L’editoriale

Tempi difficili

Pubblicato il 05/05/2002 / di / ateatro n. 034

Sono passati solo pochi giorni da quanto “ateatro 33” è andato online e nel piccolo mondo del teatro sono successe diverse cose. Gli attacchi fascisti contro Mai morti di Sarti & Storti a Roma, raccontati da un ampio servizio su Sciuscià (il 16 maggio ci sarà una replica straordinaria dello spettacolo con dibattito al Teatro della Cooperativa di Milano). La censura in Germania a Spinato e Gabrielli (tra l’altro, due testi e tre autori presenti alla Maratona di Milano: chissà se vuol dire qualcosa…). L’appello in difesa di Radiotre. Lo scontro su Opera Prima di Rovigo… Non credo si tratti di coincidenze, ma di un cambiamento di clima di cui non era difficile cogliere i segni ma che si sta accelerando. Per capire che cosa si muove in certe pance, è molto istruttivo lo scambio tra Paolo Maier e il sindaco di Rovigo sul forum dei teatri di guerra*…
Insomma. Spazi che si restringono. Risorse per la cultura (e dunque per il teatro) sempre più scarse. L’orizzonte mediatico appare sempre meno libero e aperto, sempre più superficiale e controllato. In una ecologia fragile come quella del teatro, questa situazione può avere da un lato effetti devastanti e distruttivi. D’altro canto, ci obbliga tutti a riflettere sulla necessità del nostro impegno artistico e sulle modalità di una efficace politica culturale – mentre a un rapido giro d’orizzonte prevale all’interno delle grandi istituzioni la prudenza e la fuga da ogni rischio, nelle fasce più marginali e innovative una gran voglia di fare, di inventare, di comunicare. Di resistere .
Quello che può fare questo sito, nel suo piccolo, è continuare a raccogliere e diffondere informazioni – monitorare a futura memoria la realtà di cui siamo testimoni. In parallelo deve cercare di valorizzare, in teatro, le esperienze vive e vitali. Ma non basta.
E’ anche necessario un confronto aperto sul senso e sulla necessità del teatro oggi, e anche sulle possibili forme organizzative. Sulle modalità e sui punti di riferimento del teatro pubblico oggi. Su questo versante, abbiamo provato ad aprire un dibattito – che però finora è rimasto piuttosto pigro – su questo sito e altrove.
Ma più in generale, quali forme può prendere, oggi, la resistenza in teatro? Basta una somma di indignazioni, volontà e invenzioni individuali? O è necessario che tutto questo prenda forma uno sforzo collettivo?
 
* A proposito di teatro di guerra, il 17 e 18 maggio il Crt e l’ICS (Consorzio Italiano di Solidarietà)organizzano a Milano, Teatro dell’Arte, una conferenza internazionale sul tema Teatri di guerra e azioni di pace. La drammaturgia comunitaria e la scena del conflitto: riprendendo dunque sigle e temi già lanciati in precedenti occasioni, anche a Milano – tra l’altro con interessanti forme di auto-organizzazione -, dai Teatri di guerra dei Teatro Aperto-Leoncavallo agli Scrittori per la pace, ma curiosamente senza coinvolgere nessuno degli animatori di quelle iniziative.
In compenso, se siete studenti vi rilasciano un attestato di frequenza che – presumo – vi vale qualche credito.

Redazione_ateatro




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