Dizionario 2020 | L’Osservatorio dello Spettacolo e la banca dati del MiBACT

Diamo un senso alle sofferenze dei "martiri del FUS"

Pubblicato il 12/06/2020 / di / ateatro n. 173

Questo testo è stato scritto nell’ambito del progetto Per un nuovo dizionario dello spettacolo dal vivo.

Una patologia teatrale

“I sintomi sono inconfondibili. Il soggetto smette di rispondere a qualunque tipo di sollecitazione, telefonica, sia personale, sia via e-mail o whatsapp, accampando impegni inderogabili. Diventa irritabile, aggressivo, scostante anche con gli affetti più cari. Insonnia persistente. Deliri di onnipotenza, che hanno perso ormai qualunque legame con la realtà, vengono presentati come ‘progetti triennali’. Ripete ossessivamente una litania numeri senza senso, che nella sua mente vorrebbero significare un progetto artistico. La sindrome si presenta ogni anno poco dopo la stagione delle festività natalizie, alla fine di gennaio”.

Per la prima volta AGIS e C.Re.S.Co. hanno presentato una petizione unitaria al MiBACT (e per conoscenza all’INAIL), richiedendo che la cosiddetta “sindrome da FUS” venga riconosciuta come malattia professionale. Per le diverse centinaia di soggetti colpiti dalla patologia si chiedono una indennità e un adeguato periodo di riposo in una struttura protetta (“Residenza”).

Una miniera di dati

Ma noi siamo cinici e vogliamo trarre profitto da queste sofferenze. I dati prodotti dal sangue, dal sudore e dalle lacrime dei “martiri del FUS” sono un patrimonio prezioso: non sono solo il talismano che consente di accedere al paradiso del FUS, ma rappresentano una miniera da cui – volendo – si potrebbero trarre utili informazioni sullo stato del nostro teatro.
Questa mole di informazioni finora è stata sfruttata poco e male. L’Osservatorio dello Spettacolo, che avrebbe “l’obiettivo di fornire al legislatore uno strumento di monitoraggio sul settore dello spettacolo”, finora ne ha fatto scarso uso, limitandosi nella sua relazione annuale ad esporre alcune considerazioni generiche, di scarsa utilità se non integrate in una visione più ampia e dettagliata.

Limiti e vincoli

A parte gli scherzi, siamo consapevoli che questi dati abbiano diversi limiti e non fotografino con esattezza la realtà dello spettacolo dal vivo nel suo complesso, per diverse ragioni.
# I dati riguardano esclusivamente i soggetti che accedono al FUS, e non la totalità dello spettacolo.
# Oltretutto i dati riguardano solo le attività che rientrano all’interno del progetto finanziato dal MiBACT (e a volte alcuni soggetti “omettono” una parte delle loro attività per ottimizzare l’algoritmo).
# I dati vengono forniti dagli stessi soggetti e il MiBACT non è in grado di controllarne sistematicamente l’attendibilità).
Un secondo aspetto critico riguarda la regolamentazione sulla privacy, che limita all’accesso ai dati. Con opportune clausole di non disclosure sottoscritte dai ricercatori, questo vincolo dovrebbe essere superato sulla base di due considerazioni:
# i dati forniti dalle aziende determinano l’uso di denaro pubblico;
# le informazioni verrebbero utilizzate, in forma riaggregata a fini documentativi e statistici,
nell’ambito di una ricerca scientifica che sarà utile all’intero settore.

Le direzioni della ricerca

Tenendo conto di questa situazione, la banca dati generata dalle domande FUS (e ancor più i dati presentati a consuntivo) potrebbe consentire una serie di ricerche approfondite sul settore nel suo complesso. Una volta impostata l’analisi dei progetti FUS, perfezionate e discusse le metodologie di ricerca, diventerà più facile allargare l’analisi all’intero comparto, sia con indagini ad hoc sia incrociando i risultati con altre banche dati.
Nel volume di Mimma Gallina e Oliviero Ponte di Pino Oltre il Decreto (FrancoAngeli, Milano, 2016) erano stati delineati un metodo di lavoro e alcune direzioni di ricerca, che possono ovviamente essere rettificate, approfondite, ampliate, sia in chiave sincronica sia soprattutto in chiave diacronica.
A titolo esemplificativo, ecco alcuni risultati dell’indagine empirica, a cui avevano aderito volontariamente 44 delle 55 realtà italiane finanziate nell’area della stabilità:

Fra il 2014 e il 2015 (primo anno dell’allora nuovo Decreto), le produzioni di Teatri Nazionali e Tric passano da 280 a 373, con una media di 12,8 rappresentazioni per ciascun spettacolo di produzione nel 2015 (non erano molte di più per la verità nel 2014: 15,5, ma su un numero di produzioni molto più contenuto). Sempre per Nazionali e Tric, le ospitalità aumentano in termini di numero di spettacoli – da 1023 a 1114: + 8,9% – ma calano in termini di rappresentazioni, da 3416 a 3292: -3,6 %. Fra i settori e all’interno dei settori per la verità i comportanti sono molto diversi, ma un dato sembra particolarmente indicativo: il numero medio di rappresentazioni degli spettacoli ospitati da Nazionali, Tric e Centri (l’area più strutturata del sistema, organizzazioni prevalentemente basate in capoluoghi di regione o città di media grandezza), è di 2,8.

Si potrebbe partire da alcuni quesiti elementari, utilizzando come base di partenza i dati nei moduli del MiBACT, che comprendono il sommario bilancio che ogni soggetto deve compilare.

La produzione

Qual è il numero di produzioni e riprese complessive dei soggetti FUS? E’ stabile o in crescita, in queste stagioni?
Per i soggetti finanziati dal FUS qual è il “margine artistico”, ovvero quanto resta alla produzione (a partire dai compensi degli artisti), fatti salvi i costi di struttura? Fermo restando che il direttore di un’azienda che fattura alcune decine di milioni di euro all’anno deve avere una adeguata retribuzione, quanto incidono i direttori e i loro consulenti artistici (spesso assai numerosi) sul bilancio di un ente?

La distribuzione

Quante sono in media le repliche di uno spettacolo, produzione o ripresa?
Quante sono le repliche in sede? Quante fuori sede? E fuori Regione?
Inversamente, per i Circuiti, quanti sono gli spettacoli prodotti da soggetti con sede in Regione?
Gli scambi (“Io ospito il tuo spettacolo e tu ospiti il mio”): quanto incidono nella programmazione dei teatri (Nazionali, TRIC, Centri) finanziati dal FUS?
‘estero: quante rappresentazioni le imprese distribuiscono all’estero? In quali stati e in quali contesti (festival, teatri, altro) è esportata la produzione italiana?

Il lavoro

Quanti lavoratori impiega in media una produzione? Per quante repliche? Quante sono le giornate lavorative medie di un artista nell’arco di una stagione?

Il pubblico

Aumenta o diminuisce con il passare delle stagioni? Quale percentuale del bilancio viene destinata alla promozione degli spettacoli e all’audience development?
(Sappiamo che non basta spendere soldi in pubblicità, e che si tratta di spenderli bene… Ma incrociando il dato con quello dell’andamento del pubblico è forse possibile scoprire e valorizzare pratiche virtuose.)
Qual è il prezzo medio del biglietto pagato da ogni spettatore?

Il finanziamento pubblico

Quanto incide la vendita dei biglietti sul bilancio del soggetto? Quanto invece pesa il sostegno pubblico, ovvero MiBACT più enti locali e territoriali? Quanto gli sponsor e le altre fonti?
Quanto “costa” alla comunità il biglietto per uno spettacolo al MiBACT?

Gli obiettivi

Una analisi di questo genere consentirebbe di misurare (o almeno di iniziare a misurare) gli effetti delle politiche culturali che il MiBACT finora ha condensato nella formula asettica dell’algoritmo, in apparenza asettica ma in realtà frutto di precise scelte di politica culturale. Il necessario confronto tra le diverse annate consentirebbe di cogliere tendenze e individuare linee di sviluppo.
Inutile aggiungere che questa analisi dovrebbe essere effettuata da ricercatori che hanno una reale e profonda conoscenza dei meccanismi del teatro, per evitare semplificazioni e fraintendimenti.
Ovviamente ogni comparto/settore/articolo/tipologia di soggetto esprimerà parametri differenti, e dunque l’analisi dovrà essere segmentata.
Ovviamente ogni dato andrà valutato all’interno del contesto in cui opera il soggetto.
Non si tratta in ogni caso di individuare i buoni e cattivi, quanto piuttosto di ragionare un un’ottica di sistema, a partire da obiettivi se possibile chiari e misurabili.

La valutazione delle politiche culturali

Sappiamo che tutto questo non ha nulla a che vedere con la qualità artistica e con il progetto culturale dei teatri, delle compagnie, dei festival, dei circuiti, che sono oggetto della valutazione qualitativa.
E’ altresì chiaro che ogni sistema di regole tende a spingere i soggetti a adattare la propria azione ai parametri imposti, che rischiano in breve di diventare il fine (ottimizzare l’algoritmo) e non il mezzo (diffondere la cultura e la progettualità dei teatri in una visione organica del sistema).
Limitarsi alla definizione e alla computazione dei parametri (la formula dell’algoritmo), senza valutare gli effetti del meccanismo sul medio e lungo periodo, porta inevitabili distorsioni sia nell’attività dei singoli soggetti sia al livello del sistema.
Appare tuttavia chiaro perché tutto questo non sia finora accaduto. Manca la reale volontà di ottenere una conoscenza complessiva dei fenomeni. Ma solo una reale consapevolezza può consentire di dare senso alle politiche e alle strategie.
Ovviamente l’analisi sarebbe molto utile in tempi brevi. In primo luogo per capire quanto abbia inciso la sospensione delle attività di spettacolo; in secondo luogo sarebbe un contributo indispensabile alla discussione sul nuovo Decreto triennale, per rendere chiari e misurabili gli obiettivi che si vogliono raggiungere, ed eventualmente gli strumenti e le leve da utilizzare.




Tag: coronavirus (99), osservatorio (12)