Geronimo La Russa entra nel Consiglio di Amministrazione del Piccolo Teatro di Milano

La nomina meritocratica del figlio del presidente del Senato

Pubblicato il 10/11/2023 / di / ateatro n. 189

Si completa la composizione del CdA del più prestigioso teatro italiano. Dopo l’ingresso di Geronimo La Russa, figlio del presidente del Senato, designato dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, il Sindaco di Milano sta procedendo alla nomina di Giulia Amato, a lungo a capo del Settore Cultura del Comune, e del notaio Piergaetano Marchetti (presidente di BookCity Milano), che dovrebbe dovrebbe presiedere il nuovo CdA, subentrando a Salvatore Carrubba.

Promemoria 1: Fascismo e antifascismo

Palazzo Carmagnola, via Rovello 2, primavera 1945.

La Legione autonoma mobile Ettore Muti fu un corpo militare della Repubblica Sociale Italiana, che operò dal ‘43 al ‘45, con compiti di polizia politica e lotta armata alla Resistenza. Composta principalmente da elementi del fascismo milanese (in gran parte pregiudicati ed ex detenuti di San Vittore), divenne tristemente nota in tutto il Nord Italia per le efferatezze perpetrate ai danni di partigiani e dissidenti del regime mussoliniano, tanto che Beppe Fenoglio, ne Il partigiano Johnny, li bollò definendoli “lazzaroni armati fino ai denti”.
La cosa che più faceva accapponare la pelle a chiunque fosse entrato nel palazzo di via Rovello (ex Filodrammatica) dopo la fine della guerra, oltre al generale disfacimento dello stabile, era lo stato in cui erano ridotti i camerini, trasformati in celle. In quelle minuscole prigioni erano ancora presenti tracce di sangue sui muri, scritte e nomi, perché lì erano state compiute le peggiori torture e sevizie ai danni dei partigiani.
(Dino Messina, Da carcere a luogo di cultura, così nacque il Piccolo Teatro, “Corriere della Sera”, 18 marzo 2021)

I Dioscuri vengono convocati a febbraio per il sopralluogo, e Strehler è stato a lungo a letto per una pesante influenza. Si presenta, anche se non è perfettamente guarito, si barda, smanioso di scoprire dove potrà mettere radici il loro teatro. Entrano dal cortile e Paolo Grassi è costretto a sferrare un calcio alla vecchia porta di legno, sbarrata da un lucchetto con la scritta offlimits.

Via Rovello 2: la lapide sulla facciata di Palazzo Carmagnola

Una volta dentro, fanno fatica a scorgere i resti di quella che è stata una sala. Manca la corrente, e man mano che gli occhi si abituano al buio, si evidenziano i calcinacci, le poltrone rotte, le balconate distrutte. “La visione non era esaltante,” ricorda Strehler, “impraticabile la piccola platea devastata dai soldati, nudo l’angusto palcoscenico che doveva fare sette metri di apertura e quattro di profondità, tirato a metà lo sbrindellato sipario.”
Ma a un certo punto dal lucernario filtra un raggio di sole che attraversa il palcoscenico come una spada. “Era come un proiettore meraviglioso. Il sole aveva fatto lo spettacolo per noi. Io dicevo: “Ma guarda, sembra che abbiano fatto apposta ľilluminazione!”
Paolo chiede a Giorgio: “Ci buttiamo in questa avventura?”
Strehler alza il bavero del cappotto, chiede tempo, va a sedersi in platea. Vuole essere lasciato solo.

Giorgio Strehler nell’Albergo dei poveri (1947) (foto Claudio Emmer)

Guarda il minuscolo palcoscenico, senza sfoghi laterali, l’impianto luci praticamente inesistente, se non per due proiettori sopravvissuti ai saccheggi. I camerini sono senza acqua, la platea ristretta. Ma la sua fantasia già lavora. Vede l’Alioscia dell’Albergo dei poveri di Maksim Gor’kij suonare la sua fisarmonica; si immagina, sullo sfondo, la sala da pranzo delle Notti d’ira di Salacrou con i partigiani che sognano di far saltare i nemici sul ponte.
Si esalta e si placa. Ha paura di giocarsi la faccia e il suo futuro di uomo di teatro in quel buco. (…) Strehler fa mente locale su tutti gli autori che ha tra le dita: Goldoni, Shakespeare, Pirandello, Cechov, Camus, Sartre, O’Neill. “Scorrevo nella mia testa quello che si poteva fare per questioni di spazio.” Accettare voleva dire precludersi la possibilità di mettere in scena pièce con cinquanta attori, ma voleva anche dire trasformare un luogo di dolore e di oppressione in una culla di bellezza.
“Per dieci anni può andare,” si dice, non sapendo che sarebbe diventata la sua casa per il resto dell’esistenza, e che proprio a causa di quella casa così magnetica, per la maggior parte della sua vita non avrebbe mai sentito la necessità di comprarne una di proprietà per sé.
“Sono rimasto lì a lungo, sembra.”
Una, due, tre, quattro ore, a seconda della persona cui acconta la storia. “So che Grassi a un certo punto torna e mi chiede: ‘Cosa fai? Vuoi diventare una stalattite?’”
“Se tu te la senti, io me la sento,” gli risponde Strehler.
(Cristina Battocletti, Giorgio Strehler. Il ragazzo di Trieste. Vita, morte e miracoli, La nave di Teseo, Milano, 2021, pp. 118-119)

Palazzo Carmagnola, via Rovello 2, Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa

Promemoria 2: Il MIMO, ovvero onori e oneri

La politica?
«Ho una foto a casa che tengo in salotto. Mio papà davanti a via Mancini 8, sede storica del Msi, che tiene me in braccio, con ancora i pannolini».
Non hai avuto scelta.
«La nostra non è una famiglia monocolore. Mio nonno, fascista da sempre, è stato senatore del Msi per 25 anni. Ma suo figlio Vincenzo è stato parlamentare Dc. Anche io avrei potuto fare altre scelte. Non vivo l’ambiente del partito punto e basta. Un mio carissimo amico è Filippo Scognamiglio, dichiaratamente di sinistra».
Litighi mai con lui?
«Sempre. Cerchiamo di trovare una convergenza e non la troviamo mai».
Il tuo amico più di sinistra?
«Filippo Maraffi, consigliere di zona, Rifondazione Comunista. È una persona intelligentissima, un veterinario, si impegna da matti, è interista. Nel tempo libero scrive tutti i quiz per il Trivial Pursuit».
Qual è stato il tuo primo atto politico?
«Volantinaggi a 14 anni insieme ai ragazzi del Fronte della Gioventù».
Incidenti?
«Grazie a Dio no. L’intolleranza vera l’hanno vissuta i miei genitori, macchine incendiate, appostamenti sotto casa. Andavano al cinema e dovevano entrare dopo l’inizio del film, a luci spente, per non farsi riconoscere. Io stesso da ragazzino non ero ben visto. Ero sempre il figlio del fascista. Che poi mio padre non era fascista».

Geronimo La Russa, MIMO

Questa è un po’ grossa.
«L’Msi non era il Pnf. Io venivo additato come se mio padre fosse uno delle SS. Dovevo stare attento a dove andavo. Non sono mai andato in un centro sociale».
Ti manca?
«Disprezzo quello che fanno, tipo drogarsi. Il mio amico Filippo Scognamiglio mi ci voleva portare, lui li frequentava».
Ci andava a drogarsi?
«Andava ai concerti. Alla fine abbiamo deciso di non rischiare. Se mi riconoscevano mi facevano la pelle».
(…)

Gero (Cardarelli), mimo

Il gossip milanese ha registrato anni fa una tua incursione a casa di Roberto Vecchioni.
«Si usciva in tanti ragazzi sui motorini e ci si imbucava alle feste».
E quella volta da Vecchioni?

«Arrivai con una ventina di amici. Ci furono dei furti. Anche tre dei miei amici, è stato accertato, rubarono qualcosa. Ci rimasi talmente male che da allora non li frequentai più».
Come ti definiresti, politicamente?
«Un conservatore».
Ti identifichi con la corrente di tuo padre, Destra Protagonista?
«Sì, ma sono molto amico di tutti i giovani militanti di Destra Sociale, a partire dal vice segretario nazionale, Carlo Fidanza».
(…)
Liberati da tuo padre.
«Ho onori ed oneri. Su questo argomento non posso parlare a ruota libera».
(…)
Hai mai fatto il saluto romano?
«Una volta, per scherzo, quando mi sono vestito da Balilla a carnevale. Un’altra volta mi sono mascherato da Giulio Cesare. E facevo il saluto romano autentico».
(Geronimo La Russa intervistato da Claudio Sabelli Fioretti, “Corriere Magazine”, 14 aprile 2005)

Promemoria 3: Le poltrone

[Il centrodestra] si deve accingere a governare, anche grazie alle contraddizioni e al caos del centrosinistra, non può in alcun modo lasciare l’agenda culturale alla propaganda del PD.
Il cattivo uso dei musei a Roma e nelle città più importanti d’Italia, spesso con la trascuratezza e l’abbandono, impedisce la formazione e la conoscenza per i giovani del valore stesso dell’Italia, del suo onore, del suo orgoglio e della sua storia.
Aprire realmente i musei e le chiese d’Italia, musei della civiltà cristiana, vuol dire farli vivere, farli fermentare, agire e definire valori. (…)
Allo stesso modo non dedicare la giusta attenzione al mondo dell’editoria, dei teatri, dei festival e delle manifestazioni culturali significa non tenere in considerazione settori che interessano milioni di italiani.
La sinistra, applicando il concetto gramsciano di egemonia culturale, si è impossessata del tema della cultura attraverso una capillare occupazione degli spazi a tutti i livelli nominando persone vicine al mondo progressista.
Regalare un tema centrale per il futuro del Paese come la cultura alla sinistra sarebbe un errore.
(Vittorio Sgarbi e Francesco Giubilei, “La cultura non è del Pd. Il centrodestra ci punti partendo dai candidati”, “Corriere della Sera”, 13 agosto 2022.

Promemoria 4: Meritocrazia

Geronimo, capo Apache

Geronimo La Russa, oltre a essere presidente dell’ACI, fa parte di svariati consigli di amministrazione: da quello di M4 Spa, la società che sta gestendo e realizzando la linea blu della meropolitana, a quello di Sara Assicurazioni, passando per Milan Real Estate, M-I Stadio srl, alcune finanziarie e la holding di cui è membro insieme agli amici Barbara, Eleonora e Luigi Berlusconi.
(Sara Chiappori, Un La Russa al Piccolo. Geronimo entra in cda, “la Repubblica”, 8 novembre 2023)

Sfido chiunque a sostenere che non sia stata la mia professionalità a farmi svolgere ruoli quali, ad esempio, quello elettivo del 2018 all’Aci o altri. Incarichi spesso non remunerativi, proprio come quello al Piccolo, del quale mi sento onorato.
(Geronimo La Russa, in Sara Chiappori e Federica Venni, La Russa jr al Piccolo. PD-5S: “Poltronopoli”, “la Repubblica”, 9 novembre 2023)

Promemoria 5: Il mimo, ovvero il Premio Nobel

Il sindaco Beppe Sala può legittimamente decidere tutto, eppure quando pochi mesi fa è morto Giorgio Albertazzi, non ho visto giornate di lutto da nessuna parte. Tuttavia all’ex camerata Dario Fo va il mio rispetto, non solo perché ha combattuto per la Repubblica sociale italiana ma perché, comunque, è stato un premio Nobel. Il lutto cittadino lo accetterà chi ritiene di doverlo accettare. Io accetto il rispetto per Dario Fo, ma noi la nostra festa (la tre giorni Renzexit per il no al referendum costituzionale, ndr) la faremo comunque, perché non consideriamo la giornata di domani un lutto cittadino.
(Ignazio La Russa, La Russa: «Lutto cittadino per Dario Fo? Per Albertazzi non c’è stato», “Il Secolo d’Italia”, 14 ottobre 2016)

Dario Fo, mimo e Premio Nobel

I LINK

Il lato oscuro della storia d’Italia: da Mussolini (e Matteotti) a Moro passando per Pasolini: gli spettacoli di Massimo Popolizio, Ascanio Celestini e Fabrizio Gifuni

Circolano per i teatri italiani tre spettacoli che meritano di essere visti perché consentono un rapido ripasso del Novecento italiano. Protagonisti sono tre cadaveri senza giustizia della nostra storia: Giacomo Matteotti (1924), Pier Paolo Pasolini (1975) e Aldo Moro (1978). Gli spettacoli si possono vedere in ordine cronologico, oppure andando all’indietro, o magari partire dalla tavola centrale del trittico, perché pur essendo spettacoli molto diversi (due monologhi e uno spettacolo con 18 attori) sono attraversati dalla stessa inquietudine. Questo trittico involontario è opera di tre artisti tra i cinquanta e i sessant’anni, che hanno avvertito la necessità di riflettere sulla natura profonda e nera del potere nel nostro paese.

Per un teatro “antifa”: Note sparse su Giacomo del Teatro dei Borgia, Il terzo Reich e Bros. di Romeo Castellucci, Catarina o la beleza de matar fascistas di Thiago Rodriguez, Entre Chien et Loup di Christiane Jatahy, L’Etang di Gisèle Vienne, Mal di Marlene Monteiro Freitas e altri spettacoli

“Il fascismo è a tutti gli effetti un concetto di moda, che si fa strada nel dibattito sociale e politico come una pianta infestante. (…) Nel 2016 la parola ‘fascismo’ è stata la più ricercata sul sito del dizionario Merriam-Webster, seconda solo a ‘surreale’, che ha conosciuto un picco improvviso dopo le elezioni presidenziali del mese di novembre dello stesso anno”.
(Madeleine Albright, Fascismo. Un avvertimento, Chiarelettere, 2019, p. 12)




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