HangartFest a Pesaro | Nuovi artisti e nuovi pubblici per la danza contemporanea
Il report per TourFest 2023
“Uno degli scopi di un festival dovrebbe essere far conoscere un linguaggio che esiste e non deve essere elitario. Del resto è proprio della danza contemporanea impiegare linguaggi contemporanei, e si vuole affermare l’accessibilità a queste realtà.”
Con queste parole Paolo Paggi, curatore artistico del festival insieme a Masako Matsushita, riassume le idee che muovono ormai da vent’anni Hangartfest a promuovere la danza nella scena culturale di Pesaro.
Fondato nel 2004 dall’attuale direttore artistico Antonio Cioffi, il festival nasce in seno alla scuola di danza Atelier Danza Hangart. La manifestazione è cresciuta fino a divenire un ente indipendente e attualmente ha sede presso il Teatro della Maddalena, in cui opera dal 2013. Da anni Hangartfest associa al festival vero e proprio numerose attività di residenza artistica e produzione, oltre a progetti di sensibilizzazione del pubblico.
Danzando per Pesaro
La ventesima edizione ha portato gli spettacoli nella città. Il terremoto che nel novembre dello scorso anno ha colpito Pesaro ha reso inagibile l’ex chiesa di Santa Maria Maddalena, che avrebbe dovuto ospitare la maggior parte delle esibizioni. Nell’attesa della riapertura (probabilmente entro la fine dell’anno), facendo di necessità virtù, si è dato più spazio alle performance urbane. Secondo Elena Orazi, collaboratrice del festival nell’ambito della segreteria generale, “il pubblico ha risposto molto bene, c’è anche la curiosità di vedere gli spettacoli in contesti diversi, locations molto suggestive e di rilievo storico e artistico per la città. Durante ogni edizione ci sono sempre state alcune performance urbane, almeno una itinerante e poi nei cortili dei palazzi storici del centro. Circa metà delle esibizioni si è svolta nella Sala della Repubblica presso il Teatro Rossini, tornata disponibile negli ultimi mesi dopo alcuni lavori. L’altra metà degli eventi si è svolta in contesti urbani o nella cornice di alcuni edifici storici, luoghi che dialogano molto bene con gli spettacoli presentati”.
In particolare la performance di chiusura del festival, Le Cirque Astéroïde di MadMoiselle MCH Marie-Caroline Hominal, per la sua energia un po’ punk e il carattere enfatico e spettacolare si accordava felicemente con la frenesia e il traffico di Piazzale Matteotti. Il pubblico assisteva da un’estremità dello spazio, dando le spalle al fossato della Rocca Costanza degli Sforza, rivolto verso un lungo autocarro che chiudeva la prospettiva sulla piazza.
Come un sipario, un lato dell’autocarro viene aperto poco a poco, una luce dal fondo getta lunghe ombre sulla scena invasa di fumo. Due ballerini si alternano e dialogano, come controllati dalle note degli assoli di tromba e chitarra, sostenuti a loro volta da percussioni crude ed espressive. Alle pose plastiche della Hominal, giacca di glitter e punte ai piedi, rispondono i gesti fluidi del suo partner, seguendo i guizzi e le convulsioni della musica che oscilla tra rumore e puro suono, sfiorando melodie in slanci ispirati. Il tutto è accompagnato da una narrazione poetica e carismatica, modulata tra parole e versi e culminante in sprazzi di risa. Una performance leggera e divertente, e un gran finale elettrizzante per un’edizione di HangartFest fuori dalla norma.
Rinnovare il passato
Il penultimo giorno del festival si è tenuto il vernissage della seconda edizione di Mossi da visioni, per dare nuova vita al materiale che documenta le edizioni precedenti. Ogni anno viene affidato a un nuovo artista o collettivo il compito di dare a questo materiale un nuovo movimento, una nuova espressione.
Per Paolo Paggi, curatore del progetto, si tratta di indagare e interrogare il ruolo dell’archivio, svincolandosi però dalle rigidità del mezzo fotografico, “che prevede sempre una gerarchia, l’immagine prima di tutto. In futuro ci piacerebbe trovare artisti che mettono ancora in subbuglio questo discorso, ri-immaginando l’archivio del festival su più livelli di significato, per ampliare la sperimentazione, usare propriamente il materiale documentale per una nuova creazione.”
L’anno scorso l’edizione “pilota” ha visto le fotografie di Umberto Dolcini rielaborate da Edoardo Serretti in una performance installativa. Per l’edizione 2023 Spazio GeGe, ovvero il collettivo pesarese Gesti Generativi, ha realizzato un’installazione site specific all’ingresso del Teatro della Maddalena. Lo spazio è chiuso al pubblico e l’installazione si fruisce attraverso le finestrelle delle porte dell’ingresso della ex chiesa, sulle quali vengono proiettate le immagini degli spettacoli passati che mutano l’una nell’altra. All’interno, su ualtre fotografie no schermo posto al centro dello spazio, vengono proiettate, che possono essere viste solamente attraverso questi “spiragli”, cosicché le due proiezioni sovrapposte si combinano in una nuova immagine sempre mutevole.
Paggi fa notare che “si crea anche un gioco: per guardare effettivamente al cuore della chiesa, dove c’è lo schermo principale, ci si deve avvicinare. E questo movimento è anche un po’ una metafora della nostra esperienza della danza contemporanea, a Pesaro ma anche in Italia e in generale, dove attirare il pubblico non è sempre facile.”
La scelta del materiale ha privilegiato le performance ospitate al Teatro della Maddalena, rievocando lo spirito di un luogo che fino a ora è stato il centro dell’intera manifestazione. Mostrando la vita che ha animato questo spazio, si instaura un contatto con l’esterno, e si rende virtualmente accessibile lo spazio nonostante la chiusura. Per chi ha effettivamente assistito alle edizioni precedenti del festival, questi fantasmi che danzano sulla soglia della chiesa hanno un valore ancora diverso, ulteriore, risuonano nella memoria, richiamano in causa il loro senso antico che qui si rinnova.
Le proiezioni sono accompagnate da composizioni sonore degli stessi membri del collettivo, formatosi per rendere omaggio alla memoria e all’eredità artistica e umana di Eugenio Giordani, “Gege”, professore amatissimo del conservatorio di Pesaro e artista geniale, scomparso pochi anni fa. I ragazzi di Gesti Generativi sono attivi soprattutto in ambito musicale, con una particolare vocazione per le arti multimediali e le nuove tecnologie.
Promuovere la cultura
HangartFest sostiene per cicli di tre anni un artista, un gruppo o un collettivo italiano esordiente, con residenze nella Maddalena e la possibilità di debuttare al festival ogni anno con una nuovo lavoro. Il collettivo associato per il triennio 2022-2024 è Cantiere Idina Who, che per l’edizione 2023 ha presentato lo spettacolo ArcheItalia nel cortile di Palazzo Almerici, sede del Museo Archeologico e della Biblioteca Oliveriana.
Al termine del periodo di residenza gli artisti raccontano l’esperienza tramite la pubblicazione di un libro curata da un critico. Il triennio di coproduzione è affiancato da un’iniziativa di “spettatorato attivo”: un gruppo di non addetti ai lavori segue il progetto in modo autonomo e indipendente dal festival: gli Occhi da marziani hanno il compito di osservare l’artista anno dopo anno, e le loro impressioni vengono poi raccolte dal critico selezionato (Maria Paola Zedda per l’edizione corrente) e incluse nella pubblicazione finale. Si cerca di indurre un processo di crescita, proponendo l’accesso al mondo della sperimentazione artistica e ai suoi processi di ricerca. Insomma, non si tratta di assistere semplicemente a uno spettacolo già confezionato, da fruire attraverso modalità classiche, frontali e passive. Al contrario, si coinvolge un pubblico estraneo alle dinamiche interne del festival, stimolandolo a sviluppare gli strumenti critici e di analisi necessari non solo per comprendere, ma per esprimere un giudizio, coltivare uno sguardo, per poi raccogliere una testimonianza.
Verso il digitale
“C’è un grande interesse per le nuove tecnologie”, racconta Cioffi. “Abbiamo vinto il bando PNRR per la transizione digitale e dunque i prossimi progetti ci vedranno impegnati in questa direzione. Non perché crediamo che il digitale possa sostituire la danza, sicuramente no. Crediamo però che sia uno strumento di grande attrattiva per i giovani. Vorremmo attraverso questo bando poter offrire ai coreografi professionisti la possibilità di essere accolti in residenza per farli lavorare con la strumentazione che stiamo acquistando. Negli ultimi tre anni la principale iniziativa è stata la rassegna di video danza VideoBox. Promuoviamo una call internazionale sulla piattaforma FilmFreeway per accedere a Interfaccia Digitale, un premio creato per sostenere nuove opere di video danza”.
Nell’ambito di Videobox trova spazio un’altra iniziativa di formazione del pubblico, il progetto Non è Star Trek, finalizzato alla preparazione della giuria di non addetti ai lavori che partecipa all’assegnazione delle menzioni speciali. A questa si aggiunge anche una giuria di studenti, provenienti da due scuole superiori e da un istituto di alta formazione, l’ISIA di Urbino. Quest’ultimo era stato coinvolto nelle attività del festival per la prima volta con il progetto Tratti in movimento, vincitore del bando Refresh! del Consorzio Marche Spettacolo e culminato in una mostra online nel 2020. L’idea è di cercare di includere le scuole quanto più possibile, per introdurre i giovani al mondo della danza contemporanea.
Oltre che nel pubblico di domani, HangartFest investe anche negli artisti futuri. Cioffi ritiene che un rinnovamento della scena culturale e sociale possa avvenire solo attraverso l’azione delle nuove generazioni. Nelle parole dello stesso direttore: “I giovani artisti portano in scena la loro visione del mondo, che è una visione sociale, ambientale e politica. Mi piace, e credo nelle loro azioni, nella loro visione del futuro, del mondo e di questa società. Sono loro che possono denunciare con forza le cose che non vanno e dare una nuova prospettiva. Ho molta fiducia nelle nuove generazioni, e quando scelgo gli spettacoli sno felice di trovare dei giovani e delle performance che vanno in questa direzione.”