Le recensioni di “atetro”: Medea da Euripide

di Emma Dante

Pubblicato il 10/03/2004 / di / ateatro n. 065

Il coro delle Donne di Corinto, nella Medea di Emma Dante tratta da Euripide – in scena al Teatro India – è composto da donne siciliane, donne della Vucciria.
Si chiamano Mimma, Caterina, Pupella, Rosetta, Giuseppina.
Nella realtà Gaetano Colella, Luigi di Gangi, Alessio Piazza, Stefano Miglio, Antonio Puccia, sono uomini, tutti molto bravi, uniti in scena da complicità, grande ritmo, vis comica.

Questo coro di donne sgraziate fa da cornice alla Medea di Iaia Forte, una popolana sempre gravida dotata di animalesca ed efficace potenza espressiva. Lontana da Giasone (Tommaso Ragno) e dalla reggia, Medea vive nei vicoli. Le scene mobili di Fabrizio Lupo, evocative e duttili, di volta in volta si chiudono e si aprono allo sguardo, facendoci intravedere un interno dalle luci soffuse e merletti alle finestre, dove in un atmosfera intima ha luogo il parto plurigemellare di Medea. Diventano in altri momenti un cortile da cui affacciarsi per comunicare e litigare tra vicine, o porte chiuse e sorde al picchiare doloroso e disperato di Giasone dopo l’infanticidio da parte di Medea. Giasone, è un uomo dai modi decisamente poco signorili: si disseta con l’acqua del pediluvio di una delle popolane, si asciuga con le tende di merletto, picchia le donne del coro, cerca di comprare la complicità di Medea, e Tommaso Ragno è efficace sia nel ruolo dell’uomo insensibile e gretto, sia nel dolore per la morte dei figli.
Entrambi i protagonisti ci commuovono nella scena finale, con Medea che porta in una culla/bara i vestitini grondanti acqua (segno della morte per annegamento), che vengono appesi pazientemente dalle Donne di Corinto, mentre il gioco di vendette reciproche non ci dà più la possibilità di distinguere tra ferito e feritore: “il mio dolore è gioia”, dirà Medea.

Il tutto è immerso nelle azzeccatissime sonorità dei Fratelli Mancuso, presenti in scena, che sono allo stesso tempo pianto neonatale, muggito e musica. Una pecca è sicuramente rappresentata da una drammaturgia a tratti sacrificata, in cui c’è poco spazio per affondare il coltello nella carne viva della tragedia, anche quando ce ne sarebbe l’occasione, o addirittura la necessità. Così, più che ad una rilettura di uno dei più grandi classici della drammaturgia antica, sembra di assistere a una storia di cronaca che non riesce a reinterpretare il mito. Lo spettacolo, ampiamente discusso dalla critica (a differenza dei primi due lavori della regista palermitana), è stato comunque applaudito a lungo e con entusiasmo dal pubblico per la sua godibilità.

Medea da Euripide
adattamento, regia e costumi Emma Dante
con Iaia Forte e Tommaso Ragno
musiche composte ed eseguite dal vivo da Fratelli Mancuso
Produzione Teatro Stabile di Napoli in collaborazione con Amat

Clara_Gebbia

2004-03-10T00:00:00




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