#BP2017 Distribuzione | Centinaia di artisti a piede libero in un mercato chiuso

L'intervento di AV Turné in occasione delle Buone Pratiche della Distribuzione, Firenze, 27 novembre 2017

Pubblicato il 21/12/2017 / di and / ateatro n. #BP2017 , 163 , Passioni e saperi

ITFestival Independent Theatre è nato nel 2013 per volontà di un gruppo di compagnie di ritagliarsi uno spazio di emersione, di visibilità e di incontro con il pubblico, rispondendo con gioiosa intraprendenza ad una generale mancanza di opportunità di questo tipo. Già in occasione della prima edizione la richiesta di partecipazione è stata altissima: più di 80 compagnie milanesi che hanno fatto domanda di adesione al festival.  Nel corso di cinque edizioni si è assistito a una crescita impressionante di questo numero, fino ad arrivare nel 2017 a oltre 160 richieste di partecipazione, quasi tutte provenienti da compagnie teatrali residenti e attive sul solo territorio milanese.
Cosa ci raccontano questi numeri? Ce lo siamo chiesti ripetutamente all’interno del contesto di IT, che se da un lato ha contribuito a sviluppare le opportunità delle compagnie teatrali indipendenti, dall’altro ha creato un sistema di facilità di fruizione, spesso erroneamente interpretato come una richiesta di bassa responsabilità da parte dei gruppi artistici. Il fenomeno che ha visto il continuo nascere e morire di numerosissime formazioni artistiche di fatto, testimonia una tendenza che oggi caratterizza il nostro scenario teatrale cittadino: molte realtà si formano intorno al loro primo e spesso unico progetto teatrale, senza avere in seno l’intenzione della lunga durata, la responsabilità di un percorso che deve sopravvivere alle difficoltà, che inevitabilmente si incontreranno lungo il cammino. La radice di questo guaio è da ricercarsi probabilmente anche nell’ambito della formazione: ogni anno le accademie sfornano decine di allievi convinti di essere pronti per affrontare il mercato, pronti per affermare se stessi in ambito artistico, in pochissimi casi consapevoli della difficoltà anche gestionale, amministrativa e strutturale che questo comporterà loro. Centinaia di artisti a piede libero che in qualsiasi momento vogliano farlo decidono di creare un’associazione culturale, basandosi sul “sentito dire” secondo il quale i rischi e le necessità connesse a questo passo sono pochissimi, perciò facilmente affrontabili. La qualità gestionale e organizzativa scende di conseguenza vertiginosamente, generando un sistema di generale diffidenza da parte di quei programmatori che prima di decidere di programmare uno di questi gruppi scriteriati, preferiscono affidarsi ai soliti noti, con cui presumibilmente non avranno problemi e sorprese.  La conseguenza è evidente: il mercato è chiuso per moltissimi dei nuovi artisti in circolazione, magari non direttamente per responsabilità loro, ma per un problema di sistema.
Quali possono essere le soluzioni?
Sicuramente lavorare sul percorso formativo potrebbe essere un ottimo punto di partenza.
Se gli allievi delle scuole avessero per esempio la possibilità di studiare e interrogarsi sull’importanza della struttura gestionale considerandola equivalente per importanza alla brillantezza del progetto artistico che in futuro si troveranno a sostenere, sicuramente avrebbero una maggiore lucidità e preparazione.
In Italia inoltre è molto poco radicato il sistema di mentoring, per cui artisti già rodati, magari giovani o comunque freschi di successo sulla scena, potrebbero essere messi in contatto con gli esordienti, per passare loro un know-how che potrebbe scongiurare le peggiori sciagure.
Anche promuovere i contesti di formazione organizzativa rivolti ai professionisti e non solo agli allievi sarebbe un passo importante.
In questo senso crediamo che gli enti teatrali maggiori sui vari territori dovrebbero avere una vera e propria responsabilità.
L’invito che in ogni caso ci sentiamo di portare è rivolto ai giovani artisti: crescete nel teatro senza dimenticare di essere, oltre che brillanti creativi, anche dei cittadini attivi e consapevoli.




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