“Danza che ti passa”: esperimenti fisici di domestica quotidianità
Il progetto "Quarantine" di Jose Luis R. Magana per la compagnia Experimental Creation Art
Questa la nuova interpretazione al famoso detto italiano “canta che ti passa”, nato nelle trincee della Prima Guerra Mondiale e trasmesso in radio grazie alle performance musicali del duo Fasano e di Giacomo Rondinella negli anni Cinquanta e stuzzicato nell’ultimo singolo del 2019 della rock band pisana The Zen Circus. E descrive in modo puntuale un’esperienza coreutica nata durante i più difficili mesi di confinamento del 2020 su Instagram.
Già, cosa avviene di spettacolare su una piattaforma social, in piena pandemia, in un momento in cui tutti – persino gli artisti – si sentono annichiliti e non sanno come uscire da una monotonia asfissiante? Succede che un coreografo di danza contemporanea di Madrid, Jose Luis R. Magana, trasforma momentaneamente la pagina Instagram della sua compagnia in un palcoscenico internazionale, invitando danzatori da ogni parte del mondo a unirsi in una coreografia comune in nome della danza – ognuno da casa propria. E benché il progetto sembri simile a diverse altre manifestazioni nate durante la pandemia, quello di Experimental Creation Art si distingue senz’altro per la cura e la semplicità con cui è stata realizzata la “performance virtuale”.
È marzo, le settimane trascorrono uguali a sé stesse, e lo staff della compagnia spagnola intuisce che l’unico modo per dare un senso alla reclusione forzata sia condividerla in modo divertente e positivo con altri danzatori; così contatta su Instagram 50 performer provenienti da ogni parte del mondo. Il messaggio è chiaro: l’unione fa la forza. Se non è possibile esibirsi a teatro, perché non farlo dai palcoscenici delle proprie case accogliendo nella folta platea digitale chiunque abbia necessità di avere un nuovo contatto con la danza?
La promozione dell’esperimento – così viene definito dagli stessi creatori – si tinge di note pubblicitarie grazie all’ausilio di un graphic designer. Il progetto prende il nome di Quarantine e vengono realizzate digitalmente 50 locandine, come il numero di danzatori che prenderanno parte alla coreografia condivisa. Fa un certo effetto vedere sé stessi immortalati nella propria danza e immaginare che in condizioni normali quelle locandine sarebbero state affisse per le strade della propria città. La performance virtuale si svolge a fine aprile sulla pagina Instagram della compagnia, che si trasforma, per una sera, in un vero e proprio palcoscenico. L’esperienza si ripete nel mese di maggio, e il nuovo progetto, Walls, desidera indagare attraverso la danza il rapporto tra il corpo e i muri della propria casa. In questa occasione la comunicazione tradizionale viene scavalcata da un passaparola che triplica i partecipanti. Entrambe le performances vengono vissute come dei veri e propri eventi, momenti di scambio e unione, come avverrebbe ad una prima a teatro. E forse, visto il momento storico, l’emozione è ancora più grande.
Experimental Creation Art è il prototipo di compagnia che durante la pandemia decide di condividere una poetica con altri soggetti e non si limita a creare un prodotto confezionato da pubblicizzare o vendere – il progetto HomeSweetHome della compagnia Egri Bianco Danza di Torino ne è un esempio. Offre la possibilità di vedere attraverso un unico canale social tanti artisti provenienti da diverse parti del mondo muoversi negli angoli più intimi della propria reclusione domestica, rendendo tutti performer e spettatori allo stesso tempo. E incita una partecipazione attiva di professionisti che spesso provano piacere nel vedere sullo schermo persone più tangibili degli inarrivabili (e spesso anche molto pagati) Bolle e Copeland. Perché ad un anno dall’inizio della pandemia, con i teatri chiusi – almeno nella maggior parte del mondo – le scuole di danza in fallimento e i morali sempre più bassi, forse l’unico consiglio che ci si può dare vicendevolmente rimane lo stesso: danza che ti passa.
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