Focus AdoleScen[z]a | Il diritto di essere ascoltati

L0ST&B3L0V3D di ETU (Stella Capelli e Daniele Boccardi)

Pubblicato il 09/07/2023 / di / ateatro n. 190 | Focus AdoleScen[z]a

Mi è capitato di vedere uno spettacolo per e con la scuola – ecco, warning stereotipi: diciamo meglio, di adolescenti che studiano. Dichiaro subito la mia vicinanza alla compagnia che lo ha ideato e diretto.
Occhi febbricitanti e grati, generazioni diverse che si guardano in faccia con una luce nuova, liberate anche solo per una sera dello stantio gioco dei ruoli e dell’anagrafe. Insomma la (mai abbastanza) solita magia di quel mago da quattro soldi che è il teatro. A distanza di qualche tempo, ritorno su quella sensazione, stendendo gli atti per un convegno avvenuto negli stessi giorni (“Teatro e formazione. L’azione del teatro nella costruzione della personalità giovanile”, Vicenza, 28 aprile 2023, organizzato da Provincia e USP di Vicenza), in cui si era dibattuto su una questione quasi dimenticata – quantomeno archiviata con un’etichetta frusta, ormai inespressiva: quella dell’animazione teatrale. E uno più uno mi faceva tre – i conti non mi tornavano.
Forse oggi gli eredi storici di quella grande stagione inaugurata da Giuliano Scabia, profeta dell’ascolto, possono essere oggi i seguaci di due paradossali e asintotici percorsi di negazione e liminalità, quali quelli della non-scuola di Marco Martinelli e quello dell’Istituto di Pratiche Teatrali per la Cura della Persona di Gabriele Vacis – che in un qualche modo hanno coniugato la valenza sociale di quella prima lontana stagione dell’animazione con l’antropologia grotowskiana, orizzontalità e verticalità. Se questo è vero, forse potremmo riprendere in mano la questione e domandarci cosa possa essere un teatro pensato per e con una comunità così connotata come quella di una scuola superiore.
Lo spettacolo dei ragazzi del Liceo Gambara, con l’aiuto dei fratelli maggiori di ETU, ha il pedigree in regola per inscriversi in questa tradizione: autorialità diffusa e condivisa, tanto dei testi quanto delle musiche; autonarrazione, fin nei luoghi – la palestra di scuola – e nelle storie individuali; applicazione sincretica di esercizi tecniche punti di vista adottati senza ideologismi, per il loro valore pragmatico (da Jan Fabre a Balletto civile a Claudia Castellucci, a percorsi di scrittura terapeutica); il risultato è sporco – impuro, come direbbe Marco Martinelli, infinitamente opinabile, dunque disperatamente interessante.
Questo balenio di luci portate in scena dai ragazzi a sciabolare il loro stesso futuro seduto al buio in platea (o forse quello è il passato?), illumina a tratti, quasi psichedelicamente, grumi di vita quotidiana: inaspettate dolorose assunzioni di responsabilità sciorinate sullo stesso piano di legittime denunce – quanta tenerezza in questa ‘democrazia’ dei punti di vista; in una drammaturgia che non a caso ha il titolo di una playlist. Il contenitore narrativo non poteva essere che il corpo, ormai “senza organi” ma in parti ben visibili – cervello stomaco sangue pelle nervi – come strati all’interno dei quali lasciar fluire impressioni e frustrazioni di questa generazione troppo ‘sentita’ per essere ascoltata.
Qual è la novità? Forse il perché di questa esperienza non sta tanto in presunte performances estetiche, e forse neanche in quel valore aggiunto sociale a cui ha tanto creduto la mia generazione (che per questo forse non avrebbe dato peso a Gianmaria, a Madame o alla rapper Kae Tempest). Quello che conta in questo balbettio di sentimenti melodrammatici e tragici nello stesso tempo – quali sono quelli degli adolescenti – non è l’estetica né l’etica, ma una cosa così banale e quotidiana come il diritto di essere ascoltati nella loro letteralità; nei loro like/dislike tanto quanto in ciò che questi ultimi possono magari non riuscire a esprimere; insomma accettare semel in anno (ma forse non solo) che il teatro non sia solo il luogo di un acting out né una fiera delle abilità, ma di fatto solo (si fa per dire) una “repubblica dei sintomi” dove, in attesa di qualcuno che li ascolti, hanno diritto di cittadinanza l’opinione come il dubbio, il gusto come il disgusto, l’ansia come l’entusiasmo. Come nei social? Mah, forse, ma in presenza; cioè laddove uno non vale uno, ma tutti.
Grande merito di Stella Capelli e Daniele Boccardi è stato di attivare un lungo processo – due mesi – rispetto cui lo spettacolo, come sempre la punta di un iceberg, è una nuova piccola bandierina piantata su un territorio di frontiera che da sempre rifiuta di lasciarsi
ideologizzare, ma non si rassegna a non farsi ascoltare.
Semmai si aspetterebbe (meriterebbe) di essere L0ST&B3L0V3D, perduto e amato in gergo; in altre parole sognato.

C’è chi insegna
guidando gli altri come cavalli
passo per passo […]
C’è chi insegna lodando
quanto trova di buono e divertendo […]
C’è pure chi educa, senza nascondere
l’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad ogni
sviluppo ma cercando
d’essere franco all’altro come a sé,
sognando gli altri come ora non sono:
ciascuno cresce solo se sognato.
(Danilo Dolci, Poesia diversa)

La locandina

L0ST&B3L0V3D
regia di Daniele Boccardi
drammaturgia di Stella Capelli – compagnia ETU
coordinamento Anne Rossini
Con Andrea Bertazzoli, Viola Caldera, Sara Cazzago, Ilaria Chiusolo, Matilde Fantoni, Alessandra Ferrari, Ester Gasparro, Palakpreet Kaur, Anita Marassi, Asia Mereu, Veronica Modonesi, Anna Perletti, Martina Prati, Michele Ricceri, Maria Vittoria Silvestro, Eleonora Zanini, Zoe Zulberti del Liceo “Veronica Gambara”
Brescia, Teatro Santa Giulia, 12 e 13 maggio 2023