BP04: Kilowatt Festival La selezione dei visionari

(accesso e visibilità)

Pubblicato il 15/12/2007 / di / ateatro n. #BP2007 , 114

Partiamo dalla fine: ci sono 22 persone che ogni settimana, di sera, si riuniscono per vedere 15-20 minuti di alcuni video di spettacoli teatrali appena realizzati da giovani compagnie professionali, in tutta Italia. Lo scopo è selezionare 7 spettacoli da presentare alla prossima edizione del festival “Kilowatt, l’energia del nuovo teatro”. Questi spettatori–selezionatori si sono definiti “I Visionari”: la loro particolarità è che nessuno tra loro si occupa di teatro a titolo professionale. I Visionari sono studenti, insegnanti, commesse, c’è una libraia, un autista dei pullman, una commessa della Coop, un operaio della Buitoni, una segretaria d’azienda.
Tutto questo si svolge in Valtiberina Toscana, in una zona appenninica al confine tra Umbria, Marche e Romagna, dove abitano poco più di 30.000 persone sparse tra sette differenti e piccoli Comuni. Il centro principale è Sansepolcro (15.000 abitanti), e poi ci sono Anghiari, Pieve Santo Stefano, Monterchi, Caprese Michelangelo, Badia Tedalda e Sestino.
E ora torniamo indietro, all’inizio.

È luglio del 2003 e proprio a Sansepolcro un gruppo di tre giovani teatranti della zona (Luca Ricci, Lucia Franchi, Mirco Ferrara), appena costituitisi in associazione culturale, col nome di CapoTrave, inventano, progettano e realizzano un festival teatrale estivo dedicato all’innovazione e ai giovani. Da subito, il festival si pone l’obiettivo di essere insieme innovativo e popolare. Tra le proposte più interessanti del panorama italiano vengono invitati quegli artisti che usano la loro ricerca per comunicare con un pubblico, il più possibile vasto (tra gli altri, I Sacchi di Sabbia, Oscar De Summa, Toni Tagliarini, Accademia degli Artefatti, Andrea Cosentino, Tony Clifton Circus, Edgarluve, Leonardo Capuano, Roberto Abbiati, CapoTrave). A livello organizzativo e delle strategie di comunicazione, gli organizzatori del festival lavorano per portare a teatro gli adolescenti della zona, gli immigrati riuniti in associazione, i ragazzi che fanno parte di gruppi giovanili, band musicali, gruppi politici, insomma, la parte viva della città. Molti di questi spettatori non sono abituali frequentatori di teatri, tanto meno d’innovazione. L’idea è quella di dare agli artisti un pubblico vero, non il “pubblico da festival”, cioè quello composto quasi esclusivamente da addetti ai lavori. In media, vengono staccati circa 500 biglietti per ogni edizione del festival.
Nel 2006 la Provincia di Arezzo decide di investire su Kilowatt e chiede ai promotori di estenderlo agli altri sei Comuni del territorio: 7 palchi diversi, 14 spettacoli. Ed è in quella occasione che gli spettatori del festival trovano sulle loro sedie un foglio che dice: “Partecipa alla scelta degli spettacoli per Kilowatt 2007”. Rispondono in 12, nasce il gruppo de “I Visionari”.
Da febbraio a marzo del 2007, i Visionari si riuniscono tutte le settimane, per vedere i video che arrivano alla selezione. Giungono 120 dvd, di cui 102 corrispondono ai requisiti del bando. I Visionari li vedono uno ad uno, cercando ogni volta i criteri per avvicinarsi alle opere presentate. Discutono tra loro, a volte litigano, altre chiedono ai teatranti di Capotrave una mediazione o un consiglio. L’ultimo mese devono riunirsi per ben 3 sere alla settimana. Arrivano in fondo al lavoro in 9. E scelgono 5 spettacoli di altrettante compagnie che vengono presentati a Kilowatt 2007: Muta Imago, Malebolge di Lucia Calamaro, Zaches Teatro, Primaquinta di Aldo Rapè, Claudia Galiazzo.
Sono proposte complesse, completamente libere da quei vincoli economici e di garanzia di risultato che avrebbe seguito qualsiasi direttore artistico, sono proposte che mettono da parte i criteri del bello, spettacoli che non compiacciono e quindi si espongono al rischio d non piacere.
Gli spettacoli vengono presentati al festival 2007, il pubblico li apprezza, alcuni più, altri meno, e altrettanto fa un gruppo di operatori invitati a monitorare l’esperimento. Di questo gruppo, non a caso denominato “I Fiancheggiatori” (l’idea è che si mettano a fianco dei Visionari e delle compagnie, non in cattedra…), fanno parte: Luca Scarlini, Valeria Ottolenghi, Roberto Ricco del Kismet di Bari, Giuseppe Romanetti del Teatro di Casalmaggiore (Cr), Rodolfo Sacchettini e Maria Paiato. Insieme, Visionari e Fiancheggiatori producono un Documento di Visione che viene consegnato alla riflessione delle compagnie.
Ed ecco che per l’edizione del 2008 sono 22 i Visionari che chiedono di partecipare alla selezione.

Questa pratica, buona o cattiva che sia, è figlia dell’idea che il pubblico debba tornare al centro dei processi di creazione dello spettacolo dal vivo. Pasolini lo diceva già nel suo manifesto del 1968, che il pubblico del nuovo teatro dovrà stare in dialogo con gli artisti. Spesso è successo il contrario: che gli artisti hanno creato le loro opere in totale distanza dal pubblico, che il pubblico ha avuto la possibilità di seguirli ma non è quasi mai stato incoraggiato a farlo, e la mediazione tra pubblico e artisti è stata completamente delegata ai direttori di teatri e festival, che si sono trasformati in ventriloqui di un presunto gusto del proprio pubblico, con la neppure velata considerazione che lo spettatore sia incapace di tutelarsi da sé nell’incontro con uno spettacolo.
Un progetto come quello dei Visionari parte dalla domanda sul perché il pubblico abbia perso consuetudine col teatro. E, pur nella convinzione che il teatro è e resterà esperienza di nicchia, risponde con la convinzione che un pubblico maggiore possa “agganciarsi” al teatro d’innovazione contemporaneo. Quindi è qualcosa di più di una provocazione l’idea di sovvertire i criteri di organizzazione del rapporto tra il sistema dello spettacolo e il pubblico. È un’idea di politica culturale.
Il rischio è che, nel tempo, gli stessi Visionari diventino esperti, che cominciano ad adottare i criteri di un direttore artistico, che sotto la pressione delle eventuali critiche di futuri spettatori, o degli operatori, o delle compagnie escluse, finiscano per emulare il meccanismo di scelta degli esperti.
Per adesso il rischio è lontano: I Visionari si lasciano guidare da intuizioni spesso confuse nelle argomentazioni, ma chiarissime nel loro orientamento. Gli spettacoli che scelgono sono quelli che più si espongono a un rischio di relazione col pubblico.
Come dato oggettivo c’è che quest’anno il festival ha superato i 1.000 spettatori nelle 18 repliche proposte. È un numero che doppia quello dell’anno precedente, che certo nasce da un maggiore sforzo di comunicazione, ma forse è la risposta di un territorio che comincia a sentirsi coinvolto in un progetto. Uno spettatore – non era neanche un Visionario – ha detto: “Mi avete fatto pensare che il teatro non inizia né finisce quando mi siedo in sala, ma ha un prima e un dopo con cui si può entrare in contatto”.

Roma, 12 novembre 2007
www.kilowattfestival.it

Kilowatt_Festival

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