BP2012 Materiali Save the date! Le Buone Pratiche del Teatro il 25 febbraio 2012 a Genova

Il tema dell'ottava edizione: Movimenti e istituzioni

Pubblicato il 12/10/2011 / di / ateatro n. #BP2012 , 138

Le Buone Pratiche del teatro
Ottava edizione

Movimenti e istituzioni
a cura di Mimma Gallina e Oliviero Ponte di Pino

Genova, Sala delle Grida del Palazzo della Borsa, piazza De Ferrari
sabato 25 febbraio 2012, ore 9.30-18.30

In collaborazione con Genova Palazzo Ducale – Fondazione per la Cultura

Il vento sta cambiando. Anche nel teatro italiano. Così come ha continuato a cambiare in passato, nel teatro e nella società, in direzioni spesso imprevedibili ma con un vigore sempre rinnovato.

Le nostre scene hanno visto, per limitarsi ai decenni del dopoguerra, il susseguirsi di diversi movimenti, che più o meno consapevolmente ne hanno segnato l’evoluzione. Nell’immediato dopoguerra i teatri stabili, e via via le successive declinazioni della regia. La prima avanguardia romana degli anni Sessanta. Il Convegno di Ivrea nel 1967. Il ’68 e l’esplosione delle cooperative. Negli anni Settanta l’animazione e il teatro ragazzi, i gruppi di base e il Terzo Teatro. Per quasi quarant’anni, ormai, le successive generazioni del nuovo: la post-avanguardia, i Teatri 90 e ancora oltre, fino ai nuovissimi emersi negli anni Zero. La moltiplicazione e la disseminazione dei festival su tutto il territorio nazionale, non solo nella stagione estiva. Negli anni Novanta la narrazione, il teatro civile e i teatri delle diversità. Più di recente, gli intrecci tra satira e politica, con comici che innescano movimenti politici (Beppe Grillo e il Movimento Cinque Stelle, ma ancora prima Dario Fo) mentre giornalisti e opinion makers fanno spettacolo (per esempio Marco Travaglio o Gherardo Colombo). Sono solo alcuni esempi di una storia ancora più ricca e articolata, fatta di una molteplicità di “onde teatrali” che hanno praticato innovazioni insieme estetiche e organizzative, con un effetto decisivo nel rapporto con il pubblico. Le mille realtà, e gli individui, che hanno animato queste onde si sono fatti portavoce di queste novità e hanno lottato per affermarle nella loro pratica, nel loro rapporto con “il teatro che c’era” e con l’intera società.

Il teatro intrattiene un dialogo profondo con le trasformazioni della società e della cultura. Molto spesso le invenzioni dei teatranti danno forma e rendono visibili le novità – compresi i conflitti e le involuzioni – che emergono nel tessuto sociale, a volte le anticipano con straordinaria sensibilità. La scena nutre le trasformazioni della polis, e se ne nutre. Riattiva gli spettatori, e con loro la società, usando gli strumenti della sua consapevolezza, che è umana ed estetica prima ancora che politica. Nel corso di questi (quasi) settant’anni di storia repubblicana, queste invenzioni teatrali, appassionate e necessarie, hanno trovano nelle istituzioni pubbliche una risposta più o meno attenta e rapida. Ministero ed enti locali hanno periodicamente “aperto” a queste emergenze, sia con il sostegno finanziario sia”dal punto di vista normativo.

Oggi l’Italia sta vivendo una grave crisi economica, politica e morale: dunque sta per affrontare profonde e rapide trasformazioni. Non a caso anche il teatro italiano si è messo in moto: l’occupazione del Teatro Valle è il sintomo più clamoroso di una protesta che è prima di tutto volontà di cambiamento: emblematca l’attenzione che oggi riscuote, anche in campo culturale, il concetto di “bene comune”.
Ma i movimenti non possono nutrirsi solo dell’entusiasmo che caratterizza il loro “stato nascente”, che è inevitabilmente destinato a perdere slancio. Prima o poi, se vogliono davvero incidere, i movimenti spontanei devono darsi una struttura, una forma.
Dal canto loro, le istituzioni non possono restare impermeabili a quanto accade intorno a loro: se lo fanno, rischiano di diventare vuote burocrazie, che hanno come principale obiettivo l’autoconservazione (e infatti, quando insistono ad arroccarsi, rischiano di implodere o di essere spazzate via).
Senza dimenticare che anche il teatro, da secoli, è fatto di istituzioni, anche se spesso fragili e precarie. Istituzione economica è la compagnia teatrale: le società dei comici dell’arte nate nel Cinquecento, basate su un contratto tra liberi e uguali, inventarono un soggetto giuridico che si è poi esteso a diversi altri settori dell’economia. Istituzione architettonico-urbanistica, oltre che economica, è l’edificio teatrale, inserito nel tessuto della città accanto ad altri luoghi emblematici del nostro vivere civile. Istituzioni più o meno longeve sono anche i festival e i circuiti, le scuole e le accademie di teatro… Così anche i teatri (e il teatro nel suo insieme) si strutturano come istituzioni. Ed entrano in rapporto con altre istituzioni. Prima di tutto quelle politiche e amministrative, con i loro diversi regolamenti e controlli, dal governo centrale agli enti locali, nelle loro varie articolazioni. Queste istituzioni hanno le loro esigenze (che esprimono attraverso un sistema di regole ed affidando eventuali commissioni e incarichi), e possono decidere di sostenere l’attività teatrale attraverso un sostegno economico diretto o indiretto, o con la fornitura di servizi. Il teatro può entrare in contatto anche con altri soggetti economici: committenti, mecenati e sponsor, e gruppi in vario modo organizzati di spettatori.
Sono dunque due nodi intrecciati quelli che deve affrontare il nuovo che emerge con vitalità nel teatro: da un lato strutturare (o rinnovare) le proprie forme istituzionali; dall’altro costruire un rapporto con altre istituzioni, una relazione necessaria – vista la natura sociale e civile del teatro – ma che condiziona inevitabilmente il suo sviluppo.
Nell’ottava edizione delle Buone Pratiche del Teatro (a Genova, il 25 febbraio prossimo) cercheremo di capire se è possibile trovare, nelle diverse circostanze, punti d’equilibrio efficaci tra queste due tensioni: come è possibile conciliare gli entusiasmi spesso confusi della scoperta e del rinnovamento con le esigenze e il modus operandi delle istituzioni?

Il vento del cambiamento sta soffiando con grande forza, dentro e fuori dal teatro. Molti dei fragili equilibri raggiunti fino a oggi sono inevitabilmente destinati a cambiare. Il nostro compito è, nei limiti del possibile, cercare di comprendere questo cambiamento e indirizzarlo secondo principi di umanità, bellezza e libertà.
Nel corso della giornata del 25 febbraio, come d’abitudine intensa e ricca di passioni, affronteremo queste tematiche, non tanto da un punto di vista storico e teorico, ma soprattutto cercando di esaminare come questi problemi vengano affrontati nella pratica. Oltre ai temi a cui abbiamo accennato, parleremo tra l’altro anche di molte altre esperienze:

il movimento degli indignati teatrali (al Teatro Valle e non solo) anche in rapporto a quanto sta avvenendo all’estero, il corretto rapporto tra teatri e amministrazioni pubbliche, i criteri di valutazione dell’atività teatrale e le relative responsabilità (dalla commissione ministeriale in giù), quello che abbiamo definito “il metodo Pisapia” ovvero pregi e difetti della nuova politica del’ascolto, i cittadini che si impegnano a rilanciare un teatro abbandonato da anni, il neonato premio dei siti e dei blog di informazione e critica teatrale, il Sud tra evoluzione e involuzione (le residenze in Puglia, la rete dei teatri in Sicilia, il nodo Campania, uno stabile per la Basilicata, la Calabria tra scandali e opportunità), l’evoluzione di reti e residenze (dalla Lombardia alla Liguria, dalla Puglia alla Sicilia), l’evoluzione del teatro sociale e di comunità, lo sviuppo dei teatri delle diversità e delle differenze…

Questi sono solo alcuni dei punti all’ordine del giorno. dell’ottava edizione delle Buone Pratiche Se pensate di avere un’esperienza da raccontare, se avete altri suggerimenti e proposte, se conoscete esperienze interessanti, scrivete a info@ateatro.it.

Diretta streaming su www.studio28.tv

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Redazione_ateatro

2011-10-12T00:00:00




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