La “beffa” del Teatro Goldoni
Ricordare un'incredibili impresa partigiana per festeggiare il 25 aprile
Il 12 marzo 1945 , in una Venezia occupata dai nazisti, il Teatro Goldoni fu la scena di uno degli episodi più clamorosi di quella stagione. Non un fatto di sangue, ma una beffa imprevedibile, dal sapote metateatrale. Non a caso su quel palcoscenico si recitava un testo di Luigi Pirandello.
A partire dal racconto di Giuseppe Turcato, il comandante “Marco” (La Beffa del teatro Goldoni. 12 marzo 1945, Venezia, 1985), Roberto Cuppone ha tratto un breve testo teatrale, che ricostruisce l’episodio.
La “beffa” del Teatro Goldoni
NARRATORE: Marzo 1945, tira vento di primavera. La Brigata Garibaldi “Francesco Biancotto” di Venezia ha subito numerosi arresti.
PARTIGIANO 1: Ma i partigiani reagiscono, compattano le fila, reclutano nuovi compagni.
PARTIGIANO 2: E vecchie armi…
PARTIGIANO 3: “Alcune Berettta, due vecchie Mauser, una Nagant”, perfino “pistole di fabbricazione ottocentesca”…
PARTIGIANO 1: …che se non servissero a sparare sembrerebbero perfetti oggetti di scena.
PARTIGIANO 2: Perché ormai è tempo di muoversi. Che fare?
PARTIGIANO 3: “Fin dal principio è la sproporzione fra le forze in campo e la necessità della massima visibilità a far scegliere una performance spettacolare”…
NARRATORE: …il Teatro.
PARTIGIANO 1: “Il Teatro Goldoni faceva al caso nostro in quanto la sua topografia presentava una prospettiva favorevole”.
PARTIGIANO 2: “Non fu troppo difficile per Kim e Michele e gli altri entrare più di una volta in teatro, mischiandosi con comparse e fornitori”.
PARTIGIANO 3: “La posizione da attaccare poteva sembrare sguarnita” e nello stesso tempo “era una di quelle da loro governate ed appartenenti al loro prestigio”.
NARRATORE: Da loro? Da loro? Il teatro dei Vendramin e di Goldoni, di Gustavo Modena, Moro Lin, Gallina, Zago e Benini, il Goldoni dei veneziani (!), come era potuto diventare questa realtà espropriata, di quelle “da loro governate”? È una stagione di scelte difficili, per gli artisti di spettacolo, fra disoccupazione o collaborazionismo; del tentativo della Repubblica di Salò di portare Cinecittà in
Giudecca – dal 1943 – delle defezioni diplomatiche di alcuni divi, dell’adesione invece di Doris Duranti, amante di Pavolini, di Claudio Gora e di Marina Berti; e soprattutto di Luisa Ferida e Osvaldo Valenti, che due anni dopo finiranno “giustiziati” per la strada; di quel soprannome di Emilio Baldanello, “prezzemolino del cinema di Salò”, del presenzialismo di Baseggio troppo facilmente “dimenticato”. Sempre nel 1943, dopo il fatidico settembre, la riapertura del Goldoni è affidata ai Micheluzzi, con vecchi Balconi e noiose Baruffe; o a Baseggio, con Baldanello e l’ultimo dei Micheluzzi, Tonino: Rocca, Gallina, Testoni – sempre uguali. Il comandante Turcato, quando parla di un Goldoni ormai “loro”, ha negli occhi questa programmazione stanca e compiacente; e soprattutto il parterre dei gerarchi che ha applaudito l’ultima roboante tournée di Benassi, tra dicembre e gennaio: D’Annunzio, Niccodemi.
PARTIGIANO 2: È deciso, l’obiettivo è riconquistare il Goldoni, il teatro di Venezia.
PARTIGIANO 1: Era il momento giusto: “da più sere la compagnia Zareschi-Crisman replicava la commedia Vestire gli ignudi di Luigi Pirandello e avendo visto sempre il pubblico rimanere sorpreso di fronte ai mutamenti di scena creati dalla fantasia del nostro commediografo ne ho tratto le conseguenze del caso […] I fascisti […] non avrebbero mai potuto immaginare […] una azione di quella sorta, al limite dell’irrisione, inserita in un meccanismo teatrale che consentiva la presenza in scena di personaggi-attori che attori non erano,
nel quadro di una finzione che avrebbe potuto essere suggerita, forse, dall’altro io, Pirandello”.
NARRATORE: Partigiani maschere nude; uno nessuno centomila.
PARTIGIANO 2: La compagnia: Franco Arcalli, Ivone Chinello, Ottone Padoan, Giovanni Citton, Renato De Faveri, Giovanni Dinello, Giovanni Guadagnin, Otello Morosini, Mario Osetta, Delfino Pedrali, Mario Borella, Giacomo Tenderini, Giuseppe Vecchi, Maria Teresa Dorigo, Gina De Anna, Luigi Busulini, Carlo Fevola.
PARTIGIANO 3: In locandina con i nomi di Kim, Cesco, Michele, Moro, Oc, Borel, Gin, Totò, Leo, Gastone, Livio, Massimo, Vianello, Alice, Gigio e Carletto. Tutti nomi d’arte, presi dal dialetto, dal cinema, dal romanzo d’appendice.
PARTIGIANO 2: Regista dell’operazione, Giuseppe Turcato, il comandante “Marco”.
PARTIGIANO 1: L’operazione è prevista per l’11 marzo.
PARTIGIANO 2: Tenderini, caricando le armi, si ferisce a un braccio.
PARTIGIANO 1: Si va avanti lo stesso.
PARTIGIANO 3: Il commando è in portineria, pronto a fare irruzione…
PARTIGIANO 2: Le sirene!
NARRATORE: Non resta che rinviare la messinscena. Ma non di molto, perché Pirandello non può aspettare; è già in cartellone. All’indomani, finalmente, il colpo di mano.
PARTIGIANO 1: 12 marzo 1945, è scuro da poco.
PARTIGIANO 2: Una barca ci lascia sulla Riva del Carbon, e ci aspetta.
PARTIGIANO 3: Intanto in scena la Zareschi è Ersilia in quel suo “vestitino celeste, decente, un po’ sciupato”, mentre confessa il suo antico peccato al romanziere Ludovico Nota (Nino Crisman).
LUDOVICO Ah come è vero! Com’è vero! E fu lo schifo, allora, il raccapriccio di quel vano, laido tentativo… Perfetto! Perfetto! No… Piangi? E perché ormai? No, no…
ERSILIA Mi lasci… Me ne lasci andare adesso.
LUDOVICO Come! Che dici? Perché?
ERSILIA Ora che sa questo…
LUDOVICO Ma se già lo sapevo! Lo sapevo!
ERSILIA Come lo sapeva?
LUDOVICO Perché me l’ero immaginato! Non hai visto? In tutto perfettamente… È così giusto!
ERSILIA Ma io ho tanta vergogna…
PARTIGIANO 2: Secondo la didascalia di Pirandello: “scoppia un frastuono improvviso e violento giù nella via. Fracasso di carri, baccano, grida minacciose, grida d’imprecazione, fischi, bestemmie”.
PARTIGIANO 1: Magari c’erano anche quelle, perché nella realtà “d’improvviso gli spettatori avvertono dei rumori sordi, uno scalpiccio, provenienti da dietro le quinte”; hanno proprio l’aria di non essere preparati.
PARTIGIANO 3: Gli attori accusano, improvvisano un po’.
PARTIGIANO 2: Esce di scena il primo e viene immobilizzato.
PARTIGIANO 3: Esce allora Crisman: stessa sorte.
PARTIGIANO 2: Rimasta sola in scena, la Zareschi capisce, sbianca, si scusa col pubblico, vede i partigiani, sviene.
PARTIGIANO 1: “O finge”. Ventisette anni, prima volta in cartellone, l’argentina Elena Zareschi, diplomata al Centro Sperimentale di Cinematografia, ha al suo attivo collaborazioni con Bragaglia, Forzano, Benassi, Borboni…
PARTIGIANO 2: …ma non l’esperienza o l’autonomia di fare una scelta che non sia quella di non farne nessuna. E sviene.
PARTIGIANO 1: Sono le 21:16, indimenticabili.
PARTIGIANO 3: “Mascherati e armi in pugno, entrano in scena Padoan, Arcalli e Chinello”, in arte Michele, Kim e Cesco.
PARTIGIANO 2: “Nessuno si muova!”
PARTIGIANO 3: È Giovanni Citton, dalle quinte.
PARTIGIANO 2: “Se in teatro c’è spia e traditore fascista venga fuori che riceverà piombo partigiano!”
PARTIGIANO 3: Chinello si fa in ribalta, qui Arcalli e lì Padoan; e legge. No, non è più Pirandello.
PARTIGIANO 1: “Veneziani, l’ultimo quarto d’ora per Hitler e i traditori fascisti sta per scoccare. Lottate con noi per la causa della Liberazione nazionale e per lo schiacciamento definitivo del nazifascismo. La Liberazione è vicina! Stringetevi attorno al Comitato di Liberazione Nazionale e alle bandiere degli eroici partigiani che combattono per la libertà d’Italia dal giogo nazifascista. Noi lottiamo per poter garantire, attraverso la democrazia progressiva e l’unità di tutti i partiti antifascisti, l’avvenire e la ricostruzione della nostra patria. A morte il fascismo! Libertà ai popoli! Viva il Fronte della Gioventù!”
NARRATORE: Le battute sono scolpite una ad una, ancora nella memoria di Turcato. Che si congeda teatralmente. Ci manca solo l’inchino.
PARTIGIANO 1: “Signore e signori, buonasera e arrivederci”.
PARTIGIANO 2: A bocca aperta, in seconda fila, quattro marò della X Mas.
PARTIGIANO 3: “Non pochi ministeriali di Salò, ufficiali e militi della Guardia Nazionale Repubblicana, delle Brigate Nere, della Werhmacht, della Kriegsmarine”, in divisa e armati.
PARTIGIANO 2: Dai palchetti piovono manifestini come in un finale verdiano, risorgimentale.
NARRATORE: Come in effetti vedremo al cinema nel 1954 in Senso di Visconti, dove però il teatro sarà la Fenice, e lo straniero gli Austriaci.
PARTIGIANO 1: Un ultimo avvertimento, prima di darsi alla fuga. “Attenti, il teatro rimane circondato per mezz’ora”.
NARRATORE: Si divertono, i partigiani…
PARTIGIANO 1: Non è vero, ma la finzione ci dà tutto il tempo di prendere la barca.
PARTIGIANO 2: E intanto in teatro restano, mescolati al pubblico, a godersi il suo stupore, il “regista” Turcato, con gli “attori” Alice, Gina e Livio e Carletto Fevola, travestito da finanziere.
PARTIGIANO 3: Ore 22: arrivano tutti, la Guardia Nazionale, le Brigate Nere, la X Mas: ma non possono che leggersi i volantini rimasti sulle poltrone o strapparli di mano agli ultimi spettatori.
NARRATORE: Il giorno dopo l’avvenimento è sulla bocca di tutti.
PARTIGIANO 2: Telegramma del capo della Provincia Barbera al Ministero dell’Interno.
PARTIGIANO 3: “Ore 21 circa ieri durante primo atto questo teatro Goldoni, gruppo dieci individui armati pistola et viso mascherato, penetrati attraverso accesso riservato artisti, dopo immobilizzato personale et vigili et chiusi accessi platea, portavansi tre dei predetti sul palcoscenico et uno parlava al pubblico, dichiarandosi inviato Comitato Liberazione per annunziare prossima fine Fascismo et Nazismo et caduta Duce et Fuehrer, esortando presenti ad associarsi opera liberazione. At fine discorso venivano lanciati manifestini ciclostile riportanti invito popolazione ad associarsi movimento liberazione nazionale. Predetti, protetti minaccia armi et profittando stato emozione presenti, riuscivano ad allontanarsi indisturbati. Nessun incidente. Disposte attivissime indagini”.
NARRATORE: Il colonnello Reichel della Platzkommandatur, offre l’incolumità pur di conoscere i responsabili…
PARTIGIANO 1: “Toll! Unbesonnen diese italiener!”, “Fantastico! Però, questi italiani!”.
PARTIGIANO 2: E la notizia vola: Radio Lugano, Radio Londra, Radio Mosca.
PARTIGIANO 1: “L’indomani fu tutto nostro. Una giornata piena di sole, l’avvenimento era diventato ormai di dominio pubblico. Il popolo veneziano sceso nelle strade sorrideva […] La nostra gente, a testa alta, faceva propria e rivendicava la beffa partigiana”.
PARTIGIANO 2: E quel sito, quella casa del teatro che per più di tre secoli era sempre stato di chi ci andava.
PARTIGIANO 3: Un teatro ormai diventato salotto di gerarchi e di collaborazionisti; un teatro dal repertorio compiacente e insulso; un teatro dove neppure gli ultimi epigoni di quella grande tradizione veneta riuscivano ad alzare la testa o a far di più che riproporre pallidi riflessi della propria tradizione. In quel teatro finalmente – e forse per la prima volta nella sua storia secolare – a diventare attori sono i Veneziani e la libertà.
Nota per i cinefili Franco “Kim” Arcalli è stato attore (in Senso di Visconti) sceneggiatore (con Tinto Brass, Seergio Leone, Bernardo Bertolucci) e ha lavorato al montaggio di diversi capolavori di Michelangelo Antonioni, Giuseppe Patroni Griffi, Eriprando Visconti, Bernardo Bertolucci, Liliana Cavani.
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