Memoria del presente
Un progetto teatrale d'intervento politico
La memoria del presente è un progetto collettivo che vede impegnati diversi artisti teatrali che operano nel territorio metropolitano di Milano.
Artisti da sempre impegnati a praticare teatro di impegno civile, dentro e fuori comunità, in stretto contatto con l’esperienza dei Centri Sociali Autogestiti.
Partecipano al progetto artisti che appartengono a diversi gruppi teatrali; scelta comune degli artisti è quella, fino alla conclusione del progetto, di presentarsi come singoli e senza appartenenze di gruppo.
Il progetto è innanzitutto un momento di ricerca e confronto tra persone che vogliono ritrovare il senso del fare teatro di intervento politico, un teatro che non dà risposte ma formula domande, che si definisce attraverso il processo di lavoro, che ricostruisce un pubblico e crea rete..
Memoria del presente vuole interrogare un presente misterioso e terribile, che frana addosso con accelerazioni vertiginose, con salti di civiltà, con smarrimenti e confusione, con bellezze e nuove pratiche utopiche. Un presente veloce, difficile da afferrare, perché quando ti fermi è già passato.
Presente che a Genova mostra compiutamente il suo volto, presente della guerra eterna, senza spazi e tempi definiti, dellisolamento e del balbettio individuale. Presente da interrogare per ridare senso alle storie di ognuno, per ritornare a leggere lesperienza privata come qualcosa che centra con tutto e con tutti. Pertanto parlare del presente per conoscere meglio la nostra storia e non aspettare che sia qualcun altro a scriverla per noi.
L’esigenza é quella di schierarsi, apertamente, fuori dalle metafore e fuori dai soliti percorsi, mettendo in connessione idee e passioni, per realizzare progetti che abbiano un respiro più grande di un solo spettacolo, che incontrino gente e pensiero, che si confrontino con comunità e altre vite.
Tutti gli artisti coinvolti lavoreranno su ipotesi di spettacolo e di comunicazione diverse ma con una metodologia comune.
Ogni nucleo artistico:
· Sceglierà una comunità la cui pratica ed esperienza, le difficoltà e i tentativi, appaiono significativi per il momento storico e culturale che stiamo attraversando. Il passaggio attraverso una comunità è essenziale in quanto permette di creare rete fra le esperienze e permette il confronto diretto.
· Sceglierà all’interno di queste comunità uno o più testimoni, facendo coincidere l’inizio del lavoro drammaturgico con un lavoro d’inchiesta, di interviste a partire dalle vite personali dei membri della comunità scelta.
· Avrà un tema drammaturgico comune: i limiti alle nostre libertà e diritti, attraverso le contraddizioni del quotidiano.
· Si confronterà costantemente con la comunità coinvolta durante le prove, riservandosi la più ampia libertà di elaborazione artistica dei materiali emersi, innestando contemporaneamente un meccanismo di scambio, di andata e ritorno di informazioni, provocazioni e suggestioni tra nucleo artistico e comunità coinvolta. Infine cercherà di presentare la prima volta il lavoro in spazi e luoghi in riferimento alla comunità scelta.
I diversi nuclei teatrali del progetto cercheranno una modalità di rapporto per condividere i processi di lavoro, attraverso il confronto delle drammaturgie in crescita, dei primi materiali scenici, delle ipotesi di spettacolo.
A partire da questo il progetto vuole porsi come forum dincontro e di discussione, come cantiere culturale, con chi, a Milano e altrove, si sente coinvolto, come attore, spettatore, intellettuale, attore politico.
All’interno del progetto Memoria del presente hanno preso avvio i seguenti lavori:
· Il giorno che comincio
· Mettersi in mezzo
· Progetto Argentina
· Stati di ordinaria instabilità
· I Professionisti del dubbio
Spettacoli debuttati
“Il giorno che comincio”
Dedicato alle ragazze di Genova
Testo e regia: Gianluigi Gherzi
Attrice-autrice Silvia Gallerano
Drammaturgia video Francesca Marconi
Comunità coinvolte Operazione Makaja, Centro Sociale Autogestito Deposito Bulk di Milano
Consulenza musicale Tommy Berta
Testimoni Alessia, Anna, Arianna, Camilla, Diana, Franz, Martina, Tommy di Operazione Makaja
Una città del Nord.
A quindici, sedici, diciassette anni sentire che qualcosa non va.
Uscire dalla scuola. Uscire dai pub. Uscire dalle case. Guardarsi attorno.
Unidea: prendersi un posto, viverci.
Spostare le macerie. Chiedersi: che ci faccio qui?
Sentire i fratelli maggiori che danno consigli.
Non ascoltarli troppo.
Sentire le parole della politica.
Provare a reinventarle.
Svicolare dalle identità fisse.
Rifiutare i ruoli e le maschere
che qualcuno ha già preparato per te.
Libertà dal conosciuto.
Libertà dalla memoria
intesa solo come fardello.
Provare a stare bene, qui e adesso.
Tra le spine della birra e la musica dei concerti.
In mezzo ai computer.
Tra le ruspe che buttano giù quello che hai costruito.
Poi gli otto grandi.
Le zone rosse.
La violenza e la morte.
Provare ad attraversare tutto questo.
Senza che nessuno ci rimanga sotto.
Unattrice-autrice da vita alle parole delle ragazze testimoni.
Parole di entusiasmo e di stupore,
di confusione e smarrimento.
Sentimento che si fa politico.
Politica del sentimento.
Immagini che scorrono come amplificazione del sentimento, che si fanno visione e paura,
osservazione e poesia.
Musica meticcia. Stili intrecciati e sovrapposti, dance hall esistenziale.
Rifiuto totale di santificarsi. Di santificare Genova. No retorica.
Domande tante. Domande grandi che nascono da un’età piccola.
Per chi vuole imparare a fare tesoro.
Per organizzazione: Alessandra Maculan 347-1077789 02-54178225
Spettacoli in prova
Progetto Argentina
Progetto di ricerca sul presente
a cura di Annabella Di Costanzo, Manuel Ferreira, Elena Lolli
Dicembre 2001. L’Argentina è in pieno caos.
Buenos Aires è travolta da un insurrezione popolare spontanea.
Per la prima volta in piazza scendono tutti, tutti battono sulle pentole gridando che i politici se ne vadano, tutti sono lì, ma per motivi diversi, al grido unanime “Que se vayan todos”
Scende anche la classe media che dopo anni di silenzio si ritrova unita alla protesta, colpita direttamente nel portafoglio, e minacciata di diventare i nuovi poveri dellArgentina.
Persone che fino a questo momento hanno sempre chiuso gli occhi, che hanno perso ogni rapporto con la politica e ignorato quei segnali che anticipavano ciò che sarebbe avvenuto,
Le cose cambiano rapidamente e in modo radicale. Tutto scivola via sotto i piedi, mutano i simboli, mutano i punti di riferimento.
L’ansia e la rabbia della perdita delle proprie sicurezze, lapertura di un nuovo paesaggio fatto di estremo bisogno, di tensione sociale, di nuove forme di protesta e di autorganizzazione per la sopravvivenza, di paurosa incertezza del futuro, aprono uno sguardo nuovo anche in chi viene da un lungo periodo di letargo.
Le file di persone davanti ai luoghi del “Trueque”, i luoghi del baratto di cibo, prodotti e servizi, le banche occupate, la fame per strada, le assemblee di quartiere. La dura realtà che appare non può fare più chiudere gli occhi a nessuno e continuare a ignorare anche quelle 200.000 persone che tutti i giorni entrano nella città per rovistare nella spazzatura, i cartoneros, quelli che nessuno ha mai voluto vedere.
Qualcosa è cambiato. Che cosa bisognava guardare e si è girati la testa dallaltra parte?
Il passato ritorna sotto forma di mille domande, il presente è fatto di quotidiane necessità, il futuro è un vuoto che fa paura ma che può anche significare nuove possibilità di pensare, nuovi immaginari, nuovi modi di agire.
Attraverso la testimonianza di un Argentino che vive e guarda da qui, dall’Italia, attraverso incontri, ricordi, esperienze, tentiamo di raccontare un presente sempre in rapido mutamento, e di pensare a questa Argentina come a uno specchio del nostro “sonno” e alla necessità di restare svegli.
Per informazione Tel. Manuel Ferreira 02.29409262 347 1515199
“Mettersi in mezzo”
partire per la Palestina
progetto di spettacolo a cura di Francesca Albanese,
Silvia Baldini, Maurizio Biosa, Elena Lolli
Testo e regia: F. Albanese, S. Baldini, E. Lolli
“Andava a vedere le guerre anche per stare in pace con se stessa. Ha amato inviati sul fronte ma diceva sorridendo che sarebbe stato meglio trovare un marito tranquillo, alla periferia di Milano
Qualche imbecille ha detto che cercava la morte. Io non credo affatto che cercasse la morte, credo che cercasse un po di pace dentro di sé e per questo, per una strana contraddizione, inseguisse le guerre
Chiamava spesso e diceva che stava benissimo, che le venivano i brividi all’idea di tornare a Milano. Peccato che non sia tornata davvero.”
Che cosa spinge attivisti, giornalisti e gente comune a decidere di partire per luoghi di guerra, come la Palestina? Luogo di un conflitto che attraversa le epoche, da sempre meta comune di generazioni diverse di attivisti.
Abbiamo il desiderio di approfondire le motivazioni che possono spingere una persona comune a partire per un luogo di guerra, raccogliendo testimonianze personali, non solo la cronaca e il racconto del viaggio, ma le emozioni, le paure e le contraddizioni del vissuto.
PARTIRE: “la difficile arte non del chiamarsi fuori, ma del mettersi in mezzo; non del rivendicare le garanzie, il reddito, la pace, ma del praticarle, mediante la complessa elaborazione di un’antropologia altra da quella del secolo che ci ha generati.”
Per informazioni: Silvia Baldini 02 2360441 o 349 6033721
AA._VV.
Tag: Milano (79), teatromilano (6)
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