Libri & altro: Intelligenza & passione i chiaroscuri napoletani di Martone

Mario Martone, Chiaroscuri. Scritti tra cinema e teatro, a cura di Ada D’Adamo

Pubblicato il 02/01/2005 / di / ateatro n. 079

Chiaroscuri raccoglie una serie di testi scritti da Mario Martone nell’arco della sua carriera ormai quasi trentennale di regista teatrale e cinematografico e in generale di attento operatore culturale. Dunque testi d’occasione, comunicazioni a incontri e convegni, documenti programmatici (come quello per la fondazione di Teatri Uniti nel 1987), prefazioni, i toccanti ricordi di un amico come Antonio Neiwiller, gli omaggi a maestri come Rossellini e Pasolini, un’intervista sulle sue messinscene della tragedia greca… Con due nuclei forti, a punteggiare il libri, lo scambio epistolare con la «invisibile» Elena Ferrante, l’autrice del romanzo L’amore molesto, da cui Martone ha tratto forse il suo film più intenso; e i testi relativi alla stagione in cui diresse il Teatro di Roma, con gli editoriali della rivista pubblicata in quel periodo dallo stabile romano, «La porta aperta», e la lettera al sindaco di Roma con cui Martone si vedeva costretto a porre fine a quella intervista. E, a chiudere, la problematica recensione di Marco Lodoli al recente L’odore del sangue, il film tratto dal romanzo postumo di Goffredo Parise.
Insomma, una serie di testi con varie genesi e destinazione, che però mantengono una grande unità di ispirazione, di tensione, e persino di tono. A cogliere con esattezza la nota caratteristica del regista napoletano sono, inevitabilmente, le altre voci – debitamente autorizzate dall’interessato, che dunque si riconosce in questo ritratto. A cominciare da Elena Ferrante, quando parla della «passione e dell’intelligenza con cui s’è buttato in questo suo lavoro», appunto la trasposizione cinematografica del romanzo. E’ proprio l’intreccio di passione e intelligenza a caratterizzare il percorso del regista napoletano, evitandogli sempre le due trappole simmetriche dell’estetismo e del cinismo, portandolo sempre a tenere presente la dimensione civile – prima ancora che politica – del lavoro artistico (e in questo si specchia la sua predilezione per la tragedia greca).
Marco Lodoli porta invece in primo piano il rovescio di questa medaglia: da un lato «l’arte deve avere un ruolo sociale, deve avvicinarsi ai problemi della realtà per raccontarli e spiegarli. E’ l’atteggiamento illuminista, ma anche coraggiosamente partigiano, di chi senza preconcetti osserva la miseria e la combatte». Ma, nota Lodoli, «in Martone c’è un lato torbido, limaccioso (…) una scaletta viscida che cala nel buoi di una cantina privata e universale». Insomma, «Martone sa cos’è l’impegno civile, ma sa anche quanto potente è nell’uomo occidentale – in lui, in tutti – la tentazione dell’annullamento». Ecco, in questo doppio legame di intelligenza e passione, di intelligenza e passione civile, ma anche di intelligenza e passione personale, si possono cogliere i «chiaroscuri» del percorso e della personalità di Martone. E forse anche le ragioni profonde di quel passaggio dal «regista chiassoso che ero nei primi anni della mia attività teatrale, e il regista bisognoso di un po’ più di silenzio che credo di essere diventato in seguito».

Mario Martone, Chiaroscuri. Scritti tra cinema e teatro, a cura di Ada D’Adamo, Bompiani, Milano, 2004, 264 pagine, 18,00 euro.

Per chi voglia saperne di più sul periodo più «chiassoso» della parabola di Martone, vedi su www.olivieropdp.it l’intervista apparsa su «Il nuovo teatro italiano», a cura di Oliviero Ponte di Pino. E naturalmente sulla vicenda del Teatro di Roma e sui più recenti spettacoli di Martone, fai una ricerca in questo sito.

Oliviero_Ponte_di_Pino

2005-01-02T00:00:00




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