#BP2013 @ValoreCultura Dal Mi_BACT una rivoluzione per il teatro italiano?

Ma per cominciare il ministro Bray annuncia il ripristino del FUS con la legge di stabilità

Pubblicato il 20/10/2013 / di / ateatro n. #BP2013_ValoreCultura , 145

Il calo del FUS nelle diapositive di Giulio Stumpo: in alto a valore reale, sotto tenendo conto dell’inflazione.

Il reintegro del FUS: l’importante annuncio lo ha dato il Ministro Massimo Bray a “Valore Cultura. Dai decreti di legge ai decreti applicativi”, l’incontro organizzato sabato 19 ottobre a Milano dalla Associazione Culturale Ateatro in collaborazione con Fondazione Cariplo. La legge di stabilità – salvo sorprese dell’ultimo minuto – prevederà infatti questo segnale in controtendenza, dopo anni di progressiva erosione del sostegno del governo al teatro. Ma non è questa la sola novità emersa nell’incontro milanese, davvero denso di contenuti e di novità che avranno un profondo impatto sul teatro italiano.

Dalla legge “Valore Cultura” ai decreti applicativi: un percorso da condividere

La mattinata al Centro Congressi Cariplo è frutto del desiderio di un confronto franco e aperto tra i vertici del MI_BACT e l’intero mondo del teatro. La sera prima, venerdì, al Teatro Franco Parenti, il Ministro aveva dialogato con il mondo musicale, nell’incontro dedicato alla cosiddetta “Norma Boeri”, che facilita gli eventi (non solo musicali) sotto i 200 posti (vedi il power point).
Il clamore giornalistico intorno alle “eccezioni” del Piccolo Teatro e della Scala ha messo in secondo piano sulla stampa i problemi del teatro italiano nel suo insieme, quelli finanziato e quello non finanziato. L’invito al Ministro di un incontro pubblico da parte dell’associazione Ateatro al Centro Congressi Cariplo, ha consentito di conoscere linee e prospettive dirompenti per il settore (oltre gli esiti dei colloqui con i massimi esponenti dei teatri e delle istituzioni cittadine e lombarde sulle “eccellenze milanesi”).

Live blogging e streaming al Centro Congressi Cariplo…

Tema centrale dell’incontro – assai affollato e trasmesso in diretta streaming con liveblogging sul sito perypezyeurbane.org – era una prima riflessione sui decreti attuativi che il Ministero dovrà emanare entro la fine dell’anno. La legge “Valore Cultura”, approvata il 3 ottobre, prevede infatti che questi decreti debbano essere approvati entro 90 giorni (e di fatto entrare in vigore il 1° gennaio 2014).
La legge “Valore Cultura presenta già diverse innovazioni che riguardano (o che possono riguardare) anche il teatro: una sintesi in questo power point. Sono interessanti opportunità, sulle quali si attendono norme specifiche chiare e trasparenti.
Ma il vero nodo del confronto era la presentazione delle linee guida che seguirà in Ministero nei prossimi mesi. A illustrarle è stato lo stesso Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Massimo Bray. Nel suo intervento iniziale ha evidenziato il nucleo di un possibile (ma radicale) rinnovamento del teatro italiano: anche se, come ha notato con ironia lo stesso ministro, ogni provvedimento è subordinato ai tempi e alle convulsioni della politica.

“La cultura non è petrolio”: una nuova attenzione per il teatro

Il suo impegno è sorretto da una consapevolezza che porta con sé una punta polemica: “Non amo l’espressione per cui la cultura deve diventare petrolio. La cultura è importante perché crea comunità, perché tiene viva una civiltà”. Questa intuizione – che privilegia la funzione sociale dell’arte rispetto al puro sfruttamento economico, la consapevolezza delle molteplici ricadute della cultura rispetto a una visione “contabile” – ispira un progetto forse utopico, ma che si nutre di una idea di cultura viva e condivisa: l’idea di una mappatura e valorizzazione della cultura viva e partecipata da enti e cittadini, ovvero di “soggetti non istituzionali che fanno cultura”. Parole che – come ha sottolineato qualche intervento – che ridimensionano la preoccupazione per lo scarso rilievo del teatro nel decreto “Valore Cultura” e spostano la discussione e la verifica delle intenzioni sul processo verso i decreti attuativi. Ma questo bisogno è anche conseguenza della triste realtà denunciata da Giulio Stumpo nella sua relazione: “Non ci sono dati analitici attendibili sullo stato dello spettacolo in Italia. Non sappiamo pressoché nulla sugli investimenti in spettacolo e cultura degli enti locali. Ma, come diceva Einaudi, bisogna conoscere per deliberare”.

La parola al Minsitro Massimo Bray.

“Il principio da cui siamo partiti è che la cultura in Italia oggi è molto differente da quella codificata nelle norme“, ha spiegato il Ministro. Questo principio ispira il radicale progetto di rinnovamento del rapporto tra lo Stato (ovvero il Mi_BACT) e il mondo del teatro.

Gli obiettivi del Mi_BACT: progetto e triennalità, ricambio generazionale e innovazione, multidisciplinarietà, apertura internazionale

Un primo punto chiave: la distinzione tra “soggetto” e “progetto”, sia nella definizione degli obiettivi e della missione, sia nella valutazione e rendicontabilità. Con questo obiettivo si introduce (o meglio, si reintroduce e allarga) la triennalità, con la garanzia di finanziamenti che potranno consentire programmazioni di ampio respiro, e con certezza finanziaria da parte dell’amministrazione. E’ una profonda innovazione, per un settore che ha sempre avuto una progettualità dal respiro assai corto.
Un primo obiettivo: di fronte a una richiesta di ricambio generazionale sempre più forte, l’apertura ai giovani e all’innovazione, con quote da destinare agli under 35 e sostegno a chi ospita giovani artisti. Un secondo obiettivo, che tiene conto del mutamento dei consumi culturali soprattutto tra i giovani: la multidisciplinarietà (ovvero il superamento della rigida distinzione ministeriale tra teatro, danza, musica, soprattutto in riferimento ai festival e al sistema distributivo). Infine, la proiezione internazionale.
Questi sono obbiettivi “in positivo”, del tutto condivisibili, che spingono verso l’apertura di un sistema bloccato – e incancrenito – da decenni. Ma c’è anche la consapevolezza, da parte del Ministero, che il sistema teatrale italiano, nella sua struttura attuale, è ideologicamente ed economicamente insostenibile. Porta con sé una serie di gravi distorsioni e disequilibri (basta scorrere i dati raccolti e presentati da Giulio Stumpo). Come ha specificato con franca brutalità Salvatore Nastasi nel suo intervento: “Non ha senso avere oltre 300 soggetti finanziati dal FUS, in una molteplicità di categorie ciascuna regolata con modalità particolari. E quaranta teatri stabili sono troppi”.

Andrea Porchedu: “Rinnovamento!”

Un altro punto dolente è la distribuzione: i circuiti regionali necessitano di una profonda riforma per tornare a raggiungere gli obiettivi per cui sono stati creati.

La semplificazione del sistema e il superamento delle categorie

Dunque, si deduce, il Mi_BACT provvederà a una drastica semplificazione dell’intero sistema, a partire da una riduzione del numero di soggetti destinatari di sovvenzioni “a vita”, come di fatto è accaduto finora: dove era necessario imporre soglie d’ingresso pressoché invalicabili perché non esistono meccanismi d’uscita. Poi – ma è stato solo un accenno – la creazione di pochi Teatri Nazionali (secondo “la Repubblica” del 20 ottobre, l’elenco comprenderebbe, oltre al Piccolo Teatro, gli stabili Roma, Genova, Torino e Palermo). Dovranno essere “teatri pubblici in senso pieno”, con una missione chiara e coerente: la formazione del pubblico e di nuove generazioni di artisti, la nuova drammaturgia. Dovranno assumersi il rischio culturale, senza limitarsi all’intrattenimento. A questi stabili si affiancheranno i teatri “di interesse pubblico”: pare di capire che saranno gli altri stabili pubblici, alcuni stabili privati e forse qualche stabile di innovazione.

Andrée Ruth Shammah: chi non è venuto? Stanno facendo una pessima figura! E la fanno fare a tutto il teatro italiano…

E’ evidente che per il Ministero la suddivisione della stabilità in quattro categorie sia ormai obsoleta: la concorrenza tra stabili e compagnie private non ha più senso, il rapporto deve essere ripensato. Il superamento delle categorie è peraltro già nei fatti: la riprova è la battaglia solitaria ed eroica del Piccolo Teatro. Ma il bersaglio della lotta dello stabile milanese e del suo direttore Sergio Escobar (ovvero i vincoli della spending review per le amministrazioni pubbliche, assurdamente esteso ai teatri, imposto e difeso con burocratica ottusità) non riguarda solo il Piccolo, ma tutti gli stabili. In questi anni, il teatro pubblico – a partire dagli stabili pubblici, un insieme di realtà eterogenee, con caratteristiche e interessi diversi – non ha saputo identificare e difendere la propria missione e specificità, limitandosi a difendere gli interessi di categorie e sottocategorie. Il risultato sono modelli più o meno virtuosi di teatro, che però spesso non rispondono all’ispirazione e agli obiettivi di un teatro pubblico. Alla fine, a causa di questo vuoto culturale, l’identità del teatro pubblico si è compromessa, causando un danno grave all’intero sistema e alla sua credibilità. Per chi, come www.ateatro.it, crede nella missione del teatro pubblico e lo difende da sempre, questa è stata una vera catastrofe.

Valeria Palumbo: questione di genere.

Un altro elemento che sta portando all’inevitabile superamento della categorie è la multidisciplinarietà.
Inutile poi ricordare che sono sempre più numerose e determinanti le realtà e le reti che fanno riferimento a nuove forme di rappresentanza: da Cresco a Latitudini e agli Stati Generali in Sicilia, dal Movimento Sherwood alla rete dei teatri d’Abruzzo, dai gruppi che hanno auto-organizzato il festival IT a Milano al movimento dei teatri occupati, senza dimenticare i diversi sistemi regionali di residenze, con la loro molteplicità di esperienze e di modelli. Una fotografia molto diversa da quella del FUS: basta guardare dieci anni di monitoraggio attraverso le Buone Pratiche e l’elenco delle produzioni teatrali e i Premi Ubu. Alle Buone Pratiche questo mondo variegato ha trovato per la prima volta attenzione e ascolto, in un incontro pubblico, da parte dei vertici del Mi_BACT (a Firenze) e dello stesso Ministro (a Milano, il 19 ottobre).

Gli strumenti: trasparenza, nuovi criteri di valutazione, commissioni ministeriali

Queste misure – superamento delle categorie, riduzione del numero di realtà sovvenzionate dal FUS, creazione di una élite di Teatri Nazionali (cui ha fatto un cenno Salvatore Nastasi), la “stabilità allargata” e il riconoscimento delle residenze, la rimozione di termini come “ricerca” o “sperimentazione”, la riforma dei circuiti – accenderanno discussioni e polemiche. Per realizzare quella che si annuncia come una autentica rivoluzione ministeriale, servono strumenti adeguati.
Il primo strumento: la semplificazione, e la conseguente trasparenza, del rapporto tra il mondo del teatro e il Ministero, anche attraverso l’innovazione tecnologica e la sburocratizzazione delle procedure, con controlli più severi sui contributi previdenziali e sulla correttezza amministrativa.
Il secondo è la diversa composizione e funzione delle Commissioni ministeriali, cancellate dal governo Monti e reintrodotte da “Valore Cultura”, che dovranno farsi carico delle valutazioni qualitative. Il meccanismo, nelle intenzioni di Salvatore Nastasi, dovrebbe cambiare radicalmente rispetto al passato, riducendo il numero dei componenti (magari solo tre, vista anche, la difficoltà a trovare personalità competenti e senza conflitti di interesse, ha lasciato intendere lo stesso Nastasi). La nuova Commissione ministeriale in primo luogo dovrebbe offrire trasparenza totale; in secondo luogo, dovrebbe superare l’attuale (e poco trasparente) modalità di calcolo del contributo che si basa sul principio “moltiplicatore” (consente di “moltiplicare fino a tre volte” i risultati dei parametri quantitativi); Nastasi ipotizza la somma di tre livelli: – quantità (livelli di attività), con particolare attenzione a giornate lavorative e contributi;
– qualità indicizzabile (con elementi qualitativi misurabili e confrontabili: come non si è detto, ma si è posto l’accento sul concetto di equità, sottolineando che i numeri non sono uguali per tutti e ovunque);
– qualità pura: è quella che dovrebbe appunto valutare la Commissione ministeriale.
Un’altra importante novità è l’accento sulle residenze come nuovo modello di sviluppo territoriale e multidisciplinare per lo spettacolo dal vivo: “Credo profondamente nelle residenze e nel loro lavoro sul territorio”, ha rilanciato il Ministro: “Bisogna lavorare sulla loro riconoscibilità”. Le residenze sarebbero dunque l’imbuto attraverso cui dovrebbero passare, nell’impostazione del Ministero, sia l’innovazione in tutte le sue forme (giovani, ricerca, riequilibrio territoriale, apertura al teatro sociale e di comunità), sia una migliore articolazione del rapporto tra Stato ed enti locali.

Gli interventi di Arnoldo Mosca Mondadori, Cristina Cappellini, Filippo Del Corno

Nel corso della mattinata del 19 ottobre, ci sono stati diversi altri interventi significativi, a cominciare dal saluto iniziale di Arnoldo Mosca Mondadori, consigliere d’amministrazione della Fondazione Cariplo, che ha confermato l’intenzione di mantenere forti livelli di finanziamento su linee progettuali autonome, favorendo la creatività giovanile e con particolare attenzione alle aree decentrate. Ha inoltre offerto di condividere criteri e metodologie di lavoro con il Mi_BACT e “integrare alcune azioni a sostegno del sistema teatrale” coinvolgendo anche l’ACRI (che raggruppa le fondazioni di origine bancaria).
Cristina Cappellini, Assessore alle Culture, Identità e Autonomia della Regione Lombardia, ha denunciato che “la cultura in Lombardia sta soffrendo”; ha chiesto maggiore attenzione al Ministro per la soluzione dei casi Piccolo e Scala (“Non vorrei arrivare all’Expo con il Piccolo e la Scala chiusi”) e una adeguata sensibilità per le realtà culturali lombarde.

Filippo Del Corno: un tavolo progettuale per Expo cultura e le industrie creative.

Filippo Del Corno è partito dalla convinzione che “innalzare il patrimonio cognitivo è indispensabile per creare nuove forme di sviluppo economico”; ha poi indicato come possibili modelli il sistema milanese delle convenzioni e la multidisciplinarietà innovativa del Teatro Grande di Brescia. Ha infine richiesto al Ministro un tavolo progettuale su Expo 2015, con un “laboratorio Lombardia” che investa le industrie culturali.

Domande, osservazioni, proposte (ma che si sono detti il Ministro e il Teatro Valle?)

Domande, osservazioni, proposte al Ministro: ne sono arrivate molte, ce ne sono già ampie tracce in rete, nei prossimi giorni ateatro.it pubblicherà tutto il materiale arrivato in redazione, i quesiti arrivati dalla rete e quelli che arriveranno nei prossimi giorni.

La parola al Valle Occupato: “Ora siamo Fondazione!”

Un altro momento particolarmente significativo: per la prima volta i rappresentanti del Valle Occupato e il Ministro hanno avuto l’occasione di incontrarsi e di confrontarsi pubblicamente. Ai rappresentanti del Teatro Valle (o meglio, della neonata e tanto discussa Fondazione: “Non siamo più il Valle Occupato!”), il Ministro ha risposto: “Siamo stati aperti nel dialogo con il Comune quando ci ha chiesto come gestire questa esperienza. Se possiamo dare un aiuto lo daremo. Occasioni come le Buone Pratiche servono a fare in modo che ognuno ascolti l’esperienza che si è creata in questi anni”. Forse a partire da questo abbozzo di dialogo – e dai successivi scambi di opinioni – si può cominciare a sciogliere uno dei nodi più intricati dell’attuale guazzabuglio politico-teatrale.

La battaglia continua: innovatori e conservatori, il bambino e l’acqua calda, incontri chiusi e dibattito aperto…

Che cosa succederà nelle prossime settimane? L’impostazione radicalmente innovativa della “riforma Bray” prende atto della profonda crisi del sistema e si propone di cancellare rendite di posizione e inefficienze. Ma rischia anche di distruggere o destabilizzare profondamente quel poco che ancora funziona. Vedremo nelle prossime settimane quale delle tre spinte prevarrà: la necessità di un cambiamento che arriva dal basso, la volontà di rinnovamento espressa dal Mi_BACT e le prevedibili resistenze conservatrici di lobby e rendite di posizione.
L’incontro del 19 ottobre è stato solo la prima tappa del percorso che porterà alla stesura dei decreti attuativi. Il Ministro Bray e il Mi_BACT hanno espresso con chiarezza la volontà di proseguire il confronto: con l’AGIS e con le categorie, naturalmente, e con le altre consuete forme di rappresentanza del settore e dei suoi lavoratori. Ma anche con la galassia vivace che nelle Buone Pratiche ha trovato in questi anni una importante occasione di confronto. Un appuntamento è già fissato, quello organizzato da CRESCO per il 21 (o 22) novembre prossimo a Scandicci. Inutile precisare che www.ateatro.it ci sarà.
Di tutto questo – e anche delle nostre riflessioni sui provvedimenti anticipati e su quelli via via in discussione – continueremo a rendere conto su www.ateatro.it.

2013-10-20T00:00:00




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