ZICZ, cioè zero incassi, ma anche costo zero! Al momento, purtroppo, per un sito del genere il ZICZ è purtroppo l’unico business model sostenibile. Ovviamente un’economia di questo genere pone grossi limiti, anche rispetto alla concorrenza di siti che hanno ricchi sponsor: non siamo in grado di pagare i collaboratori (come moltissime altre strutture del genere, su carta e sul web), le nostre strutture software sono primitive (ma spero efficaci), e dunque non possiamo crescere più di tanto. Ma questo non è per noi un vero handicap. Non abbiamo mai pensato di dover coprire “tutto il teatro”, installando una rete di collaboratori nelle varie città d’Italia: quello che ci interessava e ci interessa è proporre un metodo di lavoro, una serie di modelli comunicativi e interpretativi, un certo modo di leggere gli spettacoli e il percorso di compagnie e gruppi, un preciso sguardo sulla realtà teatrale italiana e internazionale e in generale sulla politica culturale nel nostro paese. Ma senza avere ambizioni di completezza.
Il problema della sostenibilità economica di un’informazione indipendente e di qualità in rete non riguarda solo www.ateatro.it: interessa anche le più prestigiose testate cartacee, a cominciare dai maggiori quotidiani. Si calcola che per ogni dollaro di pubblicità perso in questi anni da giornali e riviste su carta, la rete permetta agli editori di recuperare solo 2 centesimi (fermo restando che produttori di hardware e software, le varie telecom e gli aggregatori tipo Google diventano miliardari). In prospettiva, il fatto che i produttori (e gli editori) di contenuti lavorino gratis (o quasi) costituisce un grave rischio per la democrazia: le uniche alternative sono il sostegno pubblico, o in alternativa la dipendenza totale da inserzionisti pubblicitari o da mecenati.
Collegato a questo c’è un altro rimpianto – più sofferto, visto che incide sulla “vocazione pedagogica” del sito. Con una struttura del genere è molto difficile far crescere collaboratori giovani: è un processo che richiede tempo ed energie, che purtroppo non riusciamo ad avere.
Malgrado queste ombre, che mi pare corretto segnalare, dopo dieci anni le note positive sono molto più numerose. www.ateatro.it attira da anni un flusso di navigatori costante, dell’ordine dei 10.000 visitatori unici al mese (più i contatti su Facebook). Al di là dei numeri, che sono ovviamente quell di una testata di nicchia, c’è l’autorevolezza di www.ateatro.it: il sito viene regolarmente consultato dagli “amici”, ma anche dai “nemici”, attivi nel teatro, per la tempestività delle informazioni e la qualità dei contenuti.
La riprova più clamorosa è il successo delle “Buone Pratiche del teatro”, un’iniziativa che giunge quest’anno alla settima edizione (a Torino il 26 febbraio 2011, ospitata dal Teatro Stabile). Le Buone Pratiche riflettono l’attenzione costante all’economia e alla politica della cultura: un filone seguito anche grazie a Mimma Gallina, la massima esperta di organizzazione teatrale italiana, che è con Annamaria Monteverdi la seconda “colonna” del sito. Ogni anno le “Buone Pratiche del teatro” raccolgono centinaia di partecipanti (teatranti di tutti i filoni e delle varie generazioni, ma anche uomini politici, amministratori, giornalisti, studiosi e studenti di teatro…) e sono ormai diventate gli “stati generali del teatro italiano”: un’iniziativa che può funzionare solo se chi la organizza viene considerato indipendente e garantisce libertà al dibattito.
Un’altra conferma dell’autorevolezza della webzine, che ci ha dato grande soddisfazione, è arrivata dalla Consulta Universitaria del Teatro, che raccoglie i docenti della materia: nelle sue linee guida ha inserito www.ateatro.it tra le riviste da tenere in alta considerazione per valutare i candidati ai concorsi universitari. Del resto, i testi pubblicati da www.ateatro.it sono spesso utilizzati in corsi e master universitari e vengono regolarmente citati in volumi e saggi sul teatro contemporaneo, oltre che in numerose tesi universitarie e di dottorato
Sono alcuni indizi, ai quali aggiungerei la pubblicazione del volume Il meglio di ateatro 2001-2003 (a cura di Oliviero Ponte di Pino e Annamaria Monteverdi, il Principe Costante, 2003): nel loro insieme, dimostrano che la rivista non è confinata nel virtuale della rete, ma ha un impatto sul mondo “reale”.
Per il futuro, si tratta di resistere, insistere e migliorare. Continuare a fare quello che abbiamo fatto finora, restando fedeli ai nostri principi, alle nostre ispirazioni, ma reinventandoci ogni volta in base a quello che accade “nel mondo” e “nella rete”. Grande attenzione al nuovo, con particolare sensibilità all’impatto delle nuove tecnologie, ma con la consapevolezza del passato, dalla storia e dall’essenza profonda del teatro, a cominciare della “tradizione del nuovo” delle avanguardie del Novecento. Un altro punto di forza, e un elemento da approfondire, è la natura “molteplice” di www.ateatro.it: che è un sito web e una rivista, naturalmente, e dunque una fonte di contenuti e informazioni (a volte anche di scoop); ma è anche una comunità partecipata; un archivio e una banca dati sempre disponibile; un’officina in grado di elaborare, progettare e realizzare iniziative culturali e spettacolari.
Il collo di bottiglia resta sempre il business model. Abbiamo spesso discusso se dare al nostro progetto una struttura più ambiziosa, anche dal punto di vista finanziario, per recuperare qualche briciola di pubblicità o di finanziamento pubblico o attrarre impronabili sponsor. Alla fine – e mi assumo la responsabilità della scelta – abbiamo preferito restare “leggeri”. Il rischio sarebbe stato quello di impiantare una struttura che ha costi di gestione che assorbirebbero in pratica tutte le risorse che riusciremmo a raccogliere, rendendoci in qualche misura ricattabili. La nostra testarda povertà, se ha diversi evidenti svantaggi, finora ci ha garantito la massima indipendenza da poteri, caste e cricche: è un’indipendenza riconoscibile e riconosciuta, che alcuni di noi pagano magari a livello delle carriere personali, ma che fa parte del nostro dna.
In un paese come l’Italia questa libertà è un lusso che non ha prezzo e che cerchiamo di preservare.

Oliviero_Ponte_di_Pino

2011-02-22T00:00:00




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