Il lavoro nello spettacolo dal vivo

I dati occupazionali del settore e gli ammortizzatori sociali

Pubblicato il 06/07/2009 / di / ateatro n. 122

1. Premesse
Dal momento che nel testo della nuova proposta di legge si parla di “Interventi in materia di tutele assicurative, di collocamento al lavoro e di welfare” (art. 15) si ritiene utile analizzare sia gli andamenti occupazionali nell’ambito dello spettacolo dal vivo, sia le tutele assicurative e di welfare attualmente disponibili.
Gli studi esistenti relativi all’occupazione nel settore dello spettacolo risultano estremamente limitati e difficilmente comparabili tra loro sia a causa di una difficoltà oggettiva di acquisire dati ufficiali e certificati sull’argomento sia per la mancanza di parametri comuni per la raccolta e l’analisi dei dati.
Gli unici lavori disponibili sono quelli realizzati dall’Osservatorio dello Spettacolo, elaborazioni effettuate a partire dai dati forniti dall’ENPALS, Ente cui è affidato il compito di effettuare, su base campionaria, le rilevazioni sull’occupazione nello spettacolo.
Prima di passare ad analizzare la situazione occupazionale in Italia, però, risulta doverosa una breve premessa: i dati forniti dall’ENPALS non fotografano la reale situazione occupazionale del settore.
I dati raccolti dall’Ente Previdenziale risultano spesso incompleti e non fanno emergere tutto un insieme di lavoratori occupati, pagati in nero o non pagati, che in realtà è molto diffuso nel settore.
Nello specifico i dati non risultano attendibili relativamente a:
• numero di lavoratori: calcolato per ogni settore di attività (teatro, cinema, etc.). Si incorre, quindi, nella possibilità di contare due volte il medesimo lavoratore che opera in due settori distinti
• retribuzione dichiarata e giornate dichiarate: pratica diffusa all’interno del settore dello spettacolo è quella di aprire giornate contributive al minimo sindacale e pagare i lavoratori con un forfait di lunga inferiore a quello dichiarato oppure non mettere in agibilità un lavoratore pagandolo in nero o non pagandolo
Altro fenomeno da prendere in considerazione, secondo i rapporti dell’ENPALS, è la pratica, sviluppatasi negli ultimi anni, di reperire il personale sotto forma di collaborazione occasionale: tale prassi porta a una necessaria sottostima dei dati presentati in quanto questi lavoratori sfuggono alla contabilità dell’ENPALS.

2. Analisi occupazionale nello spettacolo
Analizzando i dati elaborati dall’Osservatorio dello spettacolo emerge che un lavoratore dello spettacolo (si prendono in considerazione i campi dello spettacolo dal vivo e cinema) lavora, per il 2005, una media di 79 giornate annue (1) , pari a poco meno di 4 mesi se si considerano 5 giornate lavorative settimanali.
Nel 2006 la situazione sembra ulteriormente peggiorata: da una recente ricerca ad opera di Anna Rosa Maselli e Silvia Sartucci dell’Osservatorio dello Spettacolo emerge che nel 2006 i lavoratori dello spettacolo impiegati (ca.129.401) lavorano in media 61 giornate(/2) ciascuno e con una retribuzione annua di 7.296 euro.
Nello specifico il dato medio del 2006 evidenzia che solo tra gli impiegati vi è un rapporto di lavoro che può considerarsi stabile in quanto sfiora le 217 giornate lavorative medie annue (n. 200 nel 2005), mentre le professioni che lavorano maggiormente (sia nel 2005 che nel 2006) sono gli amministratori, i direttori di scena e di doppiaggio, i tecnici, gli operatori e le maestranze e gli scenografi che lavorano più di 100 giornate annue.
Tutti gli altri, soprattutto tra le professioni artistiche, lavorano meno di 100 giornate l’anno ed in alcuni casi meno di 50.
In particolare gli attori, nel 2005, lavorano mediamente 49 giorni, percependo un compenso medio di 9.000 euro l’anno.
I dati del 2006, purtroppo non risultano comparabili con quelli del 2005 in quanto comprendono, all’interno della categoria “attori” tutta una serie di professioni (imitatori, illusionisti e prestigiatori, etc.) che non venivano considerati nell’analisi precedente.
La situazione non è molto incoraggiante neanche per coreografi/ballerini/tersicorei e registi/sceneggiatori che lavorano in media rispettivamente 60 e 89 giornate l’anno.
Precisato che all’interno delle categorie la variabilità del numero di giornate e del reddito medio è particolarmente elevata, il dato medio conferma come il settore dello spettacolo non garantisca, nel complesso redditi elevati.
Per quanto riguarda la RETRIBUZIONE MEDIA ANNUA e REDDITO ANNUO STIMATO PER GRUPPO PROFESSIONALE, i dati forniti dall’Osservatorio (anno 2005) evidenziano come in Italia il settore dello spettacolo è capace di garantire un lavoro continuativo e che permetta di mantenersi a meno del 48% delle persone che vi operano.
Il numero di lavoratori, escluso il gruppo “generici e figuranti”, che si trova al di sotto della soglia di povertà relativa (3) è, infatti, il 52,4% del totale. Questo dimostra la necessità di integrare i redditi percepiti dai lavoratori dello spettacolo, soprattutto appartenenti alle categorie artistiche, con redditi provenienti da lavori part-time, spesso non attinenti alla professione artistica svolta.
Analizzando invece il GENERE dei lavoratori dello spettacolo emerge che nel settore prevalgono numericamente i lavoratori di genere maschile (63%) rispetto alle lavoratrici femminili (37%) in tutti i settori dello spettacolo tranne che nella danza. In particolare, soffermandosi sul reddito percepito, va sottolineato come esista un gap tra uomini e donne, che vede gli uomini mediamente meglio retribuiti delle donne.
Relativamente all’occupazione in relazione alle FASCE D’ETÀ, risulta che il maggior numero di personale impiegato ha tra i 25 ed i 44 anni; da questa fascia di età in poi, maggiori sono gli anni e minore è il numero di lavoratori.
In particolare nel 2006 è presente un maggior numero di lavoratori tra i 20 ed i 29 e successivamente, con l’avanzare dell’età, vanno diminuendo. Se ne deduce pertanto che i giovani rimangono un periodo breve nel mercato del lavoro dello spettacolo ed iniziano ad uscirne dai 35 anni in poi.

3. Ammortizzatori sociali
Per sostenere l’occupazione (in tutti i settori economici), lo Stato ha a disposizione alcuni dispositivi (ammortizzatori sociali) (4) volti a sostenere lavoratori temporaneamente disoccupati.
Tra questi l’indennità di disoccupazione, concessa dall’INPS, è uno strumento che permette al lavoratore, qualora perda il lavoro, di percepire un reddito (5) per un periodo di massimo otto mesi (dodici per chi ha superato i 50 anni di età).
Nonostante l’intermittenza sia insita nel lavoro nello spettacolo, contraddistinto in prevalenza da rapporti di lavoro a tempo determinato, i lavoratori dello spettacolo, nel periodo di inattività tra un contratto e un altro, non godono di benefici particolari rispetto a lavoratori di altri settori.
Nel settore dello spettacolo, quindi, possono beneficiare dell’indennità di disoccupazione quei lavoratori per cui, nel periodo precedente la richiesta, sia sussistito un effettivo rapporto di lavoro subordinato (es. come gli impiegati e gli amministrativi) e per i quali il datore di lavoro è obbligato per legge a versare una quota per l’assicurazione contro la disoccupazione.
Il lavoratore dello spettacolo e soprattutto l’artista, però, è un lavoratore anomalo: pur svolgendo un lavoro caratterizzato da effettiva subordinazione, infatti, può essere impiegato sia come libero professionista che come dipendente.
Per questo motivo, non tutti i lavoratori dello spettacolo possono usufruire dell’indennità di disoccupazione e, tra tutti, gli artisti sono i lavoratori maggiormente penalizzati: secondo la normativa vigente (6), “non tutti i lavoratori dello spettacolo sono obbligatoriamente assicurati presso l’INPS contro la disoccupazione. Infatti, i lavoratori a cui è richiesta una specifica preparazione tecnica, culturale ed artistica sono esclusi dall’obbligo assicurativo, in quanto le loro prestazioni vengono considerate come tecnicamente autonome”.
Secondo queste disposizioni, anche nel momento in cui gli artisti siano impiegati come dipendenti, non esiste l’obbligo, da parte del datore di lavoro, di versare la quota per l’assicurazione contro la disoccupazione. D’altra parte, il lavoratore stesso, spesso per disinformazione, non fa valere il diritto al versamento in quanto, abituato a contrattare sul compenso netto, vedrebbe diminuire il compenso in busta paga.
Per ottenere l’indennità di disoccupazione i lavoratori dello spettacolo, qualora esista un effettivo rapporto di lavoro subordinato e sia stata versata la quota per l’assicurazione contro la disoccupazione, devono soddisfare alcuni requisiti:
• devono essere disoccupati,
• assicurati all’INPS da almeno due anni
• avere almeno 52 contributi settimanali (un anno di contribuzione) nel biennio precedente la data di cessazione del rapporto di lavoro (7) .
Nel caso siano soddisfatti questi requisiti l’indennità viene corrisposta per un massimo di 240 giorni (360 giorni per i lavoratori che abbiano un’età pari o superiore a 50 anni).
Chi invece non raggiunge i requisiti minimi per la domanda d’indennità a regime ordinario può fare domanda per un’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti. Questa spetta ai lavoratori che, non raggiungendo i 52 contributi settimanali negli ultimi due anni, abbiano lavorato nell’anno precedente almeno 78 giornate (comprese le festività e le giornate di assenza indennizzate); risultino assicurati da almeno due anni e possano far valere almeno un contributo settimanale prima del biennio precedente la domanda (8).
Non esiste in Italia uno studio specifico sul numero di domande di indennità di disoccupazione richieste dai lavoratori dello spettacolo.
Tuttavia calcolando che nel settore spettacolo i lavoratori sono occupati in media 61 giornate, il numero di lavoratori che può fare domanda per la disoccupazione a regime agevolato è estremamente ridotto. Tra le categorie che verosimilmente riescono ad ottenere tale indennità (alcune categorie possono aspirare anche a ricevere l’indennità ordinaria) sono gli impiegati e gli amministrativi; mentre categorie come attori, musicisti, etc. mediamente sono ben lontane dall’avvicinarsi alle soglie delle 78 giornate.

4. Appunti di lettura
Art. 15. Interventi in materia di tutele assicurative, di collocamento al lavoro di welfare
Il comma 1. indica le categorie di lavoratori cui si applicano le disposizioni dei commi 2, 3, 4. Le categorie interessate sono quelle obbligatoriamente assicurate presso l’ENPALS e raggruppate nelle lettere A) lavoratori a tempo determinato che prestano attività artistica o tecnica direttamente connessa con la produzione e la realizzazione di spettacolo e B) lavoratori a tempo determinato che prestano attività al di fuori delle ipotesi di cui al raggruppamento sub A. (Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 15 marzo 2005).
Il comma 2. estende l’obbligo dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, fino a oggi previsto solo per le maestranze tecniche, a tutti i lavoratori di cui al comma 1.
Il comma 3. Determina il limite temporale (sei mesi dall’entrata in vigore della legge) entro cui si devono definire misure sperimentali per il sostegno del reddito e del reinserimento occupazionale delle categorie artistiche dei tersicorei e dei ballerini.
Ci si chiede perché nonostante esista l’esigenza di creare strumenti specifici ed efficaci a sostegno di tutti i lavoratori del settore dello spettacolo, ci si limiti ad indicare delle misure specifiche solamente per due delle numerose categorie d cui al comma 1. Per tutte le altre categorie, infatti, si rimanda ad una futura e non ben precisata riforma degli ammortizzatori sociali.
Il comma 4. indica alcune misure sperimentali di cui al comma 3: la costituzione presso l’ENPALS di un apposito fondo la cui dotazione iniziale è di 6 milioni di euro a carico dell’Ente; la definizione di un trattamento sostitutivo della retribuzione, subordinato alla cessazione dell’attività lavorativa, fino al conseguimento dell’età pensionabile anticipata prevista per la categoria, pari al 60% dell’ultima retribuzione percepita; previsione della cumulabilità della prestazione di sostegno al reddito di cui al punto precedente, con i redditi da lavoro dipendente o autonomo eventualmente acquisiti durante il periodo di fruizione dell’assegno medesimo; obbligo a carico dei percettori a svolgere incarichi non retribuiti presso amministrazioni pubbliche finalizzati alla promozione dell’attività del balletto classico.
Il comma 5. prevede la possibilità, per i lavoratori di cui al comma 1, di versare in maniera volontaria i contributi relativi alle giornate mancanti per raggiungere delle 120 giornate di prestazione annue richieste ai fini previdenziali per avere diritto alla pensione.
Il comma 6. vede nella borsa «Listaspettacolo.it» un modo per favorire l’incontro dei lavoratori con operatori del settore e per constatare l’andamento del mercato del lavoro attraverso un monitoraggio statistico e una valutazione delle politiche del lavoro.
Viene da chiedersi quanto questa lista possa veramente favorire l’occupazione nel settore dal momento che le offerte di lavoro spesso vengono diffuse all’interno di una rete di contatti limitati e quasi mai tramite canali istituzionali.
Il rischio è quello di replicare l’esperienza della Lista unica nazionale dei lavoratori dello spettacolo che aveva, tra gli altri, “l’obiettivo di creare un luogo unico di incontro tra domanda e offerta di lavoro […]” e che ora è stata soppressa nella logica di una semplificazione delle procedure per l’impiego di lavoratori (art. 39 DL 112/08)
La Lista non potrebbe neanche risultare utile ai fini del monitoraggio statistico e delle valutazione delle politiche del lavoro dal momento che le rilevazioni subirebbero gli stessi limiti di quelle effettuate dall’ENPALS e precedentemente esposte.

NOTE

1. Sono esclusi dal conteggio i generici e i figuranti che abbasserebbero ulteriormente la media che arriverebbe così a 61 giornate lavorative annue.
2. Se consideriamo convenzionalmente un anno lavorativo di 250 giorni, si può dedurre che 61 giornate di lavoro corrispondono a circa tre mesi.
3. Secondo l’ISTAT “la soglia di povertà relativa è calcolata sulla base della spesa familiare rilevata dall’indagine annuale sui consumi condotta su un campione di circa 28 mila famiglie estratte casualmente. […] La spesa media mensile per persona rappresenta la soglia di povertà per una famiglia di due componenti e corrisponde, nel 2005, a 936,58 euro al mese”, cifra che per 12 mensilità, equivale a 11.239 euro all’anno. Le famiglie composte da due persone che hanno una spesa media mensile pari o inferiore a tale valore vengono quindi classificate come povere.
4. Per ammortizzatori sociali s’intende un complesso ed articolato sistema di tutela del reddito dei lavoratori che sono in procinto di perdere o hanno perso il posto di lavoro.
5. L’importo viene calcolato sulla base della retribuzione percepita nei tre mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro.
6. Punto 5 dell’art. 40 del R.D.L 4.10.1935, n. 1827.
7. I contributi settimanali validi (cioè necessari per poter richiedere l’indennità di disoccupazione) sono quelli versati per l’assicurazione contro la disoccupazione involontaria. Alcuni periodi di contribuzione figurativa sono considerati utili al raggiungimento delle 52 settimane contributive (es. periodi indennizzati di astensione obbligatoria o facoltativa per maternità, etc.), altri, considerati neutri, pur non concorrendo al raggiungimento delle 52 settimane contributive necessarie consentono di ampliare il biennio nel quale ricercarle (es. servizio militare, etc.).
8. La disoccupazione a requisiti ridotti spetta per i periodi di non occupazione nell’anno solare precedente e per un numero di giornate pari a quelle effettivamente lavorate nello stesso anno fino ad un massimo di 156, comprese quelle eventualmente indennizzate con i requisiti normali.

Alessandra_Narcisi

2009-07-06T00:00:00




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