Stelle fisse | Luigi Rognoni

Come far abboccare un pescatore

Pubblicato il 17/03/2022 / di / ateatro n. 182

Luigi Rognoni

Chiacchierare con Luigi Rognoni era un piacere: si potevano toccare i più svariati argomenti, e lui aveva sempre qualcosa di molto interessante da raccontare. Quando, alla fine del 1965 o all’inizio dell’anno successivo sono andato a trovarlo per proporgli una collaborazione, abbiamo parlato del più e del meno, piacevolmente, come si fa di solito in queste occasioni, mettendo in qualche modo da parte l’argomento fondamentale dell’incontro. Al quale stavo avvicinandomi, quando casualmente gli ho detto che nel 1962 avevo lasciato Milano e mi ero trasferito a Monza: allora non sono più riuscito a fermarlo. Si è messo a raccontarmi di quando, agli inizi degli anni Trenta, inforcata la bicicletta, raggiungeva il Lambro che scorreva dalle parti del Parco di Monza, per dedicarsi alla pesca con la mosca. “Il témolo!”, mi diceva con la voce rotta dall’emozione, “il Thymallus Thymallus classificato da Linneo… Non ci crederai, un salmonide che vive soltanto nelle acque purissime… e nel Lambro era frequente la varietà pinna blu, ma io lo chiamavo Thymallus Lambrensis! E quanti ne pescavo!”
Me lo immaginavo con i lunghi stivali di gomma color verde palude, il guadino a portata di mano, la canna con il mulinello, e a tracolla il cestello porta pesci in vimini (rigorosamente vuoto, i pescatori sono incalliti mentitori). Non ero affatto stupito da quell’appassionato racconto: dal musicologo Luigi Rognoni mi potevo aspettare di tutto. RognoniLuigi
L’avevo conosciuto, e avevo fatto amicizia malgrado avesse quasi vent’anni più di me, alla Cineteca Italiana di Milano, di cui Rognoni era stato uno dei fondatori. Alla Cineteca ci andavo fin dal 1949, ed era quasi un’avventura. A quell’epoca, di notte, non era prudente camminare da soli in luoghi solitari, e così in cinque o sei cinefili ci davamo appuntamento al Carrobbio, poi in gruppo percorrevamo via San Vito e via Celestino IV, strade molto poco frequentate, dove si rischiava di venir derubati non del portafogli – peraltro molto sguarnito – ma del cappotto e addirittura della giacca. E non era piacevole entrare in maniche di camicia nella gelida Aula Magna dell’Istituto “Carlo Cattaneo” in piazza della Vetra. Lì, da cinefili assetati, ci mettevamo a leggere il ciclostile di presentazione del film, ossia il “Bollettino interno d’informazioni” (li ho gelosamente conservati, tutti), e se il film era un film muto – e alla Cineteca se ne vedevano molti – lo guardavamo in un totale, mitico silenzio (solo da poco ci siamo resi conto che i film muti grondano di musica).
In quel periodo Rognoni era “conservatore” della Cineteca, e quel ruolo – che nel dettaglio non saprei descrivere – gli è servito per attingere una grande mole di notizie, la base per pubblicare, nel 1952, il libro Cinema muto dalle origini al 1930 che, autografato dall’autore, conservo come un prezioso cimelio dei miei anni giovanili.
Aveva molti interessi, Luigi Rognoni, e sceglieva gli argomenti di cui occuparsi con un particolare intuito, anticipando, e in qualche modo determinando o almeno favorendo l’attualità di quella materia. Dopo il cinema muto, è stata la volta della Scuola di Vienna, che si è concretizzata nel 1954 con il fortunatissimo libro Espressionismo e dodecafonia: risultato di una buona conoscenza di autori da noi ancora quasi del tutto sconosciuti, facilitata dalla frequentazione negli anni di guerra con Alfredo Casella, l’unico fra i musicisti italiani di quegli anni ad avere una sia pur parziale conoscenza di quanto accadeva fuori dai confini dell’impero.
Due anni dopo era la volta di un altro volume di grande successo musicologico, dedicato a Rossini, che anticipava di qualche anno la “Rossini Renaissance”. Non credo che Rognoni avesse una conoscenza approfondita della musica rossiniana, e neppure una preparazione musicologica adeguata, ma sapeva muoversi abilmente nel mondo operistico, facilitato anche dalla guida della madre che era stata una cantante.
Quando mi ha raccontato le sue esperienze di pescatore, era il 1965. Messi da parte gli abiti del cinefilo e anche quelli del musicologo scrittore, aveva indossato quelli del professore d’Università. Ero andato a trovarlo per chiedergli qualche testo da inserire nella pubblicazione settimanale dei Grandi Musicisti che allora dirigevo. Mi ha subito risposto, ridendo, con una delle sue battute paradossali: “Se Kant avesse pubblicato la Critica della ragion pura a dispense, io mi sarei rifiutato di leggerla! Odio questo genere di cultura da edicola”. Non mi sono scoraggiato, lo conoscevo bene, e gli ho dato corda, lamentandomi per l’orrendo lavoro che ero costretto a fare… ma bisogna pur vivere e tirare avanti. E così, sull’onda di quella battuta kantiana, ci siamo messi a parlare di filosofia – era lui che mi parlava di filosofia – e si è molto dilungato sulle lezioni di Antonio Banfi, uno dei suoi maestri.
Mentre continuavamo a chiacchierare piacevolmente, io sapevo che la mia proposta sui Grandi Musicisti non l’aveva abbandonata, e mi limitavo ad aspettare.
Dopo un po’ mi ha chiesto se potevo dargli l’idea di quale entità sarebbe stato il compenso se, eventualmente, avesse accettato di collaborare, “così, tanto per informazione”. Gli ho comunicato una cifra più bassa di quella massima che l’editore metteva a disposizione per questo genere di collaborazioni. Ci ha pensato un po’, passandosi più volte la mano sul mento (in realtà quando rifletteva faceva altro, ma preferisco non scriverlo), poi… “per il doppio ci sto”, mi ha dichiarato. Avevo raggiunto il mio scopo, ma non ho mostrato soddisfazione e, con finta cautela, gli ho assicurato che ne avrei parlato all’editore Giovanni Fabbri. Dopo qualche giorno ero di nuovo da lui, per informarlo che il compenso da lui richiesto, sia pure con un lieve arrotondamento verso il basso, era stato approvato dall’editore. “D’accordo, accetto l’arrotondamento, ma non per un solo testo; v’impegnate per… facciamo dieci testi di due cartelle”. Non poteva andarmi meglio, e così è stato. Luigi Rognoni è diventato il più presente fra gli autori dei testi introduttivi ai Grandi Musicisti. Con grande soddisfazione dell’editore, al quale avevo assicurato che Luigi Rognoni era uno dei nomi fondamentali della musicologia italiana.
In quanto alla Critica della ragion pura, non ne abbiamo più parlato.




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InformazioniEduardo Rescigno

Eduardo Rescigno (Milano, 1931) è un musicologo, scrittore e commediografo italiano. Altri post