#BP2017 | Le avventure del mercato (Le smanie, le avventure, il ritorno)

Il 27 novembre 2017 a Firenze si parla della distribuzione degli spettacoli teatrali in Italia: perché non funziona? cosa possiamo fare per migliorare la situazione?

Pubblicato il 25/11/2017 / di / ateatro n. #BP2017 , 162 , Passioni e saperi

Associazione Culturale Ateatro e Fondazione Toscana Spettacolo onlus

nel quadro del progetto
Passioni e saperi
Buone pratiche, incontri e strumenti per lo spettacolo

con il sostegno di

un incontro de Le Buone Pratiche del Teatro
a cura di Mimma Gallina e Oliviero Ponte di Pino

lunedì 27 novembre 2017, ore 15-18.30
Auditorium di Sant’Apollonia, via San Gallo 25/A – Firenze

LE AVVENTURE DEL MERCATO
(Le smanie, Le avventure, Il ritorno)

La trilogia della vlleggiatura, regia di Giorgio Strehler, 1954.

La “distribuzione” è sempre stata al centro del nostro sistema teatrale, la tournée è tuttora in Italia, per molti gruppi e compagnie, una ragione d’essere, un obiettivo irrinunciabile, una legittimazione, una risorsa economica fondamentale. Ma la funzione distributiva attraversa ormai da anni un processo degenerativo: la contrazione progressiva dei finanziamenti locali si è paradossalmente combinata con un eccesso di produzione, per molti versi inatteso, che il decreto 1 luglio 2014 ha aggravato.
I colli di bottiglia si moltiplicano e investono tutti i settori. Questo incontro si propone di discutere in particolare i meccanismi dell’accesso al sistema, le condizioni attuali del mercato, i nuovi linguaggi, il tema del rischio culturale: quindi soprattutto i problemi che riguardano i gruppi e le compagnie più giovani e tutte le istituzioni e le organizzazioni che si propongono di favorire l’innovazione sia sul versante della produzione che su quello dell’allargamento e della qualificazione del pubblico.

Il titolo e la scansione di questo appuntamento de Le Buone Pratiche del Teatro l’abbiamo rubato a Carlo Goldoni e alla sua celebre Trilogia della villeggiatura: i preparativi frenetici, le aspettative, le delusioni, ma anche il rapporto fra le generazioni e l’insensatezza di un tenore di vita insostenibile… Molto di quelle commedie ricorda l’alternarsi di speranze e disillusioni che segna il teatro italiano.

La trilogia della vlleggiatura, regia di Toni Servillo, 2007.

GLI INTERVENTI

Introduzioni, raccordi e (non) conclusioni: Mimma Gallina e Oliviero Ponte di Pino

Saluti e interventi: Cristiana Rita Alfonsi (Assessorato alla cultura della Regione Toscana), Beatrice Magnolfi (presidente Fondazione Toscana Spettacolo onlus)

LE SMANIE: il punto di vista, le iniziative direttamente promosse e la capacità di fare rete, le strategie e gli esiti nel rapporto con il mercato di gruppi giovani o giovanissimi, già decollati o emergenti: Enrico Baraldi e Nicola Borghesi (Kepler-452 e festival 2030), Isabella Cordioli e Enrica Zampetti (Zaches Teatro), Gabriele De Luca e Luisa Supino (Carrozzeria Orfeo), Valentina Falorni (IT Festival e AV Turnè), Elena Guerrini (compagnia Elena Guerrini), Tiziano Panici (Dominio Pubblico), Gianni Parrella e Clara Sancricca (Collettivo Controcanto), Daniele Villa (Sotterraneo).

LE AVVENTURE: le prospettive, le trasformazioni, i progetti di questi ultimi anni. Sviluppo e creazione di reti, bandi, (e non solo), modalità di selezione, promozione e accompagnamento efficaci o meno, comunque originali rispetto al sistema distributivo tradizionale: Raimondo Arcolai (RTO NID Platform), Selina Bassini (Rete Anticorpi XL), Raimondo Brandi (Teatroxcasa), Davide D’Antonio (Associazione ETRE, esperienze teatrali di residenza), Daniela Giuliano (compagnia Virgilio Sieni), Elena Lamberti (CReSCo), Fabio Masi (Armunia – Festival Inequilibrio Castiglioncello), Luca Mazzone (Teatro Libero Palermo), Matteo Negrin (Piemonte dal vivo – Glocal sound), Fabrizio Trisciani (In-Box, Siena/Italia), Gerarda Ventura (Anghiari Dance Hub).

IL RITORNO: come le istituzioni e le organizzazioni consolidate (teatri, circuiti, festival) affrontano il “rischio culturale” e la valorizzazione della creatività emergente, come accolgono proposte giovani/innovative nelle programmazioni. Claudio Ascoli (Chille de la Balanza), Patrizia Coletta (Fondazione Toscana Spettacolo onlus), Franco D’Ippolito (Teatro Metastasio di Prato), Ilaria Fabbri (Regione Toscana), Rodolfo Sacchettini (Associazione Teatrale Pistoiese),  Rosa Scapin (Operaestate Festival Veneto & CSC Centro per la Scena Contemporanea)

La trilogia della vlleggiatura, regia di Luca De Fusco, 2013

 

IL GRUPPO DI LAVORO SULLA DISTRIBUZIONE DI ATEATRO
Nel 2016 Ateatro ha attivato un gruppo di lavoro dedicato al tema della distribuzione. Resoconto e interventi della prima fase di discussione “Teatri e circuiti: la funzione pubblica e la qualità nella programmazione di spettacolo” sono pubblicati in Mimma Gallina e Oliviero Ponte di Pino, Oltre il decreto. Buone pratiche fra teatro e politica, Franco Angeli, Milano, 2016. Nel mese di maggio 2017, il gruppo di lavoro allargato e composto da Paolo Cantù, Roberto Canziani, Patrizia Coletta, Davide D’Antonio, Mario Ferrari, Mimma Gallina, Anna Guri, Luca Mazzone, Michele Mele, Maria Grazia Panigada, Oliviero Ponte di Pino, Luca Ricci, Stefano Salerno, Rosa Scapin, ha avviato la discussione a partire da un elenco di temi:
1. multidisciplinarietà
2. modalità di selezione dei gruppi giovani
3. la funzione e le prospettive delle residenze
4. riequilibri territoriali
5. modalità di confronto fra i direttori di teatri/circuiti, fra loro e con le compagnie
6. indirizzi di programmazione, formazione del pubblico e rapporto quantità/qualità.
Nello stesso incontro e nei successivi, si è deciso di approfondire il tema dei meccanismi di selezione, innovazione e rischio culturale: un’analisi dei meccanismi di selezione (bandi e dintorni), per cercare di conciliare risorse e propensione all’innovazione nei criteri di programmazione di un teatro, un circuito, un festival.

Resoconto completo in
https://www.ateatro.it/webzine/2017/09/04/colli-di-bottiglia-della-distribuzione/
di cui ripropongono le considerazioni finali

I colli di bottiglia della distribuzione

Non tutto è colpa del Decreto e della contrazione delle risorse pubbliche, ma indubbiamente in questi tre anni alcuni processi degenerativi in atto nel sistema distributivo sono precipitati.
L’eccesso di produzione (il numero di spettacoli complessivamente prodotti), deriva, sul fronte istituzionale – e delle organizzazioni finanziate nel loro complesso – dal rapporto dei meccanismi del Decreto con la contrazione del mercato. Come si è detto in più occasioni, questo fenomeno è in atto da più di dieci anni, ed è in gran parte riconducibile alla contrazione delle risorse locali, ma dal 2015 a oggi, per raggiungere i numeri richiesti e migliorare i dati quantitativi, è risultato più facile e premiante iper-produrre che rilanciare la distribuzione.
Nell’area più giovane, innovativa e non finanziata (almeno non a livello statale), l’attrazione che il teatro riveste presso i giovani (un elemento da considerare in sé positivo) si intreccia con il problema più generale della disoccupazione giovanile (in assenza di sbocchi, perché non il teatro?), con la dispersione e l’assenza di politiche coordinate nella formazione, con l’inadeguatezza dei meccanismi di selezione.
L’iperproduzione ha contribuito a una trasformazione radicale delle “stagioni”, soprattutto in città come Milano ma non solo: teniture molto brevi per gli spettacoli ospiti, ospitalità spot, micro-festival diffusi, presenza pervasiva (ma dispersiva) di produzioni delle organizzazioni stabili, assenza di investimento sulla durata.
Quasi tutti i partecipanti all’incontro hanno sottolineato come la (o la principale) soluzione sia nel pubblico: il pubblico come risorsa economica, come comunità di riferimento, come unico soggetto in grado di legittimare una funzione in crisi. L’obiettivo è la crescita del pubblico in termini quantitativi e la formazione del pubblico: quindi si persegue la capacità di reperire nuovo pubblico – e non pubblico – ma anche di orientarlo verso scelte più consapevoli e aperte al contemporaneo. (Varrebbe la pena a questo proposito di analizzare sistematicamente le programmazioni di circuiti e teatri comunali: come si è detto il punto di partenza delle scelte di programmazione sono le risorse, e il fattore “chiamata” viene prima delle valutazioni culturali: ma la “chiamata” non è un fatto oggettivo, in particolare se ci si rivolge a un “non pubblico”).
La necessità che il pubblico cresca è una consapevolezza diffusa, da cui però non sempre discendono scelte conseguenti. Tutti parlano di audience development ed engagement, ma non ci sono finanziamenti per sostenerne le pratiche (se non a livello europeo: e si sa quanto siano complessi e selettivi i progetti europei).
Sul fronte della selezione si sono diffuse, in crescendo negli ultimi dodici, forse quindici anni, modalità che hanno suscitato inizialmente grandi entusiasmi (almeno presso i più giovani): soprattutto i bandi, che prospettano pari opportunità (rappresentano la convinzione, o l’illusione, di essere tutti uguali al nastro di partenza).
Alcuni bandi hanno visto nascere reti nazionali di soggetti (circuiti, teatri) che hanno messo in comune la funzione della selezione, premiando i migliori con sbocchi distributivi (InBox, Anticorpi): pratiche positive, certo con molte luci, ma anche con qualche ombra che varrebbe la pena di analizzare, a maggior ragione se la tendenza è quella di replicare il meccanismo. La forma del bando si è diffusa capillarmente, diventando di fatto la principale modalità di accesso al sistema per i gruppi giovani e innovativi, sostituendo in molti casi (almeno a livello intermedio: medi-piccoli festival, medi-piccoli teatri comunali e innumerevoli iniziative private) la funzione principale della direzione artistica. Più che selezionare, questi bandi hanno ampliato le potenzialità apparenti del sistema, e lo hanno fondamentalmente impoverito, svuotando di valore economico il lavoro artistico giovane: a parità di requisiti, il “premio” può essere di 1, 10, 100, come in una lotteria.
Restando sul terreno economico, una volta abbordato il tema della selezione, il problema più grave è l’assenza pressoché totale di adeguati sostegni alla produzione dei gruppi giovani più meritevoli. A meno che non concretizzino rapporti di coproduzione di non facile gestione con organizzazioni istituzionali, o collaborazioni alla produzione con i festival (che si stanno a loro volta impoverendo), i gruppi non riescono a reperire sul mercato (quello distributivo tradizionale o quello dei bandi) il plusvalore necessario a coprire i costi produttivi. In questo senso anche la funzione delle Residenze si è dimostrata ambivalente: il sistema offre spazi e opportunità, ma quasi mai risorse. In questo modo, un’intera generazione sta uscendo dai meccanismi consolidati della filiera produzione/distribuzione teatrale tradizionale, senza avere avuto a oggi la possibilità o la capacità di costruire un’alternativa professionale (ovvero “professionistica”).
Dal gruppo di lavoro, dalle testimonianze di tutti, è emerso anche come esista un’arte del programmare e un’arte del distribuire: anche queste competenze si stanno perdendo, mentre andrebbero formate e alimentate.




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