Avere trent’anni e fare la rivoluzione. Ma davvero?

Gramsci Gay, lo spettacolo vincitore del Premio Anna Pancirolli 2022

Pubblicato il 22/11/2022 / di / ateatro n. 187

Un palcoscenico semivuoto, solo qualche sedia disposta una accanto all’altra. In sottofondo il vociare di persone che sembrano chiuse in una stanza. Un uomo con l’abito elegante e la valigetta entra in scena a passo svelto, si siede e ci guarda come se fosse impaziente di iniziare a parlare. Improvvisamente il silenzio. “Ci siamo tutti?” Il pubblico risponde affermativamente. Che lo spettacolo abbia inizio.
Bastano poche battute per svelare l’identità dell’uomo riccio con gli occhiali. Si tratta di Antonio Sebastiano Francesco Gramsci: politico, filosofo, giornalista, critico letterario e uno dei fondatori del Partito Comunista d’Italia, che ne divenne segretario e leader.
Siamo nel 1920. Lo sciopero delle lancette – che ha visto coinvolti 200 mila lavoratori che volevano dare inizio alla rivoluzione comunista in Italia – è stato un totale fallimento. Un giovanissimo Antonio Gramsci si rivolge agli operai torinesi per convincerli a non arrendersi e a continuare a percorrere la via della protesta.

Non dobbiamo sottovalutare l’impatto che ha un’idea. Così come l’uomo è composto da scheletro, carne, muscoli, allo stesso modo la società è fatta non solo di economia, ma anche di ideologie.

Inequivocabile e precisa la critica agli intellettuali dell’epoca. Quegli intellettuali che dovrebbero tracciare una via da seguire, ma che in concreto si rivelano non legati sentimentalmente al popolo, perché si sentono superiori alla massa. E poi l’esortazione ad agire concretamente per raggiungere il cambiamento tanto desiderato:

Dobbiamo istruirci, farci intellettuali, per poi iniziare la rivoluzione.

Parole forti, dirette, a tratti taglienti. Non importa la giovane età – non aveva nemmeno trent’anni. Gramsci ha le idee chiare e ce le comunica con fermezza, impeto, determinazione e per un attimo anche noi spettatori ci sentiamo i lavoratori chiamati a prendere parte all’agitazione. E ci liberiamo in un grande applauso, che accompagna il piccolo cambio di scena che apre la seconda parte del monologo.

Mauro Lamantia

Mauro Lamantia in Gramsci Gay

11 novembre 2019. È mattina e gli abitanti di Turi, un piccolo comune della provincia di Bari, scoprono che nella notte è stato imbrattato il famoso murales del volto di Gramsci realizzato sul muro del carcere cittadino. Lo stesso carcere in cui Gramsci ha passato cinque anni della sua prigionia, scrivendo la maggior parte dei suoi Quaderni. Un vandalo ha scritto con l’acrilico rosso la parola “gay” sulla fronte del fondatore del Partito Comunista Italiano. I quotidiani italiani classificano l’accaduto come gesto omofobico e fascista.
Anche questa volta, davanti a noi, un giovane ragazzo. Di cognome fa Russo. Lo scopriamo fin dal principio, quando la voce di un poliziotto lo chiama per procedere con il verbale. Anche lui è all’incirca sulla trentina, vive con la madre, la signora Pina. Non ha un rapporto con il padre ed è da poco tornato in Puglia dopo aver lavorato sei mesi con il cugino a Milano. Nemmeno il tempo di ammettere di essere stato lui a imbrattare il murales dedicato a Gramsci che improvvisamente una voce interrompe l’interrogatorio. È un giornalista del “Corriere della Sera” che sta conducendo un’inchiesta sul tema della disoccupazione. Gli domanda perché ha scritto “gay” sulla fronte di Gramsci. Credenze omofobiche? Ideologia fascista? Niente di tutto ciò. Solo una bravata. Per noia, forse. O forse per sfogarsi dopo il litigio con la madre la notte stessa, che l’ha spinto a scappare di casa e vagare per il paese. Il giornalista lo incalza.

Sei disoccupato?
Sì.
Hai un sogno?
No.

Nel frattempo la scritta è stata cancellata. Russo viene rilasciato.

Vincitore del Premio Anna Pancirolli 2022 per il migliore spettacolo inedito under 35, Gramsci Gay di Jacopo Gardelli, per la regia di Matteo Gatta, con Mauro Lamantia, è un monologo pungente che racchiude tutta la rabbia e la disperazione di una generazione di giovani senza sogni, senza ideali, senza speranze. Immobili, muti, privi di un interlocutore in grado di ascoltare o indicar loro la via da seguire – come Marx è riuscito a fare con Gramsci e che a sua volta prova a fare lo stesso con i lavoratori.
I ragazzi di oggi – rappresentati da Russo – si rivelano ben lontani dall’Antonio Gramsci che incita la folla di operai per creare la Rivoluzione. Così diversi da quel trentenne rivoluzionario che parla di “azione per cambiare”, che nello spettacolo viene affiancato dal giovane vandalo che agisce imbrattando il muro senza un senso, senza un reale motivo. E così l’urgenza delle parole di Gramsci assumono una attualità disarmante nell’ottima interpretazione di Mauro Lamantia.

Gramsci Gay
Di Jacopo Gardelli
Regia di Matteo Gatta
Con Mauro Lamantia
Produzione Studio Doiz-Ravenna




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