Parola nuda e parola rituale per un monologo rock

La Merda di Cristian Ceresoli con SIlvia Gallerano di ritorno a Roma e presto in Nord America

Pubblicato il 16/03/2017 / di / ateatro n. 160
La merda

Silvia Gallerrano (La merda)

Dal 1° marzo è tornata a Roma, dove è nata, La Merda, di Cristian Ceresoli con Silvia Gallerano, opera pluripremiata al Festival di Edimburgo del 2012. Dopo l’incoronazione ricevuta al Fringe Festival di Edimburgo, lo spettacolo registra nei teatri italiani il tutto esaurito da sei anni. Tradotto in molte lingue, il testo gira i teatri europei e si appresta a volare oltre Oceano per debuttare in Canada e in America.
La Merda è il flusso di coscienza di una ragazza, che disperatamente cerca di entrare in comunicazione con un tu non specificato, potrebbe essere il lettore, lo spettatore, l’umanità stessa. Ha sete di tale relazione, ma è immersa in un mondo individuale, egocentrico, fondamentalmente sordo. È una storia intima, è la storia di un corpo, di un’esistenza lacerata dalle dinamiche violente generate dal potere consumistico-capitalista, che ordina e determina la vita degli esseri umani nei suoi aspetti più nascosti e impensati, si insinua nelle pratiche ordinarie e quotidiane, penetrando nel ritmo delle azioni ormai date per scontate. Un’ossimorica confidenza in diretta. La violenza della parola divenuta corpo, scarnificata e dunque nuda, restituisce le ferite che annientano la vita dell’essere umano contemporaneo, ormai privato di un significato storico, strappato dalla libertà, diviso da se stesso, in nome della stessa sedicente libertà e tolleranza promosse dal potere del consumo e del piacere pornografico. Il corpo di questa donna è il corpo dell’uomo schiavo di se stesso, represso fino alla nevrosi e al desiderio di morte. Vuole farcela nella vita, per questo persegue il suo obiettivo con violenza animalesca, è un essere ossessionato dalla rincorsa alla sua grande occasione: deve farsi trovare pronta, non importa a quale prezzo. Strazia e lacera l’urlo sfigurante che dopo essersi ripetuto per due volte nel testo, riproducendo un’andatura marina, di andate e ritorni, di risacche, sfoga nell’atto mortifero dell’autocannibalismo: termine di un angosciante precipitare verso la profondità tragica delle viscere, come fosse un incedere rituale, scandito dalla struttura a ondate dell’opera stessa. La scrittura ci porta nel fondo, oltre il limite, fino all’indicibile e l’impensabile con un piccolo salto, un piccolissimo silenzio, lo spazio per una possibile esitazione, nelle correnti di una scrittura martellante, sincopata, metodica, meccanica, una discesa inarrestabile nell’abisso dell’aberrante. La parola ha scavato così profondamente nella carne, nell’oscurità dell’esistenza, da non poter essere più sorretta dalla struttura grammaticale. L’urlo cannibale fagocita il tessuto sintattico stesso del testo, oltre che il corpo, fino a dissolvere graficamente la parola e il discorso.
La parola ne La Merda è una necessità e dalla necessità nasce. Proviene dall’esistenza fisica e psichica di Cristian e Silvia, attraversa il testo, la struttura, il suono e il movimento dell’opera. L’esigenza fisica muove la ricerca delle parole, l’esigenza di dare vita e corpo a un qualcosa che nasce dentro e tenta di manifestarsi, di affermare la propria presenza. È per questo che le parole divengono corpo, perché è su di esso, è sulla sua storia intima e sociale che si fonda la scelta artistica, la scelta di stile, la scelta del gesto teatrale. In questo modo l’opera è vita pulsante, vita richiedente, che preme e in quanto tale domanda libertà per affrancarsi dall’asservimento. L’artista diviene strumento, la voce e il corpo di Silvia sono strumento musicale vivificante. L’atto artistico è una creazione. Essa si esprime in una relazione di energia fluida, libera e non restrittiva. È un atto artigianale che si genera e si alimenta nella relazione tra l’essere umano e le sue capacità artistiche, l’opera e l’esistenza. Silvia sul palco è, non rappresenta: è quello che si definisce un attore sinfonico. Ne La Merda è quel corpo ad avere presenza fisica, quel corpo che dice la propria esperienza e lo fa attraverso il suono, che è materia, delle parole, anch’esse composte di materia e nate dalla materia. Il corpo è attraversato e sollecitato dai suoni, dagli accenti, dalle pulsazioni del discorso, che evocano esperienze e vissuti, formano le parole e le parole compongono immagini e ritmi per farsi nuovamente corpo. In quest’opera si muovono esperienze intime, vissute, si compone tutto ciò che Cristian e Silvia hanno percepito, la loro intera esistenza, quella passata e quella presente. Il corpo si fa maschera vocale.
La Merda è un’opera artigiana: chiare si presentano le scelte di struttura e di stile da parte dell’autore, che dichiara di aver concepito l’opera come una partitura musicale. Il ritmo della narrazione prodotta dalle strutture ricorsive attraversa la crisi della realtà linguistica, cercando di condurre la scrittura oltre la cristallizzazione del codice, di sradicare il linguaggio rivitalizzandolo e conferendogli possibilità di senso altro. Per questo l’opera La Merda non è ascrivibile alla mera funzione neoavanguardistica di contestazione dell’arte, definirla tale risulterebbe essere un ulteriore tentativo di sopraffare e sabotare la potenza vivificante di questa scrittura fisica, orale, acquatica, performativa. Come tale è difficilmente ascrivibile a un genere, altrettanto difficile è capire a quale forma artistica appartiene. La Merda è opera letteraria, teatrale, opera che poi ha assunto dimensioni da concerto rock.
Domenica 19 marzo alle ore 11 presso l’Auditorium Parco della Musica per il Festival Libri Come, quattro anni dopo l’uscita de La Merda con la casa editrice Oberon Books, l’Editore Gallucci presenterà il testo, arricchito da un cd con la registrazione teatrale dal vivo. Sarà l’occasione per mostrare come le arti, le opere, gli stili e le forme si influenzino a vicenda e si generino in un rapporto di relazione e scambio, rifuggendo dall’incasellamento asfittico e dall’identificazione standardizzata dei generi. Gli stessi interventi saranno molteplici per forma e contenuto, come il reading curato per la mattinata da Silvia Gallerano.
Verso questa direzione si spingerà l’evento del 23 e 24 marzo, che sancirà apertamente la rottura dei confini del teatro e della letteratura, infatti La Merda approderà alla dimensione filmica presso la Carrozzeria n.o.t. la venue.
Questo lungo periodo di permanenza e di attività nella capitale sembra un intenso viaggio nel passato, nel presente e nel futuro di quest’opera. Sabato 18 marzo, alle ore 11 al Teatro Due, sarà infatti dedicato alla storia de La Merda. In un’ambientazione informale, attorno a un grande tavolo imbandito per una buona colazione, verrà ricostruita la storia di quest’opera ascoltando gli interventi di Laura Mariani, dell’Università di Bologna, Maria Nadotti, scrittrice, Paola Farinetti, imprenditrice, dirigente della società di produzione e distribuzione Fuorivia, la sottoscritta, Teatro Valle Occupato, Silvia Gallerano e Cristian Ceresoli, che interverranno a loro gradimento raccontando il lungo viaggio con La Merda, che non accenna a terminare.




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