Russia | Chiuso il Maly Teatr di San Pietroburgo, una regista e una drammaturga arrestate a Mosca per aver “giustificato il terrorismo”

Yevgenia Berkovich e Svetlana Petriychuk sono considerate sostenitrici del "femminismo radicale"

Pubblicato il 10/05/2023 / di / ateatro n. 189

La regista Yevgenia Berkovich e la drammaturga Svetlana Petriychuk sono state arrestate venerdì 5 maggio 2023 in Russia con l’accusa di “aver giustificato il terrorismo”. A irritare le autorità è stato lo spettacolo Финист Ясный Сокол (Finis, il falco coraggioso), dove si racconta di un gruppo di donne russe che hanno sposato i combattenti dello Stato Islamico in Siria. Secondo l’agenzia ufficiale TASS, lo spettacolo “romanticizza, giustifica e glorifica i terroristi” e al tempo stesso promuove “il femminismo radicale”.
Lo spettacolo era stato allestito nel 2021 dalla compagnia di Yevgenia Berkovich, Figlie di SOSO, e aveva vinto due Maschere d’Oro, il principale riconoscimento del teatro russo. Il critico teatrale e giornalista Anton Hitrov ha scritto sul portale “Meduza”:

Nella favola [che sta all’origine della pièce teatrale, NdA] Marjushka, la figlia di un contadino, evoca tre volte il suo amato con una piuma magica, e poi si mette in viaggio verso una terra lontana per salvarlo dalla prigionia. Nella pièce il lessico del folklore si intreccia con la lingua asciutta dei verbali giudiziari, e i motivi folcloristici con biografie reali, che sembrano diverse versioni della favola. La conoscenza su internet. Un uomo attento premuroso, che fa il lavoro più tipicamente maschile, il soldato. Poi i racconti sulla “vocazione femminile”, che si può realizzare solo in una comunità che vive secondo la sharia. L’immagine, coltivata fin dall’infanzia, della casalinga felice, moglie e madre, che in Russia è difficile raggiungere, si fa vivida sognando la Siria. Il matrimonio via Skype. I biglietti, gli intermediari, il viaggio in macchina, il passaggio illegale della frontiera, e poi l’umiliante schiavitù quotidiana, che minaccia la salute e la vita stessa.

Финист Ясный Сокол (Finis, il falco coraggioso)
(sottotitoli in inglese)

La trentottenne regista resterà in carcere fino al 4 luglio: le sono stati negati gli arresti domiciliari, che i suoi avvocati avevano richiesto perché potesse accudire le due figlie disabili che ha adottato.
Diversi intellettuali avevano firmato una lettera di sostegno a Berkovich e Petriychuk, pubblicata sulla “Novaya Gazeta”, chiedendo alle autorità di “occuparsi dei terroristi e non dei poeti”.

In seguito alla decisione del Servizio Federale di Supervisione nel setore dei Diritti dei Consumatori e del Benessere Umano della Città di San Pietroburgo (Rospotrebnadzor) sulla base del protocollo n° 78-01-05/19-0305-2023 del 5 maggio, le attività del nostro teatro sono temporaneamente sospese.

Questo il messaggio inviato dalla direzione del Maly Teatr diretto da Lev Dodin ai suoi spettatori. L’attivià dovrebbe essere sospesa fino al 12 maggio 2023. Nel mirino anche l’attore Danila Kozlovsky, protagonista del suo Amleto, che è stato messo sotto accusa per alcuni post contro la guerra (avrebbe “scrediato l’anima russa”), causando la sospensione delle repliche. Dodin era stato tra i primi intellettuali a prendere pubblicamente posizione dopo l’invasione russa dell’Ucraina, chiedendo a Vladimir Putin di sospendere le ostilità.

Sono solo gli ultimi provvedimenti restrittivi in una situazione dove continuano a crescere censure e repressione.

IL LINK

Gli ultimi giorni dell’umanità (culturale) Parole e corpi dal teatro di guerra ucraino [beta version] con le dichiarazioni di Lev Dodin.

Il 4 marzo 2022 il regista Lev Dodin ha pubblicato una lettera aperta sul mensile “Teatr”:

“Dire “sono arrabbiato” è come non dire nulla. Come figlio della Grande Guerra Patriottica, non posso, nemmeno in un incubo, immaginare che i missili russi vengano sparati su città e villaggi ucraini, spingendo gli abitanti di Kiev nei rifugi antiaerei o costringendoli a fuggire dal loro paese. Nella mia infanzia, abbiamo giocato a difendere Mosca, Stalingrado, Leningrado, Kiev. Non posso nemmeno immaginare che oggi Kiev si difenda o si arrenda ai soldati o agli ufficiali russi. Il mio cervello si attacca al cranio e si rifiuta di vedere, di sentire, di immaginare tali immagini.
Gli ultimi due anni del flagello della pandemia universale avrebbero dovuto ricordare a tutti noi che viviamo da tutte le parti di ogni possibile confine quanto sia fragile e vulnerabile la vita umana, che in un solo minuto il mondo va in pezzi quando perdiamo le persone che amiamo. Non ci hanno ricordato questo. In questi giorni in cui viviamo, il mondo di coloro i cui cari muoiono sta cadendo a pezzi. Il mondo di coloro che uccidono i loro cari sta cadendo a pezzi.
La misericordia, la compassione e l’empatia non sono soggette alla volontà degli stati e dei politici. È impossibile dettare alla gente quando e per chi deve avere paura, quando e per chi deve avere pietà. Attualmente, nessuno Stato ha imparato a comandare i sentimenti degli uomini. La missione dell’arte e della cultura è sempre stata ed è ancora, soprattutto dopo tutti gli orrori del XX secolo, quella di insegnare agli uomini a prendere le disgrazie degli altri come proprie, a capire che non c’è una sola idea, anche la più grande e la più bella, che valga una vita umana. Possiamo già dire oggi: ancora una volta, la cultura e l’arte hanno fallito la loro missione.
Ho 77 anni, non mi è difficile immaginare cosa accadrà più tardi ovunque: la divisione in giusti e ingiusti, la ricerca di nemici interni, la ricerca di nemici esterni, i tentativi di modellare il passato, di accomodare il presente, di riscrivere il futuro. Tutto questo ha già avuto luogo nel XX secolo.
In questi giorni siamo arrivati nel futuro. In questi giorni è iniziato il XXI secolo. Tutti insieme abbiamo permesso che questo secolo arrivasse, ed è arrivato come è arrivato. Il ventunesimo secolo si è rivelato più orribile del ventesimo. Cosa ci resta da fare? Pregare? Pentirsi? Sperare, supplicare, esigere, protestare, avere fede? Probabilmente tutto quello che non abbiamo fatto finora: amare l’altro, perdonarlo come perdoniamo noi stessi, non credere al male e non confondere il male con il bene.
Ho 77 anni, ho perso molte persone che ho amato nella mia vita. Oggi, quando invece delle colombe della pace, volano sulle nostre teste i missili dell’odio e della morte, posso solo dire: “Basta!” L’organismo dell’umanità non può essere curato con la chirurgia. Qualsiasi operazione di ingerenza attira il sangue di colui che viene operato e infetta l’operatore con un’infezione incurabile. Fermare questa interferenza chirurgica, mettere lacci emostatici sulle ferite. Facciamo l’impossibile: facciamo il ventunesimo secolo che avremmo potuto sognare e non quello che stiamo facendo ora. Sto facendo l’unica cosa che posso: ti prego, fermati! Per favore, smettila”.
VI PREGO.
Lev Dodin”




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