Il Decameron di Porciano: le cento novelle del Boccaccio in dieci notti

Farneto Teatro

Pubblicato il 03/11/2004 / di and / ateatro n. #BP2004 , 076

un progetto di
Maurizio Schmidt e Elisabetta Vergani

Borgo di Corciano, 2 agosto -21 agosto 2003 / 30 luglio – 12 agosto 2004

L’’idea di fondo

Nel Decameron un gruppo di giovani per resistere ad una grande calamità – la peste – fugge dalla città in un luogo di sopravvivenza sulle colline. Lì per passare il tempo essi cominciano a raccontarsi le storie che conoscono e quel luogo diventa spazio di emersione di una cultura sommersa e dimenticata, fatta di antiche e semplici novelle di piacere.
Il borgo di Corciano è parente prossimo della nota villa di Fiesole. E l’’aria che tira nel mondo, non è poi tanto differente da quella della peste del Boccaccio.
E’ così nato il progetto di una festa teatrale che costituisca una metaforica e collettiva fuga dallo spaesamento, dal lutto della guerra e del rimbecillimento mediatico ad essa collegata, affermando la resistenza della memoria intorno al puro e semplice atto del narrare antiche storie di amore per la vita.
Il Decameron di Corciano ha costituito per i trecento partecipanti ed i cinquemila spettatori delle sue due prime edizioni (agosto 2003 ed agosto 2004) un’’occasione di incontro intorno ad una immensa memoria collettiva. Il Decameron non è opera di uno scrittore, ma di un popolo; e l’’immagine di un antico borgo che risuona delle cento storie che sono nate insieme a lui ha voluto riportare tutti allo stupore di come nasce una cultura, con l’apporto collettivo di tutti quelli che parlandola la creano. In un’epoca in cui sembrerebbe che da questo meccanismo di partecipazione siamo irrimediabilmente tagliati fuori.

Le forme del progetto

Non si tratta perciò di uno spettacolo, ma di cento piccoli spettacoli: il borgo di un paese come un altro è trasformato nella villa di Fiesole e riattraversa sera dopo sera le dieci giornate del centone che sta alla base della nostra lingua. Non c’è un regista demiurgo, ma cento attori e musicisti provenienti da tutta Italia: intorno ad essi si aggregano danzatori, cori, figuranti locali.
La musica e le soluzioni sceniche dei novellatori si cimentano con il materiale immaginario: l’incredibile quantità di luoghi della cultura mediterranea citati nelle novelle, le lingue, le situazioni comiche o tragiche, i mestieri, i personaggi che sono i progenitori di tutti i personaggi del teatro moderno.
La forma è quella del narrare. Gli attori e i musicisti sono chiamati a compiere variazioni in libertà sulle novelle: ognuno con la sua sensibilità, la sua cultura, il suo dialetto, utilizzando la forma teatrale a sè più congeniale (maschera, melologo, scena drammatica, cantata popolare, narrazione semplice…) Le prove avvengono in corso d’opera, giorno dopo giorno; e le diverse novelle creano differenti aggregazioni di attori, scenografi, musicisti ogni giorno.
Gli spazi più nascosti del borgo – gli orti, i cortili, gli oratori – offrono il corrispettivo scenico, trasformati dalle proiezioni del ricchissimo materiale iconografico che esiste sulle novelle. Unici vincoli per tutti: relazionarsi con il materiale iconografico, e rispettare la durata di 10’. Per il resto assoluta libertà di stile, di drammaturgia, nessuna finzione da festa medioevale
Ne deriva uno spettacolo itinerante in cui ogni sera tutto è differente tranne la struttura. Il pubblico attraversa il percorso a stazioni composto dal prologo, dalle dieci novelle e dall’epilogo di ogni giornata.
I partecipanti rappresentano generazioni ed esperienze assai diverse: si va da attori come Virginio Gazzolo, Angela Cardile, Gigi Dall’Aglio, Davide Riondino, Gigio Alberti, Marco Sgrosso, Elena Bucci, Marco Manchisi, Claudio De Maglio, agli attori di Farneto Teatro, ad attori provenienti da diverse compagnie milanesi, a numerosi allievi diplomati della Paolo Grassi e attori di gruppi umbri. Identicamente i musicisti rappresentano provenienze assai disparate: musica classica, jazz, etnica, antica: si va da Cristiano Arcelli a Patrizia Bovi (Micrologus) a Cristina Vetrone a Gianni Maestrucci (Tetraktis) a Nando Citarella (Tamburi del Vesuvio) alla Banda di Chianciano a vari cori locali. Il settore dell’allestimento scenico è diretto da Paolo Baroni, quello illuminotecnico da Loredana Oddone.
Il progetto ha attirato molti borsisti o partecipanti volontari da varie scuole ed università.

Riflessioni organizzative

Il Decameron è un possibile esempio di una iniziativa nata al di fuori del sistema teatrale che ha trovato con le sue forze le forme della propria realizzazione.
1) Si tratta di una iniziativa professionale (tutti i partecipanti sono stati pagati per le loro prestazioni) che nasce da un profondo rapporto progettuale di Farneto Teatro con il territorio.
2) L’iniziativa è finanziata dalla Pro Loco attraverso una capillare raccolta di sponsorizzazioni da parte delle piccole ditte locali ed una compartecipazione del Comune per le infrastrutture. Lo sbigliettamento arriva a coprire un terzo dei costi. L’occasione è data da una manifestazione culturale (l’Agosto Corcianese) che ha trovato in questo progetto un buon motivo per convogliare tutti i propri sforzi in una iniziativa unica. La capacità di ottimizzare i costi di allestimento da parte di Farneto è sicuramente un elemento importante del bilancio.
3) I motivi dell’interesse incontrato: il progetto evidentemente assolve una richiesta di “medioevo” da parte della comunità locale (pur differenziandosi nettamente dalle forme canoniche del genere); il progetto rivitalizza l’acropoli del paese, sostanzialmente abbandonata, creando un movimento di attori e musicisti che provano le loro novelle e circolano per il paese; il progetto integra al proprio interno la comunità locale (comparse, servizio d’ordine, protezione civile) e ne professionalizza una parte che da tempo segue le iniziative di Farneto Teatro (attori, danzatori, musicisti); il progetto ha incontrato un immediato interesse da parte delle istituzioni culturali regionali e del pubblico che è stato assai numeroso
4) In definitiva il progetto ha trovato una possibilità di realizzazione per la sua intrinseca capacità di convincere ed incontrare esigenze “locali” senza perdere la propria libertà. Si è insomma riusciti a costituire una stimolante zona franca per artisti sovrapponendo questa esigenza alle esigenze di una comunità.

Non crediamo sia un modello ma solo una pratica che l’Associazione che l’ha organizzato percorre da 12 anni: rapporto col territorio, ricerca di forme di finanziamento di nicchia che permettano di realizzare progetti di eccellenza teatrale. Ciò non avviene tanto “al di fuori” del sistema, nè ai suoi “margini”, ma semplicemente laddove le sinapsi del sistema non giungono. O non giungono ancora.

Maurizio_Schmidt_e_Elisabetta_Vergani

2004-11-03T00:00:00




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