BPSUD Teatri e Diversità al Sud

Diffusione delle esperienze di Teatro Sociale nel Sud e nelle Isole

Pubblicato il 22/01/2007 / di / ateatro n. #BP2006 , 106

* Condirettore della Rivista “Teatri delle diversità” – Docente di Teatro di Animazione ed Economia dello Spettacolo all’’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, dove dirige, dal 1987, l’esperienza del Teatro Aenigma.

<<<<<<<<<<<<<<<< Facendo un omaggio a Napoli che ospita l’incontro, vorrei iniziare il mio intervento con un pensiero di Eduardo De Filippo sulla ‘Crisi del Teatro’ tratto da L’arte della Commedia.

CAMPESE: […] Una vera crisi del teatro non renderebbe niente a nessuno, mentre la “confusione” fatta passare per crisi teatrale diventa una cartella di rendita nelle mani dei confusionari.
DE CARO Fuori i nomi! Fuori le generalità complete di questi maledetti.
CAMPESE: E’ una parola! I maledetti hanno sempre la maggioranza assoluta, vincono loro.
[…]
CAMPESE: Il Governo si fa in quattro per sollevare le sorti del teatro, ma gli uomini responsabili cui è demandato il compito, si sono sempre formati ai margini del problema, non lo hanno mai affrontato fino alle radici. Le cose fatte a metà non hanno mai dato buoni risultati.
DE CARO: Lei sta esagerando. Milioni e milioni se ne vanno in fumo per sovvenzionare il teatro.
CAMPESE: Se ne vanno in fumo perché si fanno le cose a metà

Nel dialogo tra Oreste Campese, attore capocomico di una compagnia girovaga, e sua eccellenza De Caro, Prefetto di un qualunque capoluogo di provincia, c’è tutta l’amarezza di Eduardo che descrive come, negli anni in cui è stata scritta l’opera, con responsabilità ed una posizione ambigua, lo Stato Italiano “tirannico, per sembrare mecenatesco e liberale non esita a fare il più largo uso dell’ipocrisia e della corruzione” (da una lettera aperta al ministro dello Spettacolo del 1959, cit. in Bergonzini e Zardi, Teatro anno zero, Parenti, Firenze 1961, pp 143-44).
Gli ultimi avvenimenti ci confermano che la situazione non è molto cambiata a distanza di quasi cinquant’anni!

Nella sua lucidità, Eduardo, fu anche tra i primi a comprendere le potenzialità del teatro nei luoghi del disagio, in particolare quando, nel 1982, offre il ricavato della prima replica di un recital, realizzato insieme a Carmelo Bene, ai ragazzi delle Carceri Minorili del Fornelli di Bari e del Filangeri di Napoli, dove si era battuto per avviare dei corsi di formazione professionale per tecnici dello spettacolo.

Da allora molta strada è stata fatta e dall’Osservatorio privilegiato della rivista “Teatri delle diversità”, che a ottobre scorso ha festeggiato i suoi primi dieci anni di vita, possiamo felicemente affermare che, al di là di qualsiasi – purtroppo sempre attuale – riflessione sulla crisi del teatro, il fenomeno delle esperienze della Scena Sociale italiana è molto vivo, articolato ed interessante, nonostante la perdurante e completa disattenzione da parte degli organi istituzionali competenti, ma anche l’assenza di riferimenti concreti nelle diverse proposte di legge sul teatro che si sono succedute.
In modo particolare alle esperienze di Teatro ed Handicap, Teatro e Carcere, Teatro e Disagio Psichico, in particolare, sono stati dedicati negli ultimi anni diversi Convegni e iniziative (anche il Congresso Mondiale del Teatro Universitario, che si è svolto ad Urbino dal 21 al 26 luglio 2006, ha organizzato una sessione di studio sulla specificità e ricchezza del Teatro Sociale in Italia).
Strumento importante per l’analisi del fenomeno (anche se non esaustivo e da intendere come work in progress) è stato il “Primo Censimento Nazionale di gruppi e compagnie che svolgono attività con soggetti svantaggiati”, pubblicato nel 2004 dall’Associazione Culturale Nuove Catarsi, editrice della rivista “Teatri delle diversità” in collaborazione con Università di Urbino, Ente Teatrale Italiano, E.N.E.A., Compagnia Diverse Abilità di Roma.
Se l’obiettivo principale del Censimento è stato quello di dare visibilità al sommerso e di incoraggiare interventi di legittimazione e concreto sostegno politico – e quindi anche economico – a chi opera nel settore, non di secondaria importanza ne è risultata la constatazione che il teatro, nelle sue specificità, trae linfa e contemporaneamente incide nei diversi ambiti di riferimento presi in considerazione (educativi, sociali, artistici, sanitari, scientifici).
Avvalendomi di alcune sintetiche considerazioni fatte all’interno del comitato scientifico che ha eseguito la ricerca, posso dire che si tratta di esperienze artistiche realizzate in gran parte nel Centro e nel Nord del paese (51% al Centro, 33% al Nord, 16% al Sud e nelle Isole), prevalentemente nate attorno agli anni Novanta e operanti direttamente nell’area del disagio. Esperienze che si legano al settore pubblico (scuole e ambito socio-sanitario) e da questo ricevono gli strumenti finanziari per sostenersi, soprattutto con il contributo degli enti locali. I gruppi, configurati prevalentemente come associazioni, lavorano per la maggior parte con i disabili, persone con problemi psichici, e dichiarano di avere un approccio integrato.
In massima parte le competenze di chi opera si legano alle professioni del teatro, ma consistente è anche la presenza di operatori provenienti dal settore della riabilitazione. Il linguaggio espressivo scelto risente dell’indirizzo artistico prevalente nei gruppi, con una forte spinta per il superamento del teatro di parola a favore di un lavoro di relazione e di movimento.
Anche nell’ambito del teatro integrato prevalgono forme laboratoriali, in linea con le avanguardie teatrali e la ricerca, non soltanto artistica ma anche scientifica.
Il laboratorio è il luogo deputato della ricerca, in qualsiasi ambito disciplinare venga proposto: permette tempi e modalità di lavoro non immediatamente rivolti al prodotto finale, pur tenendone conto; favorisce un ripensamento ed un adeguamento delle esigenze artistiche e di comunicazione tra i soggetti coinvolti, in cui le persone “svantaggiate” possono ottenere un grado di ascolto e possibilità espressive altrove negate, fa sì che gli operatori e gli artisti possano verificare e mettere a punto tecniche e metodi condivisi, calibrare il lavoro comune e verificare gli obiettivi costantemente.
Ciò che il censimento lascia intendere (e con esso anche l’esperienza di chi opera in questo ambito quotidianamente) è una crescente richiesta di circuito, di conoscenza reciproca, di formazione condivisa e di possibilità di mostrare i risultati del proprio lavoro pubblicamente e, guarda caso, tale esigenza è ancora più forte al Sud e nelle Isole, dove spesso sono inferiori le opportunità di diffusione delle esperienze, sicuramente rapportabili a un divario di sostegni pubblici alle iniziative rispetto al Centro Nord.
Ma, anche se al censimento compete un’analisi di tipo prevalentemente quantitativo, possiamo affermare, grazie a molteplici osservazioni – che trovano spazio sulle pagine di “Teatri delle diversità”- che il valore qualitativo delle esperienze al Sud è molto alto e, a volte, fa scuola anche a Centro Nord. E’ il caso, per esempio, del lavoro pionieristico di Enzo Toma nell’ambito del Teatro ed Handicap che, già all’interno del Teatro Kismet di Bari e successivamente – rendendosi autonomo – con la Cooperativa Maccabé Teatro, ha portato avanti innumerevoli progetti di formazione su tutto il territorio nazionale attraverso l’idea del ‘gesto fallibile’. “L’ imperfezione della perfezione, per loro natura esse appartengono ad un cerchio, in un perenne inseguirsi, appena la perfezione trova successo è pronta per essere distrutta” : cito una riflessione di Enzo Toma che ha orientato la drammaturgia dell’ultimo spettacolo La partenza degli arrivi della Compagnia Gli amici di Luca di Bologna, composta da attori volontari e da persone con esiti di coma.
“L’essere umano come poesia è il lavoro definitivo e ultimo del nostro pensare al teatro” è invece la dichiarazione poetica alla base del ‘Teatro di scoperta’ dell’Associazione Neon/Teatro Scalo Dittaino di Catania, diretta da Piero Ristagno e Monica Felloni, che ha sviluppato importantissimi progetti in Sicilia negli ultimi quindici anni. Dal lavoro all’Ente Nazionale Sordomuti che ha visto nascere la Compagnia del Teatro del Sole a quello con l’Associazione Italiana Persone Down che ha permesso la formazione della Compagnia Bagnati di luna, dalle più recenti sperimentazioni in Comunità terapeutiche assistite sul disagio psichico, alle produzioni con lo scultore non vedente Felice Tagliaferri.
Decisamente importante è anche l’esperienza di Alessandro Mascìa di Cada Die Teatro di Cagliari, uno dei gruppi più attenti della ricerca teatrale italiana degli ultimi trent’anni che su ‘Teatro e Marginalità’ ha costruito il progetto “Migranti” con alcune sperimentazioni a Lanusei, in provincia di Nuoro, dove, strada facendo, ha preso forma lo spettacolo Dedicato a Gigi che lo stesso Mascìa ha realizzato insieme a Mauro Mereu. Un lavoro che tra ironia e paradosso, racconta i preconcetti, le emozioni e le paure vissuti da un attore nel momento in cui si trova a gestire un’attività teatrale per un gruppo di partecipanti ‘diversi’.
E le scoperte non si fermano qui: altre interessanti esperienze sono state condotte negli ultimi anni a Cosenza (nel dicembre del 2003 ho assistito, presso il Teatro dell’Acquario a uno spettacolo in vernacolo calabrese della Compagnia Handicap e non solo con uno straordinario ‘humour beckettiano’) o a Lecce (presso l’Università per alcuni anni è stato attivo il Centro Itaca che ha permesso l’attuazione di significativi progetti espressivi intorno ai temi dell’‘integrazione partecipata’, a volte in collaborazione con il Teatro Koreja).
Concludo con le più recenti scoperte fatte proprio attraverso lo sviluppo del Censimento che sta proseguendo mediante una rubrica con schede pubblicate sulle pagine della rivista (chi volesse aderire all’iniziativa segnalandoci l’esistenza di nuovi progetti su Teatro e Disagio può contattarci al numero di tel/fax 0721 893035).
Interessante è stata l’osservazione del particolare fermento degli ultimi anni in provincia di Potenza: cito per tutte la Compagnia Mandragola Teatro di Marsico Vetere che, nell’ambito di un apprezzabile lavoro di ricerca con persone con disagio psichico, ha recentemente messo in scena Chisciotte Cavaliere Errante, spettacolo liberamente ispirato al romanzo di Cervantes con attori e pupazzi manovrati a vista (testimonianza riportata anche all’interno dell’ultimo Convegno sui “Teatri delle diversità” che riunisce ogni anno in ottobre a Cartoceto – Pesaro e Urbino – studiosi e operatori impegnati del settore).
Come diceva una cara amica, attrice del Living Teatre: “E la Vita del Teatro Continua…”

Vito_Minoia_*

2007-01-22T00:00:00




Tag: teatro sociale e di comunità (97)


Scrivi un commento