#BP2015. Le nuove possibilità della narrazione tra teatro e cinema
Thanks for Vaselina diventa un film?
I nuovi linguaggi, la scrittura cinematografica, le nuove e diverse strutture narrative dei Serial televisivi d’oltre oceano, arrivati soprattutto negli ultimi dieci anni, hanno certamente condizionato, caratterizzato e modificato anche alcuni modelli drammaturgici tradizionali. Lo “spazio”, il “tempo” e la “relazione” (che sono poi i pilastri sui quali si fonda ogni buona narrazione) si sono arricchiti di innumerevoli possibilità.
Credo ne siano un esempio molti spettacoli, tra cui i nostri, che negli ultimi anni sono stati radicalmente influenzati da tutto ciò. L’aspetto da sottolineare è che, non solo gli artisti hanno mutuato gli aspetti tecnico-formali-strutturali dai nuovi linguaggi, ma soprattutto, gli orientamenti tematici e i contenutistici. Dopo molti anni di un “teatro” che, per quanto meraviglioso, si scontrava innegabilmente con la percezione generale di “scollatura” tra i contenuti proposti e le nuove necessità emotive e culturali del pubblico, diversi autori si sono concentrati sull’aspetto del linguaggio, della parola, della mescolanza di generi, delle tematiche, con l’obbiettivo di rinnovare le trame e i dialoghi, le ambientazioni e i personaggi, e accedere, finalmente, ad un teatro più concreto, più presente, più necessario.
E’ opinione comune, almeno per quanto riguarda la mia esperienza, che “autore teatrale” (drammaturgo) e “autore cinematografico” (sceneggiatore) siano due professioni quasi completamente separate e distanti tra loro. Per quanto questo corrisponda in parte alla verità, essendo innegabili alcune fondamentali differenze di carattere tecnico e di approccio alla scrittura (e di stipendio!), rimango convinto, soprattutto dopo le mie recenti esperienze, che ci siano e potrebbero esserci dei punti di contatto abbondantemente più solidi e frequenti tra questi due mondi. Mi riferisco alle comuni intenzioni di base, alla volontà di scrivere nuove storie per nuovi pubblici, all’arte del dialogo e dell’immagine, alla concretezza attraverso la quale, entrambe le professioni, cercano di esplorare il mondo di oggi. Ma, purtroppo, nell’immaginario comune è ancora radicata l’idea che “teatro” significhi vecchio e “cinema” nuovo.
Non è affatto così, ma il luogo comune comunque persiste ed è incredibilmente difficile sensibilizzare molti produttori dell’uno e dell’altro mondo su quelli che a certi di noi appaiono come elementi oggettivi e a loro no.
Nel nostro caso, per esempio, scrivere per il teatro si rivela a volte quasi più complicato che scrivere per il cinema. La nostra mente, infatti, ormai procede per immagini e repentini cambi di ambientazioni, stacchi, passaggi temporali e alternanze continue. Le nostre storie sono così “esplose” che quasi sempre in fase di scrittura dobbiamo adattarci e praticare un procedimento inconsueto: adattare cioè un’idea parzialmente o totalmente cinematografica alle convezioni e ad alcuni limiti oggettivi della macchina teatrale, come sicuramente lo spazio e il numero di personaggi.
In Thanks for Vaselina, nostro ultimo spettacolo, è andata proprio così. Sono partito da una storia che aveva chiaramente affinità e potenzialità cinematografiche, ma che teatralmente parlando, per quanto molto soddisfatti del risultato, è rimasta “imprigionata” nell’unità di luogo. Dopo molte repliche abbiamo, non senza fatica, avuto la fortuna di avere tra gli ospiti in sala alcuni produttori cinematografici che dopo aver visto lo spettacolo, ci hanno proposto di elaborare una sceneggiatura. Ci sono voluti quasi tre mesi di lavoro prima di consegnare, tre mesi di lavoro gratuiti, ed ora siamo in attesa di risposte. Dico gratuiti semplicemente per sottolineare l’importanza dell’investimento e di rischio che abbiamo deciso di affrontare.
Siamo molto soddisfatti del lavoro di adattamento e delle rete di contatti che stiamo riuscendo a crearci tra i produttori, ma non scompare comunque quel senso di frustrazione sempre presente e latente che ha sostanzialmente a che fare con “l’ascolto” tra noi e loro.
Per ascolto intendo soprattutto la nostra paura di essere fraintesi, sottovalutati, messi da parte. Questa paura ha a che fare con la consapevolezza che nel nostro paese ci si è ormai così abituati e assuefatti ad un determinato tipo di commedia, alla separazione tra comico e tragico, ad un perbenismo e a una morale di fondo, che molti produttori potrebbero percepire alcune nuove proposte come qualcosa di “sconveniente” strano e troppo “ pericoloso”.
Mi sembra che da parte loro ci sia il terrore di non appagare il pubblico, di deluderlo, di non riempire le sale. Preoccupazione più che legittima all’interno di questo tipo di sistema di mercato, ma, sempre a mio avviso, infondata. Perché è proprio il pubblico che ci sta abbandonando, è proprio il pubblico che sempre di più snobba i prodotti nazionali a favore di chi ha deciso di parlare con efficacia e “prepotenza” del nostro presente, ed è proprio il pubblico che sempre di meno va al cinema, preferendo web serial o nuovi prodotti meno tradizionali. Non voglio certo giudicare i produttori cinematografici additandoli come mercenari insensibili, privi di curiosità, strumenti e gusto, anzi…segnalo solo che allo stato dei fatti esiste una roccaforte di produttori, sceneggiatori, registi e attori cinematografici che non guardano molto verso l’esterno, ma, al contrario, ripetono all’infinito, nel loro mondo ristretto e inaccessibile, modelli e format da cui sta diventando sempre più complicato separarsi.
Questo convegno costituirà certo, un’ottima occasione per discutere e rielaborare queste ed altre riflessioni. Per quanto mi riguarda vorrei provare a suggerire, di seguito, alcune “buone pratiche” che per quanto semplici e , forse, banali, mi appaiono ora necessarie e costituiscono i primi passi sui quali vorrei fondare dei ragionamenti più specifici.
– Sensibilizzare i produttori e i registi cinematografici al teatro contemporaneo e ai nuovi autori. Il problema, infatti, spesso, è la più totale non conoscenza, del nostro esistere, del nostro scrivere, del nostro esserci. Dobbiamo invitarli, invogliarli e incuriosirli, mostrando a loro sale piene di pubblico emozionato e divertito. Dobbiamo avere un atteggiamento costruttivo e privo di snobismo nei loro confronti e nei confronti del cinema in generale. Snobismo che poi, spesso, in fondo, nasconde solo una grande invidia. Rispetto a tutto questo, anche gli organizzatori e i distributori teatrali hanno il compito di incuriosirsi e “lottare” per poter allargare la propria rete di contatti e invitare produttori cinematografici potenzialmente interessati.
– Creare quindi una rete di rapporti all’interno della quale non dico diventi facile, ma quantomeno possibile, far arrivare nelle mani del produttore la propria sceneggiatura assicurandosi che la legga. Per quanto incredibile ci sono esempi di persone che da anni combattono solo per riuscire a consegnare il proprio progetto nelle mani di qualcuno che lo valuti. Avere un appuntamento, bypassare la burocrazia degli uffici, dei segretari, degli indirizzi mail che nessuno legge è ancora troppo complicato. Le grandi strutture cinematografiche ci appaiono ora come grandi buchi neri che inghiottono speranze e progetti lasciandoti fragili e confusi.
– Favorire il dialogo tra scrittura teatrale e cinematografica attraverso seminari, workshop e iniziative volte a esplorare i molti punti di contatto tra le due professioni. Incentivare quindi anche la progettazione e la scrittura in generale con finanziamenti e bandi. Da chi e dove si può imparare a scrivere per il cinema o per il teatro oggi in Italia? Concretamente, pubblicamente intendo, a prescindere dalle innumerevoli scuolette private e mangia-sogni. Esistono bandi che permettano ad un autore, garantendogli una copertura economica, di prendersi il tempo per adattare il proprio lavoro teatrale per il cinema? Esistono nel teatro e nel cinema di oggi, a prescindere dai soliti premi, commissioni di lettura chiamate a scremare e scoprire nuovi soggetti e nuove creatività?
Tag: CarrozzeriaOrfeo (3), cinema e teatro (44), DiLucaGabriele (2), drammaturgia (37)
Scrivi un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.