BP2011@Torino Il migliore dei bandi possibili

La sessione speciale delle Buone Pratiche

Pubblicato il 07/03/2011 / di / ateatro n. #BP2011 , 132

Il migliore dei bandi possibili
La gara ad evidenza pubblica è oggi lo strumento più utilizzato per l’affidamento di strutture culturali al fine di garantire trasparenza nelle scelte e pari opportunità ai potenziali interessati. Spesso questo strumento che opera su progetti creativi si rivela inadeguato. Perché ? Esiste “ il migliore dei bandi possibili”?
Torno, 25 febbraio 2011

In questi ultimi anni ,anche nel mondo del teatro così informale e marginale, hanno preso piede due parole provenienti da territori molto più formali, burocratici e strutturati: concorrenza e bandi.
I due termini sono effettivamente connessi tra loro. I bandi sono vissuti come garanzia di libera concorrenza, una difesa delle pari opportunità, una bandiera dell’impresa di spettacolo privata , una buona pratica di trasparenza contro clientele e nepotismi. L’opzione di affidare direttamente a strutture pubbliche o interamente partecipate da enti pubblici la gestione di spazi e /o attività di spettacolo , una pratica legittima sul piano amministrativo, è ormai considerata – con qualche ragione – come un modo per aggirare i vincoli e/o le lungaggini delle gare ad evidenza pubblica e per immettere finti giocatori nel mercato culturale, sempre più ristretto e in affanno .
Indubbiamente anche questo è un segnale del generale clima di sfiducia verso le pubbliche istituzioni, vissute ormai con sospetto rispetto alle scelte e criticate sul piano del rigore economico e dell’efficienza. Da un ruolo fortemente condizionante e dominante nel passato, l’intervento pubblico ha subito in questi ultimi anni un consistente ridimensionamento , che oggi sembra configurarsi sia come vero e proprio disimpegno sia come inadeguatezza (progettuale e tecnica)rispetto alla rapida evoluzione della società. L’effetto più vistoso- e che abbiamo tutti sotto gli occhi- è la perdita da parte della pubblica amministrazione, e più in generale della politica, delle funzioni strategiche identificabili nella cultura, funzioni di grande importanza per la collettività.
Se è vero che una politica pubblica rappresenta una serie di azioni sviluppate da una istituzione pubblica per il raggiungimento di un interesse collettivo oppure una serie di azioni che abbiano come impatto un qualche cambiamento nella società o nei cittadini, inutile dire quanto l’affidamento diretto di spazi e /o di attività a strutture pubbliche sia coerente quando risponde a obiettivi di rilevanza sociale e sostiene percorsi culturali innovativi, quando si colloca in una strategia culturale articolata e complessa che tiene conto di tutte le forze in campo e mira ad un equilibrio complessivo nel superiore interesse del cittadino; quanto invece questa pratica sia deplorevole se è solo una scorciatoia amministrativa o un vero e proprio escamotage per favorire alcuni o anche per calcolo elettorale: insomma, la responsabilità nel bene e nel male come sempre non è nello strumento, ma in chi lo utilizza e soprattutto per quale fine. Non è lo strumento bando che garantisce la libera concorrenza, ma la strategia che lo motiva e il rigore che lo applica.
Per affrontare un futuro dinamico e in rapida evoluzione, la prima preoccupazione non può che essere quella di capire a fondo la realtà alla quale ci si rivolge e riuscire a capitalizzarne la conoscenza. Ma questo non vale solo per le amministrazioni, ma anche per gli operatori cui spesso difetta aggiornamento e consapevolezza. Proprio gli operatori infatti dovrebbero vigilare sulla “qualità” dei bandi non chiedendo “soglie” basse o “paletti” flessibili, ma chiarezza di obiettivi e strumenti operativi ed economici adeguati cui rispondere con creatività.
“Dobbiamo occuparci del futuro: è il posto dove passeremo più tempo”, dicevano gli studenti di Berkeley
Il tema della concorrenza in ambito culturale va poi analizzato con un’ attenzione particolare alle caratteristiche del mercato culturale, che si muove in un ambito di beni immateriali, non riproducibili , non seriali, in cui il valore creativo è la vera unità di misura. La presenza dell’operatore pubblico nel mercato sembra motivato proprio da vari tipi di “ fallimenti “ del mercato culturale che hanno reso necessario l’intervento pubblico. Il fallimento è dovuto alle caratteristiche del bene servizio scambiato: opinabile e difficile il giudizio a priori sulla bontà del prodotto e impossibile effettuare confronti sulla qualità . Ricordiamo , inoltre,che hanno un ruolo non secondario in questo ambito anche quelle che gli esperti chiamano le ”esternalità economiche positive“, cioè i benefici prodotti dalle attività artistiche che non sono colti dal mercato. (A:Turrini)
In altre parole la contrapposizione tra un modello “liberista” di politica culturale e un modello “interventista” è semplicistica e non può che condurre a risultati modesti sul piano delle scelte politiche e di impresa. Come sempre la realtà è più complessa e articolate e ha bisogno di risposte multidirezionali, fortemente consapevoli e competenti da parte della pubblica amministrazione così come da parte degli operatori
Queste sono solo alcune considerazioni che qui ho voluto ricordare per sottolineare quanto sia articolato e in evoluzione il quadro strategico e quanto sia anomalo il mercato di cui parliamo, anche al fine di evitare di caricare i bandi di aspettative impossibili per quello che è, e rimane, uno strumento e non una panacea. Ma uno strumento importante se preparato accuratamente, applicato con intelligenza e monitorato con rigore.
Ed eccoci ai bandi. Indubbiamente l’accurata ricerca condotta da Alessadra Narcisi e Sabrina Gilio, che ringrazio per l’impegno, ci offre molti spunti di riflessione e costituisce una preziosa fonte di informazione anche per chi in futuro dovrà operare attraverso dei bandi.
Abbiamo già detto che i bandi son uno modalità operativa di garanzia per l’amministrazione/istituzione che li emana tanto quanto per chi concorrerà, ma a noi qui interessa capire e confrontarci sulla loro efficacia. Non crediamo infatti che il migliore dei bandi possibili sia quello che più tutela amministrazione/istituzione, né che lo sia quello che non si fa carico dei risultati e tendo solo a distribuire risorse.
Non crediamo dunque ai bandi fotocopia (e la ricerca ci dice che sono la maggioranza). Non ci piacciono i bandi al massimo ribasso perché non pertinenti ad una attività intellettuale, che non si può misurare con i consueti parametri di mercato . Non ci piacciono i bandi che hanno come unico obiettivo la conservazione dello status quo, perché non garantiscono innovazione e crescita culturale oltre alle pari opportunità. Non ci piacciono, dunque, i bandi in cui l’istituzione non si mette in gioco.
Sono, quelli sopra ricordati, casi estremi, ma praticati spesso, e, mi permetto di dire, in mala fede da parte delle pubbliche amministrazioni, non senza la complicità di quegli operatori(tanti!) che in parametri rassicuranti (anzianità, affidabilità amministrativa, ecc.) trovano garanzia di stabilità senza sforzi di rinnovamento e rilancio .
Poiché dobbiamo essere costruttivi, di seguito, vi sottoponiamo alcune sintetiche osservazioni che potrebbero contribuire a realizzare non certamente il migliore dei bandi possibili, ma contribuire alla realizzazione di uno strumento efficace di ricerca della soluzione più funzionale al raggiungimento di un obiettivo di politica culturale meditato e necessario.
In proposito, desidero sottolineare l’importanza di avere funzionari consapevoli e preparati non solo sul piano tecnico-amministrativo, ma anche su quello relazionale.

Il Prima (di stendere il bando)
La valutazione che si effettua prima della stesura del bando è fondamentale e si deve concentrare sulla rilevanza degli obiettivi e sulla coerenza tra l’analisi del contesto e il tipo di attività messa in gara. Lo scopo è quello di acquisire elementi sull’impatto che si aspetta e una base decisionale motivata rispetto al percorso migliore cui attenersi, relativamente, per esempio, al raggiungimento del target desiderato o all’utilizzo efficiente delle risorse.
In merito ecco alcuni punti
• Disporre di una analisi storica e economico-statistica del territorio e dell’ambito culturale nel quale il bando verrà ad operare
• Chiarire gli obiettivi politici e culturali che si intendono raggiungere
• Fare un confronto con gli stakeholder e con gli operatori potenzialmente interessati o coinvolti
• Individuare un personale amministrativo competente e sensibile non solo sul piano strettamente giuridico

Il bando (la stesura)
E’ questa una fase delicata e complessa, che solo un’adeguata preparazione – il “prima” di cui parlavamo – può agevolare. Ecco alcuni elementi che ritengo determinanti:
• Individuare un tempo congruo rispetto agli obiettivi prefissati per la realizzazione del progetto e fissare degli stadi di avanzamento
• Definire dei parametri di valutazione pertinenti agli obiettivi: per esempio l’entità delle garanzie economiche andrà commisurata alla esigenza o meno di aprire a giovani formazioni
• Fornire una griglia efficace all’interno della quale si dovrà collocare il progetto, agevolando per esempio le aggregazioni tra soggetti che utilizzano linguaggi diversi, la mobilità tra realtà similari nello stesso territorio, l’integrazione con settori limitrofi (sociale,educativo,didattico, ecc), la cooperazione tra territori e soggetti
• Tenere presente che innovazione e creatività hanno bisogno di affiancamento e tutoraggio , soprattutto per agevolare il percorso amministrativo
• Fornire schemi precisi per la rendicontazione che non deve essere solo economica, ma anche di impatto ( costumer, rilevazioni statistiche,interviste, ecc)
• Esigere piani di comunicazione adeguati agli obiettivi e al target di riferimento
• Curare gli aspetti di monitoraggio e di valutazione periodica dell’efficacia del lavoro svolto dal vincitore del bando, individuando con cura gli strumenti più efficaci sia quantitativi che qualitativi
• Comporre una commissione in cui la conoscenza del territorio sia pari a quella tecnico-giuridica
• Richiedere che la valutazione della commissione sia motivata
• Dare visibilità anche ai progetti non vincitori pubblicandone una sintesi con la valutazione della commissione

La Pubblicazione
• Definire un tempo di risposta adeguato alla complessità del bando
• Pianificare una vera promozione e publicizzazione del bando
• Curare che gli uffici siano preparati a dare risposte chiare e non contraddittorie a quanti chiederanno delucidazioni
Credo possa essere utile anche un incontro pubblico di presentazione del bando per condividere domande e risposte

Il Dopo (aggiudicazione)
Il lavoro dell’Istituzione/Amministrazione possiamo dire che cominci una volta che il bando è aggiudicato. Non solo per controllare il rispetto degli impegni assunti dal vincitore, ma soprattutto per affiancarlo nella realizzazione, per agevolarla, per condividerla. Quindi andranno programmate delle valutazioni periodiche durante le quali deve essere chiaro che lo spirito non è poliziesco, ma collaborativo e costruttivo
Il mancato raggiungimento degli obiettivi è responsabilità tanto del vincitore che di chi lo ha scelto e anche una denuncia di inadempienza deve essere motivata e circostanziata.

A questo punto forse possiamo rispondere alla domanda: qual è il migliore dei bandi possibili?
Il migliore dei bandi possibili è quello che meglio risponde alle esigenze di crescita culturale di un territorio.
“Uno dei maggiori guai dell’umanità non consiste nell’imperfezione dei mezzi, ma nella confusione dei fini” (Albert Einstein)

Giovanna_Marinelli

2010-12-19T00:00:00




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