Organizzare teatro

L'introduzione al volume

Pubblicato il 03/03/2001 / di / ateatro n. 003

In anteprima per “ateatro”, l’introduzione del libro di Mimma Gallina (che verrà pubblicato da Franco Angeli ai primi di maggio). In appendice a questo testo, l’indice del volume. Nel sito, una prima versione dell’intervento di Oliviero Ponte di Pino sulle forme del nuovo.

Introduzione

Questo libro nasce dall’esigenza, derivata tanto dalla pratica professionale che da quella di insegnamento, di riflettere, analizzare, comunicare le caratteristiche del sistema teatrale italiano ed i meccanismi concreti del fare teatro dal punto di vista dell’organizzazione. E dalla convinzione che sia più sia mai importante, per chi intende prendere questa strada o per chi già opera nel teatro italiano, sviluppare l’attitudine al pensiero organizzativo – nelle grandi e nelle piccole cose, nelle strategie generali come nelle singole scelte e azioni che le concretizzano – che non deriva dalla somma di conoscenze tecniche (anche se le richiede), ma dalla sintesi fra la consapevolezza della realtà generale in cui si opera, l’analisi e l’intuizione della sua evoluzione, l’interpretazione della propria, specifica realtà e della sua missione.
Contributi determinanti come l’introduzione di tecniche gestionali, ormai acquisite o almeno accettate come strumenti con cui confrontarsi, rischiano di essere astratti e non poter essere correttamente applicati, perché la cultura degli operatori (già attivi o da formare) risente spesso di una carenza di fondo: l’assenza di una conoscenza critica e fattiva dei meccanismi generali e delle specificità nazionali dell’organizzazione teatrale. Il teatro italiano è fatto di stratificazioni, consuetudini, atti mancati, eredità pesanti e presenti con cui è necessario misurarsi, per capirle, per accettarle o rifiutarle, per cambiarle. Molti studi hanno affrontato singoli aspetti di questa tradizione, e alcuni, soprattutto recenti, analizzano le specificità economiche e forniscono indicazioni gestionali, ma mi è sembrato che mancasse una riflessione complessiva e “dall’interno” su questi problemi, e che potesse essere utile.
Il tema è sviluppato in due direzioni. – Un’analisi del sistema teatrale italiano come risultato di un processo storico e come quadro dinamico: con particolare riferimento alle forme della produzione (dagli Stabili, alle compagnie, al teatro di ricerca e per i ragazzi), al rapporto con lo Stato, al tessuto distributivo.
Da questi ragionamenti emergono gli elementi per affrontare alcune caratteristiche e questioni di fondo: la dialettica fra il carattere itinerante, tuttora prevalente, e un controverso ma progressivo processo di stabilizzazione dell’attività teatrale, la centralità (la vitalità malgrado tutto) e la crisi della compagnia come forma produttiva primaria, i rapporti e la contaminazione di pubblico e privato, l’evoluzione dell’idea di teatro d’arte e delle funzioni di servizio, il ruolo degli enti locali in un sistema misto, la questione della ricerca, del nuovo, dell’area giovane del teatro. Sono problemi che si intrecciano e che, pur offrendo alcune chiavi di lettura, non mi è sembrato giusto e possibile schematizzare, lasciando che ciascuno sviluppi le proprie considerazioni e posizioni. La prima parte di questo libro offre quindi il quadro in cui si inseriscono le pratiche descritte più avanti, ma resta intenzionalmente problematica, e mi auguro stimoli la riflessione: nessuno dei nodi indicati porta con sé conclusioni e soluzioni acquisite (non sono dati una volta per tutte, ad esempio, il finanziamento pubblico, il significato della ricerca o il valore della stabilità) ed è elemento costitutivo di un fare teatro consapevole, la necessità di ripensarlo o rifondarlo, o anche di difenderlo (ciascuno in rapporto alle sue scelte).
– Una descrizione pratica e sistematica di come si organizza il teatro nel nostro paese oggi (ma anche in questo approccio il presente è il risultato di un percorso e di un processo storico). Si analizzano tecniche e metodi consolidati di una corretta pratica organizzativa, anche con indicazioni operative quindi, ancorate all’esperienza, così importante in un lavoro artigianale e antico come il nostro (perché sono queste le particolarità del teatro di prosa che più precisamente emergono nell’evoluzione dei settori della comunicazione e più in particolare dello spettacolo). Come in ogni buona pratica artigiana, tuttavia, non ci sono ricette: ogni realtà, ogni spettacolo, ogni progetto è unico, e sta alla fantasia e creatività del singolo gruppo e operatore applicare, adattare, inventare, forti della tradizione, dell’esperienza, della tecnica (questo vale per tutte le professioni del teatro, incluse quelle organizzative).
Questo secondo percorso si sviluppa in due parti relativamente autonome, secondo l’articolazione, classica anche per le attività di spettacolo, in produzione (cui è dedicata la seconda parte), distribuzione e esercizio (sviluppate nella terza).
Il ragionamento sulla produzione parte dall’analisi delle tipologie di impresa e dei meccanismi che stanno a monte delle scelte artistiche, per arrivare in concreto all’allestimento (inteso come percorso e come realizzazione materiale) di uno spettacolo: particolarità e organizzazione del lavoro, analisi e realizzazione delle diverse componenti, organizzazione delle prove, per finire con una modalità operativa sempre più frequente, la coproduzione. Con questa materia siamo nel cuore del fare teatro, dove è più forte la convenzione e si avverte con più urgenza la necessità dell’innovazione. Ritengo che ciascuno debba cercare i propri modi di produzione, tuttavia, a livello delle pratiche organizzative, mi sembra che molti valori, tecniche, metodi vadano conosciuti (non vadano dimenticati), e probabilmente possano essere valorizzati e usati anche da chi persegue linee innovative (penso all’organizzazione del lavoro ad esempio, o ad alcuni vecchi mestieri). Ho compreso meglio, nell’analizzare e descrivere queste pratiche, che pure conosco bene e non sempre condivido, la “solidità” di questa tradizione.
Nella seconda parte, l’esercizio teatrale, il luogo dell’incontro fra attore e spettatore, è analizzato da due punti di vista: la sala (l’edificio teatrale, la sua specificità tecnica, le problematiche connesse alla sicurezza) e la sua gestione. Anche qui, ho voluto sottolineare l’interazione dello specifico organizzativo con quello artistico, con le linee, i progetti, l’identità di un teatro: pensiamo alla doppia valenza, artistica e organizzativa, di un cartellone, ad esempio, o di una proposta di abbonamento. Una riflessione particolare riguarda i mezzi e i modi tradizionalmente utilizzati per la promozione e la distribuzione di uno spettacolo, così importanti nel sistema italiano, ancora prevalentemente itinerante (il mercato, quindi, e il lungo percorso per arrivare al pubblico) e la sua gestione in tournée. Analizzando la particolare modalità organizzativa e il sistema dei festival, punti di riferimento qualitativamente e quantitativamente sempre più rilevanti, ci muoviamo in una dimensione più aperta del teatro, che approfondiamo con l’analisi dei meccanismi delle relazioni internazionali. Per concludere si inquadra il problema nodale della comunicazione: anche in questo caso, conoscere quello che si fa a livello di ufficio stampa e promozione e valutare le prospettive aperte dalle nuove tecnologie, è un punto di partenza per applicare tecniche più innovative e pensare in termini di marketing.

Questo libro si rivolge soprattutto ai giovani che si avviano attraverso diversi percorsi alle professioni organizzative del teatro, o che individuino nella conoscenza pratica di questo settore un aspetto significativo della propria formazione (penso ai corsi universitari dell’area umanistica ed economica, o a master e corsi professionali orientati, ad esempio, ai beni culturali, al turismo, allo spettacolo in genere) e ai giovani attori, registi, tecnici che vogliono capire di più del sistema in cui andranno ad operare. Ma anche agli operatori già attivi, che potranno ricavarne, forse, lo stimolo ed il contributo ad una riflessione non contingente sul sistema teatrale e sui meccanismi del loro lavoro, per una volta non immediatamente legata a scadenze normative o urgenze operative. Ma mi auguro che il respiro della riflessione potrà interessare anche qualche spettatore curioso del back stage.
Con questo lavoro ho inteso anche dare sistematicità ai presupposti e ai metodi applicati dalla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi (ex Scuola del Piccolo Teatro di Milano) che, dalla fine degli anni ’60, a fianco degli attori e dei registi, ha formato organizzatori teatrali attivi a livelli dirigenziali ed intermedi in tutti i settori del teatro italiano, nonché nel campo radiotelevisivo e dell’informazione. Tento una sintesi della linea didattica (ma potrei dire anche etica) che ha caratterizzato fino ad oggi la “Paolo Grassi”, e che mi sembra non sia invecchiata, anche se sono mutati i contesti: sulla conoscenza teorica e pratica del fare teatro in Italia, si innesta la consapevolezza della funzione pubblica e della dimensione economica del teatro, presupposto per la formazione di un operatore critico, aperto al confronto con altri sistemi
Ho cercato di fare il possibile perché il linguaggio ed il filo dei ragionamenti restasse sempre ancorato alla concretezza del fare teatro: altri, opportuni, approfondimenti potranno riguardare e addentrarsi più correttamente nel marketing o nelle diverse tecniche gestionali, che qui sono parte di un approccio più globale. L’esperienza di insegnamento è stata determinante in questa scelta: è molto frequente che chi sceglie di occuparsi di organizzazione teatrale lo faccia per passione, abbia una formazione prevalentemente umanistica e che l’incontro con la pratica non sia semplice; per contro è difficile a volte per chi ha una formazione tecnico-economica, cogliere il collegamento di queste discipline con lo specifico teatrale. Ho pensato a queste due tipologie di giovani – che conosco – e mi auguro che il metodo ed il linguaggio adottati, aiutino entrambi a consolidare, concretizzare e orientare il loro interesse per il teatro.

L’argomento trattato è molto ampio e articolato, certo non è stato possibile analizzare tutti gli aspetti dell’organizzazione teatrale, e alcuni sono solo accennati, ma era importante, a mio avviso, dare un’idea dell’insieme, dell’intreccio di elementi e della complessità del fare teatro: sono infatti convinta -forse ancora una volta in collegamento con la dimensione artigianale – che in teatro tutti debbano essere il più possibile consapevoli di tutto e che solo su questa consapevolezza si possono innestare le specializzazioni. Ma questa ampiezza è stata possibile grazie ad alcune collaborazioni particolarmente qualificate e appassionate, che ho sollecitato in particolare per gli aspetti più specialistici e per gli argomenti per cui ritenevo fondamentale la testimonianza di professionisti coinvolti in prima persona: si tratta di schede, di interi capitoli, o del confronto (e del conforto) rispetto a specifiche materie.

In particolare sugli argomenti più controversi, non mi è sembrato che si dovesse rincorrere una impossibile obiettività, ma che fosse utile ascoltare motivazioni e problemi dall’interno: così è stato per le più recenti linee di riforma del teatro, la funzione delle compagnie private, il Sud (in questo caso sulla linea di “cosa si pu’f2 fare”, con l’analisi di un intervento concreto, più che del lamentare ritardi), anche l’analisi di quelle che abbiamo chiamato “le forme del nuovo” (senza ritenere con questo che il nuovo sia solo lì) è criticamente coinvolta. In ogni caso il coinvolgimento e la passione (una condizione che forse è inevitabile in teatro) accomuna anche i contributi più tecnici, e spero sia un po’ contagiosa. Spero che questo fattore comune e l’impostazione unitaria del lavoro, rendano accettabile (e forse apprezzabile in termini di professionalità), qualche scarto linguistico-stilistico.
Hanno collaborato i colleghi del Corso Operatori della Scuola “Paolo Grassi”, coinvolti fin dall’inizio nel progetto, a loro volta attivi in diversi ambiti professionali e accomunati dall’intendere l’insegnamento come un’occasione per riflettere sul proprio lavoro e comunicarne i contenuti: Patrizia Cuoco, Lorella Dall’Ombra, Anna Guri, Giovanni Soresi, l’addetta stampa Alessandra Arcidiaco, il direttore Mario Raimondo e Giorgio Guazzotti (maestro indiscusso del nostro corso e dell’organizzazione teatrale in Italia, cui devo, anche in questo caso, il confronto su alcuni punti nodali). E (in ordine alfabetico): Enrico Bellezza, Fioravante Cozzaglio, Onofrio Cutaia, Francesco Florian, Pierpaolo Forte, Adriano Gallina, Giuseppe Pizzo, Oliviero Ponte di Pino, Enrico Porreca.

Indice

INTRODUZIONE GENERALE
I PARTE. IL SISTEMA TEATRALE ITALIANO

Introduzione

1) Teatro “all’italiana” e teatri “all’italiana”
2) Teatro e Stato. Principi e quadro normativo di Mimma Gallina, Lorenzo Scarpellini e Pierpaolo Forte
3) Stabili e Stabilità
4) Le Compagnie: l’interpretazione contemporanea di una grande tradizione di Fioravante Cozzaglio
5) Le forme del nuovo di Oliviero Ponte di Pino, Adriano Gallina e Mario Raimondo
6) Il sistema distributivo di Mimma Gallina con un contributo di Onofrio Cutaia

II PARTE. PRODURRE TEATRO
con la collaborazione di Patrizia Cuoco (3,4,5) e Giuseppe Pizzo (4,5)

1) Quale impresa per quale teatro di Enrico Bellezza e Francesco Florian 2) Prima e oltre lo spettacolo: la scelta artistica come percorso e come sintesi
3) In principio era il testo (autori e diritto d’autore)
4) Il Teatro come lavoro collettivo
5) L'”allestimento”
6) La coproduzione

III PARTE. GESTIRE, DISTRIBUIRE, PROMUOVERE

1) L’edificio teatrale: spazi e sicurezza di Giuseppe Pizzo e Enrico Porreca
2) L’esercizio teatrale: programmazione e gestione con la collaborazione di Patrizia Cuoco
3) Arrivare a pubblico: promuovere e distribuire uno spettacolo
4) I Festival
5) Teatro aperto: confronti e mercati internazionali
6) Comunicare il teatro di Giovanni Soresi, Anna Guri e Alessandra Arcidiaco, Lory Dall’Ombra

Mimma_Gallina




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