Una Casa nova per allievi e maestri alla festa del Teatro Goldoni
Nasce la Compagnia Giovani dello Stabile del Veneto
Verso la fine dello spettacolo, il teatro resta improvvisamente senza corrente elettrica: scattano le luci di emergenza, la commedia s’interrompe, il pubblico applaude incoraggiante. Poi gli attori riprendono a recitare in penombra portando a termine l’opera in un’atmosfera che, se si accendesse qualche candela, potrebbe sembrare fatta apposta per ritornare al Settecento in cui è ambientata la vicenda. È invece il fuori programma che ha segnato il debutto de La casa nova di Carlo Goldoni, per la regia di Giuseppe Emiliani, nel teatro che Venezia dedicò al grande riformatore giusto quarant’anni fa. Il Teatro Goldoni, sede dello Stabile del Veneto, fu infatti riaperto nel 1979, dopo più di trent’anni di chiusura, con la fortunatissima Locandiera di Giancarlo Cobelli interpretata da Carla Gravina. È il più antico teatro di Venezia ancora oggi esistente, essendo stato costruito nel 1622 dalla famiglia Vendramin, da cui prese il nome (ma verrà chiamato anche San Salvador e poi San Luca). Proprio lì 260 anni fa Goldoni, lasciato dal 1753 il Teatro Sant’Angelo in contrasto con il capocomico Girolamo Medebach, portò in scena per la prima volta La casa nova nel 1760 e l’anno seguente i capolavori della sua ultima stagione veneziana: La trilogia della villeggiatura, Sior Todero brontolon, Le baruffe chiozzotte e Una delle ultime sere di carnovale.
Non poteva esserci modo migliore per festeggiare il duplice anniversario: una produzione goldoniana che ha visto perla prima volta in scena gli attori della Compagnia Giovani dello Stabile nata grazie al Modello Veneto TeSeO (Teatro Scuola e Occupazione), il programma formativo rivolto ai giovani talenti frutto di un accordo di programma tra la Regione del Veneto e lo Stabile. Gli ex allievi dell’Accademia Palcoscenico di Padova e dell’Accademia Teatrale Veneta di Venezia (confluite ora nella Scuola Teatrale d’Eccellenza) sono stati coinvolti in un progetto che prevede nell’arco del triennio 2019-2021 un totale di 72 contratti di scrittura per altrettanti attori, garantendo loro la possibilità di lavorare con lo Stabile del Veneto. Ogni anno verranno avviati tre o quattro percorsi laboratoriali, corrispondenti ad altrettanti spettacoli, in cui gli allievi saranno guidati e affiancati da professionisti qualificati, registi, drammaturghi, scenografi, costumisti e attori di grande esperienza.
La casa nova di Emiliani è fresca e gradevole, un riuscito gioco di caratteri che al vivace minuetto delle figure borghesi caricaturizzate nelle loro pose da parvenus contrappone la concretezza burbera delle maestranze impegnate nell’infinito trasloco e la schiettezza della servitù. Il ritmo in crescendo dei dialoghi è esaltato dall’incrociarsi incalzante di entrate e uscite che ben rendono la dimensione di provvisorietà della nuova abitazione di Anzoletto e Cecilia, i protagonisti della commedia, spiantati ma smaniosi di apparire più di quel che sono e di ostentare ricchezze che non possiedono. I delicati cromatismi dei costumi di Stefano Nicolao sembrano staccarsi dall’affresco scenografico di Federico Cautero, prospetticamente risolto con una Venezia virtuale proiettata sullo sfondo, dietro una struttura funzionale alle alterne scene ambientate nell’appartamento dei novizie in quello, al piano superiore dello stesso palazzo, di, due sorelle curiose e pettegole. Segnando anche architettonicamente lo stacco tra disordine e sobrietà, tra nuova e vecchia borghesia nella struttura sociale della Venezia settecentesca, la commedia vede dunque il contrasto morale fra i capricci di Cecilia e la debolezza di Anzoletto da una parte e la condotta di Checca e Rosina, ancora rispettosa dei “sani principî” della laboriosa classe mercantile, dall’altra. Sarà la sagace serva Lucietta a procurare l’intervento decisivo di Cristofolo, parente ricco e integerrimo, che pagherà i debiti del nipote Anzoletto e convincerà i due sposi ad abbandonare la nuova casa, troppo grande e costosa per le loro finanze. Il vecchio “burbero benefico” combinerà anche il matrimonio fra Lorenzino (cugino di Checca e Rosina) e Meneghina (sorella di Anzoletto) determinando un salutare incrocio dinastico all’insegna dell’antica moderazione.
Un banale trasloco, dei cui fastidi Goldoni aveva recente esperienza, come racconta egli stesso nei Mémoires, diventa dunque il pretesto per una critica esplicita alla decadenza della città lagunare, con linguaggio e caratteri «tutti presi dalla natura». Ai due livelli del palazzo corrisponde anche la distribuzione delle parti di questo allestimentoto: al piano superioreinterpreti di lungo corso come Piergiorgio Fasolo (Cristofolo), Stefania Felicioli (una bravissima Checca) e Lucia Schierano (Rosina); al piano inferiore gli attori della Compagnia Giovani:Simone Babetto, Andrea Bellacicco, Maria Celeste Carobene, Eleonora Panizzo, Cristiano Parolin, Filippo Quezel, Federica Chiara Serpe, Leonardo Tosini, tutti già piuttosto credibili e affiatati.Lo spettacolo sarà in tournée da gennaio a marzo 2020.
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