#IETMBergamo Da Milano 2004 Bergamo 2015

Un'intervista a Massimo Mancini

Pubblicato il 19/04/2015 / di / ateatro n. 154

SE ANCORA NON SAPETE COSA E’ #IETMBergamo

Il programma completo del Meeting, spettacoli e gruppi di lavoro.

Tutte le informazioni su trasporti e alloggio.

Massimo Mancini

Massimo Mancini

Hai portato in Italia IETM nel 2004. Ci racconti come è andata la tua esperienza? Cosa ti ha spinto ad avventurarti nell’organizzazione del meeting?

Al tempo ero un membro del Board di IETM. C’era la necessità di una serie di variazioni normative dello statuto, votazioni che si fanno durante i Meeting, ma per una serie di problemi tecnici l’appuntamento autunnale di Belgrado venne annullato. C’era bisogno di una sostituzione rapidissima, qualcuno che potesse organizzare il Meeting in pochi mesi… e chi lavora in emergenza meglio degli italiani? Così ci siamo fatti carico dell’organizzazione.
Nello stesso periodo si stava manifestando la volontà di lanciare lo spazio dell’Università Bicocca a Milano, quindi optammo per renderlo la sede dell’evento. È stata un’esperienza complicata, e ho avuto anche qualche problema di budget visto che non ne avevo il controllo generale ma c’erano più partner e istituzioni.
L’idea da cui siamo partiti era quella di creare una cittadella della cultura e individuammo l’area della Bicocca come una buona location, anche se durante la realizzazione ci siamo resi conto che la logistica dei trasporti non era ottimale.
Inoltre il Board IETM a quei tempi era sì informale, ma fino ad un certo punto: ancora non c’era il concetto del lavoro sulla periferia della città, che oggi è invece un tema importante, quindi l’operazione non era stata appieno compresa.

Come hanno reagito gli italiani? Che differenze vedi fra il Meeting di allora e quello di adesso?

E’ stata ovviamente un’occasione per riflettere sulla dimensione internazionale del teatro italiano. Oggi i tempi sono cambiati, molti teatri hanno sviluppato solide relazioni estere, ma allora le cose erano differenti, non eravamo così aggiornati: solo i festival avevano una dimensione internazionale.
Nel 2004 perciò confrontarsi con una dimensione così allargata fu un ottimo stimolo per attivare nuove riflessioni. Ci furono indubbiamente molte difficoltà, a partire dalla lingua e dall’approccio: noi consigliavamo alle realtà italiane di inviare gli operatori più giovani, che potevano avere più dimestichezza con l’inglese e col clima informale.
I dieci anni trascorsi non sono pochi, il panorama è notevolmente cambiato.
Prima IETM era l’unico momento d’incontro per operatori a livello internazionale, ora molti festival sono diventati anche e soprattutto luoghi d’incontro per operatori. Per gli eventi come IETM c’è il rischio che entri in gioco il fattore “pigrizia”: entrare in un Meeting significa lavorare molto, tenere un livello di attenzione molto alto, mantenere apertura mentale. Affrontare un festival è più semplice.
Sicuramente IETM continua però a essere un ottimo punto d’incontro, un riferimento imprescindibile: se vai a un festival sai già in qualche modo quello che il festival potrà offrirti, le sue caratteristiche, le sue dinamiche; invece se si partecipa a meeting dedicati, come può essere IETM, si affronta una vera e propria palestra di crescita, ed è sicuramente un’esperienza che può rivelarsi veramente molto formativa.

Secondo te a cosa è servito il 2004 e cosa succederà nel 2015?

Forse l’edizione del 2004 è servita a fare il 2015!
Nel 2004 non si erano iscritti molti operatori, mentre ora i numeri sono molto buoni: mi piace pensare che sia così anche perché il terreno è già seminato.
Inoltre non dimentichiamo che io sono stato costretto ad organizzare tutto in tre mesi: il lavoro di preparazione e disseminazione che voi avete fatto è sicuramente stato molto importante, molto pensato e ben realizzato. L’obiettivo finale che vorrei per l’Italia è che ogni teatro, anche in provincia, arrivi ad avere un’ospitalità internazionale: una possibilità di scambio reale per tutti, un confronto continuo tra pubblico, artisti e operatori, dove la presenza dell’estero diventi qualcosa di “normale”.

Vista la tua esperienza e conoscenza dell’internazionale, tu credi che ci siano pratiche, tecniche e saperi tipicamente italiani che possono essere esportati? Pare infatti che noi italiani riusciamo ad andare all’estero solo con poche compagnie.

Il teatro italiano in realtà sta andando molto all’estero, anche se la percezione è diversa.
Il problema è, semmai, che le nostre produzioni, anche in Italia, non riescono a fare un buon numero di repliche: uno spettacolo “muore” dopo pochissimo, per gli operatori non c’è tempo di vederlo se non nel suo debutto, o poco dopo, quando ancora non è cresciuto a sufficienza.
Questo è un problema tutto italiano, sistemico, non di mancanza di attenzione da parte dell’internazionale: c’è molta curiosità all’estero in merito al nostro lavoro.
IETM ha generato nel 2004 un mercato straniero per alcuni artisti che, conseguentemente a questa apertura, hanno ottenuto un benefico effetto boomerang anche nel nostro Paese, raggiungendo riconoscimento e successo: un’affermazione in patria dopo il successo fuori.
Il mercato nazionale stesso si sta aprendo di più al contemporaneo, anche se c’è ancora molta distribuzione di repertorio classico.
Sarebbe interessante proprio un lavoro su questo tema, la rivisitazione e rilettura del repertorio in chiave contemporanea: un caso eclatante è il lavoro recente realizzato da Antonio Latella su Natale in casa Cupiello, che ha segnato una cesura importante con quella che era la visione del teatro italiano all’estero e in patria.
Io stesso anche a Cagliari (attualmente Mancini dirige il Teatro di Sardegna, ndr) cercherò di fare il possibile affinchè ci sia apertura delle programmazioni verso qualcosa di nuovo, e credo che la città abbia una certa attenzione per il contemporaneo: in questo senso mi ritengo fortunato, sicuramente la candidatura della città come capitale della cultura (di nuovo l’internazionale!) ha aiutato questo percorso.

Che aspettative hai rispetto a IETM Bergamo?

Sono piuttosto fiducioso, forse l’unica pecca è che si sarebbero potuti programmare più spettacoli. Gli operatori stanno andando molto bene, ce ne sono più di 180 dall’Italia a una settimana dal Meeting, e per me questo rappresenta un numero importante e un bel traguardo.
Tra questi 180 ci sono sia compagnie, come i Motus e le Albe per esempio, ma anche teatri di grande importanza come il Piccolo e l’ERT, struttura quest’ultima che già lavora molto sull’internazionale.
Mi piacerebbe vedere il Mestastasio, poiché è un teatro che lavora molto non solo sull’internazionale ma anche sul contemporaneo.
Abbiamo apprezzato molto anche che alcune piccole compagnie abbiano deciso di aderire, nonostante l’investimento economico, e quindi il rischio che la partecipazione comporta. Evidentemente hanno recepito l’importanza di IETM.




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