Oriente Occidente a Rovereto | La danza della sostenibilità
Il report per TourFest 2023
Oriente Occidente Dance Festival è un’istituzione nazionale e internazionale nel campo della danza contemporanea. Da 43 anni propone alla città una rassegna che interseca danza, teatro, circo, musica. Oriente Occidente è incontro di culture, ma anche di generi e linguaggi della scena contemporanea.
Il festival nasce nel 1981 a Rovereto proponendo una rilettura della tradizione orientale. Oggi vuole promuovere un’analisi del contemporaneo, con uno sguardo aperto all’internazionalità. Oriente Occidente sottolinea la contrapposizione tra due concetti, lasciando però spazio per immaginare chi o cosa è Oriente e chi o cosa è Occidente. Se ci pensiamo bene, ogni comunità e ogni luogo sono Oriente per qualcuno e al contempo Occidente per qualcun altro.
Da più di 40 anni il festival accompagna la città di Rovereto in questa avventura di scoperta collettiva, programmando sia spettacoli pop che di ricerca, per educare il pubblico e crescere insieme. La relazione tra cittadinanze e festival è da sempre molto forte e la continuità storica del festival incentiva la partecipazione. Questo legame si consolida anche grazie alla visione che il direttore artistico Lanfranco Cis e l’intero staff hanno del festival. Oriente Occidente non è solo un’azione artistica, ma anche etica, di formazione culturale e di educazione alla cittadinanza. E questa vision si riflette nella proposta degli spettacoli, nella programmazione degli eventi collaterali, nelle scelte quotidiane e nei legami costruiti.
Mediterranei
L’edizione 2023 ha continuato a esplorare il tema triennale Mediterranei, inaugurato nel 2022. Partendo da una visione del Mar Mediterraneo come crocevia di popoli, luogo di incontri quanto di scontri economici e culturali, fulcro storico delle interazioni di tre continenti, lo si è dunque assunto come simbolo dello scambio e del confronto ricercati da Oriente Occidente nella sua attività. C’è anche l’intenzione di non omettere le problematicità della storia e delle dinamiche politiche di cui questa “culla di civiltà” è teatro, in primis la gestione dei flussi migratori. Anche per questo si parla di “Mediterranei”, per rendere giustizia alla complessità che il mare “in mezzo alle terre” rappresenta, ampliare il raggio di applicazione di questo ragionamento, e ammettere una pluralità di prospettive sulle questioni che porta alla luce.
Il tema del ciclo ha ispirato le scelte del programma, che ha trovato una sintesi nel titolo It’s time, it’s time, it’s time, una citazione del discorso inaugurale dell’attivista ugandese Vanessa Nakatedello per lo Youth4Climate, 2021 di Milano. A Oriente Occidente si riflette l’urgenza delle questioni che fanno del presente un tempo incerto: la crisi climatica, la lotta per i diritti delle minoranze, le emergenze umanitarie.
Oltre alle esibizioni di artisti europei, con diversi italiani, erano previsti concerti di respiro internazionale e una rassegna di conferenze dal titolo Linguaggi, che si rifacevano direttamente ai temi affrontati nel festival.
Mai come in questa edizione le prime rappresentazioni, nazionali e assolute, sono state così numerose.
“A volte, in particolare quest’anno, abbiamo fatto delle scommesse, nel senso che abbiamo messo in calendario degli spettacoli che erano appena abbozzati. Ci potevamo fidare del percorso dell’artista ma il risultato finale non lo conoscevamo. Erano solo idee che arrivavano nei dossier, abbiamo scelto al buio prendendoci un rischio”, racconta Lanfranco Cis. Lucrezia Stenico, assistente alla direzione artistica, anche lei coinvolta nella realizzazione del programma, aggiunge: “Quattro o cinque spettacoli hanno debuttato ad agosto. Quando abbiamo chiuso il programma (a luglio) c’erano solo due lavori finiti. Chiudere il budget senza alcun riferimento sulla parte tecnica è complesso. Quindi puntare sulle nuove produzioni può essere un’arma a doppio taglio, sia dal punto di vista artistico sia da quello economico”.
Toi, moi, Tituba, di e con Dorothée Munyaneza, è uno spettacolo particolarmente aderente allo spirito del programma. L’artista anglo-ruandese si avvale della figura di Tituba, schiava accusata di stregoneria durante i processi di Salem, per cercare di riscattare dall’oblio le vittime della storia coloniale. Appoggiandosi al lavoro letterario di Maryse Condé e della filosofa femminista Elsa Dorlin, alla cui nonna guyanese è dedicato il pezzo (“Moi, toi, nous, Isabelle…”), la coreografa ricuce i legami con il passato che la violenza e il tempo hanno reciso. Sulle note del live set di Khyam Allami, Munyaneza si aggira per la scena, capta presenze: facendosi largo tra i neon eretti che punteggiano il palco ne coglie il richiamo e li accantona. In un fitto dialogo con forze invisibili, la coreografa presta il suo corpo e la sua voce per farsi interprete in questo scambio. Il ritmo cresce e si fa pressante, Munyaneza fruga lo spazio, cerca una voce nella folla di fantasmi che la circonda, la trova e la incarna, come posseduta si esibisce in versi animaleschi, cantando con passione le parole di chi è stato. La musica, tanto cruda e diretta quanto evocativa, crea una vivace simbiosi con il procedere cadenzato della danza, che a flussi slanciati e gestuali accosta figure spigolose e pose dure.
Lo spettacolo di chiusura del festival aveva un carattere più festoso. Sol Invictus di Hervé Koubi (star dell’edizione 2020 di Milanoltre), con quasi una ventina di ballerini, mette in scena una tempesta di colore e vitalità. Si sviluppa su una serie molto variegata di tracce, tutte volte a evocare un’atmosfera gloriosa e a donare un carattere epico all’esibizione. Gli interpreti si cimentano a turno in acrobazie continue, mentre il resto della compagnia assiste ai lati della scena, in una dinamica di stampo street. I passi e le pose scelti per i momenti di ballo che inframezzano le sequenze delle evoluzioni suggeriscono un’atmosfera festosa, e anche i costumi variopinti contribuiscono all’effetto.
Come membri di una tribù, i danzatori si riuniscono in una celebrazione gioiosa, proponendo situazioni permeate di un carattere sacrale, che richiamano processioni, duelli, unioni rituali… Coniugando un sapiente controllo delle luci con l’uso di un enorme e versatilissimo drappo di seta dorata, creano immagini suggestive. Un mare di luce su cui scorrono figure immobili, che in vortice avvolge i corpi come i petali di un fiore, o ancora li travolge, lasciando poi emergere torri di uomini, fino al momento apicale: l’omaggio all’incarnazione del sole. Pur mancando di una struttura e di una dinamica efficaci, la performance risulta coinvolgente grazie all’abilità e l’interpretazione energica degli artisti e alle scene di grande impatto.
Organizzare un festival sostenibile
Fin dalle prime edizioni, il festival ha consolidato il suo ruolo sul territorio e sulla scena culturale, ampliando la portata della propria azione fino a raggiungere la statura attuale. Negli ultimi anni il board si è confrontato con la necessità di riorganizzare l’intero sistema per tenere testa a questa crescita in modo opportuno, a partire dal personale.
Fino a una decina di anni fa, era stato possibile fare affidamento su un numero esiguo di lavoratori, ma la situazione è cambiata in maniera abbastanza rapida, coerentemente con la mole di progetti attivi. Parallelamente si è operata una suddivisione più marcata dei ruoli e delle competenze, un processo accelerato dall’accesso nel 2014 al mondo dell’europrogettazione. Oltre alle figure assunte a tempo indeterminato, durante il periodo del festival lo staff viene inquadrato con contratti a tempo determinato, attraverso il servizio civile, percorsi di tirocinio e alternanza scuola-lavoro. Oriente Occidente quindi non si avvale di volontari, un’eccezione in ambito festivaliero, e un gran punto di merito in un’ottica di sostenibilità sociale.
Attraverso un processo tuttora in corso, anche l’attenzione alla sostenibilità ambientale è diventata una delle priorità del festival. Sono state adottate linee guida che si rifanno a quelle promosse a livello provinciale, cercando anche di aderire all’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU. Il coordinamento delle azioni per la sostenibilità è affidata a un sustainability manager, in questa edizione Laura Marongiu, per includere strutturalmente nell’organismo del festival uno sguardo consapevole e competente che possa orientare le scelte dei vari ambiti organizzativi. Lo zelo con cui il tema viene affrontato nel programma del festival si ritrova anche nelle pratiche adottate, tutte disponibili per la consultazione sui programmi (stampati con carta riciclabile o certificata) e sul sito del festival.
Il partner scelto per la sostenibilità è Dolomiti Energia, che fornisce l’energia impiegata per la realizzazione degli eventi, interamente proveniente da fonti rinnovabili. Per ridurre l’impatto della propria attività, Oriente Occidente si appoggia a cooperative e fornitori locali selezionati e fa parte di reti di organizzazioni culturali aderendo a progetti per la diffusione di linee d’azione sia nell’ambito del territorio sia su scala nazionale. Un’altra iniziativa interessante, in collaborazione con l’azienda trentina REDO UpCycling, è l’impiego del materiale cartellonistico delle edizioni precedenti per la produzione del merchandising.
La mobilità delle compagnie e degli operatori è una questione tra le più complesse sotto il profilo della sostenibilità. Attraverso reti informali tra festival e collaborazioni di vario genere, spesso è possibile coordinare gli spostamenti e le tournée degli artisti, minimizzandone la carbon imprint. Si lavora anche per aumentare il numero delle repliche degli spettacoli in un circuito di manifestazioni. Per farlo si cerca un equilibrio con il sistema di finanziamenti generalmente applicato dagli sponsor, i quali, stanziando sovvenzioni in base al numero di produzioni, tenderebbero piuttosto a promuovere un continuo susseguirsi di nuovi lavori messi in scena pochissime volte.
Per quanto riguarda le azioni di informazione, oltre a condividere linee di condotta sostenibile sia con il pubblico sia con gli artisti e gli operatori del festival, vengono inclusi incontri su diversi aspetti della questione climatica con ospiti di rilievo all’interno del ciclo Linguaggi. Per esempio Storie di danze leggere in un pianeta in crisi ha ospitato nel giardino del Museo Civico una conversazione sulla transizione ecologica e sulla giustizia climatica tra l’attivista e scrittrice Sara Segantin e Silvia Kasper e Marzio Fait dell’Agenzia di Stampa Giovanile dell’Associazione Viração&Jangada. O ancora, l’incontro Seguendo l’acqua in salita di Laura Canali e Alberto Pinter, alla sala conferenze del MART, ha affrontato la gestione dei corsi d’acqua e in generale delle risorse idriche. L’impegno di Oriente Occidente sui temi ambientali gli è valso anche quest’anno la certificazione Eco-Eventi Trentino. Per prossime edizioni c’è l’intenzione di monitorare l’impronta ambientale del festival e, ponendosi ogni anno nuovi obiettivi, cercare di ridurla progressivamente.
Un festival accessibile a tutti
Oriente Occidente promuove un’idea di cultura universale e si impegna ogni anno di più per far sì che ogni individuo possa godere del festival. L’idea di rendere un evento accessibile a chiunque è un’utopia, a cui però è giusto tendere, in un continuo miglioramento.
Dal 2019 il festival ha iniziato a occuparsi di accessibilità in ottica sociale. A oggi, è una delle pochissime associazioni in Europa con un Accessibility Team composto esclusivamente da persone con disabilità, individuando nella figura di Diana Anselmo l’accessibility manager. Il team si impegna a rendere accessibili gli spettacoli a un numero sempre maggiore di persone e di comunità, attraverso molteplici azioni su più fronti.
Tutti gli spettacoli nei teatri possono essere esperiti con i Subpac, strumenti audio-tattili che si indossano come zaini e vibrano al ritmo della musica, permettendo la percezione sonora attraverso il tatto. La proposta nasce grazie alla collaborazione con ENS (Ente Nazionale Sordi) iniziata nel 2019. Tutte le sere in sala è presente almeno una persona dello staff capace di comunicare in LIS, per accogliere le persone sorde, spiegare il funzionamento dei Subpac e tradurre gli annunci nei teatri. Da quest’anno, grazie alla collaborazione con Abilnova Cooperativa Sociale, tutti gli spettacoli sono dotati di audio-introduzione, ovvero della trasposizione audio dei testi di comunicazione. Inoltre per alcuni spettacoli selezionati sono state proposte azioni mirate.
A Rovereto il Moby Dick del Teatro dei Venti era accompagnato dalla traduzione LIS sul palco. Sia per Firmamento della compagnia La Veronal sia per Strong Born di Kàt Valastur è stato organizzato un touch tour della scena, cioè una visita tattile che permette alle persone cieche e ipovedenti di conoscere lo spazio scenico prima di partecipare allo spettacolo. Inoltre Firmamento è stato accompagnato da una audio-descrizione poetica.
Da quest’anno, grazie all’arrivo di Chris Manassero nell’Accessibility Team, sono stati istituiti degli spazi di decompressione sensoriale, ovvero zone sicure e appartate in cui trovare rifugio in caso di sovraccarico sensoriale o emotivo, con comodi spazi per sedersi o sdraiarsi, tappi antirumore e una quantità di giochi sensoriali per alleviare la tensione. Tutto questo non sarebbe possibile senza un dialogo costante con le compagnie, che diventano sempre più consapevoli delle condizioni di accessibilità dei loro spettacoli.
L’Accessibility Team si occupa anche di raccogliere e mappare le indicazioni di accessibilità fisica dei luoghi di spettacolo. Tutte queste informazioni si possono trovare in forma ristretta sul programma e in forma estesa, e anche più aggiornata, sul sito.
Nella comunicazione è fondamentale anche il trigger warning, ovvero la segnalazione dell’uso negli spettacoli di luci stroboscopiche, rumori forti, temi sensibili, nudità…, che vengono esposti nella cartellonistica all’ingresso di ogni spettacolo.
Grazie a tutte queste azioni, il pubblico di Oriente Occidente è ogni anno più consapevole e più vario. L’Accessibility Team cura durante l’anno i rapporti con le realtà del territorio che si occupano di inclusione sociale, segnalando gli spettacoli più adatti a pubblici con esigenze specifiche (non udenti/non vedenti/neuro-divergenti).
Un’altra scelta importante in ambito di accessibilità è il costo degli spettacoli. A fronte di biglietti a 22€ al Teatro Zandonai o a 18€ all’Auditorium Melotti, il festival propone tariffe young per under35 a 10€ e formule di abbonamento differenziate per ambito tematico. Quest’anno sono stati proposti tre percorsi: For Future, Gender Issues, Beyond Boundaries. Ogni proposta raccoglie, sotto segnalazione della direzione del festival, gli spettacoli inerenti a questi temi a prezzi calmierati.
Un festival in rete
L’Associazione Oriente Occidente si impegna a coltivare la rete di relazioni non solo nel periodo del festival, ma durante tutto l’anno. Con l’istituzione di uno spazio fisico che accoglie gli uffici e le sale prove, lo Studio, nasce la possibilità di una progettazione trasversale, condivisa, in cui trova spazio anche l’incontro con artisti e artiste in residenza, studenti e giovani professionisti e professioniste in formazione, coreografi, danzatrici, dramaturg, esperti ed esperte di ogni settore. All’interno dello Studio coesistono percorsi formativi, dedicati a danzatori e danzatrici professionisti e allievi/e di livello avanzato, e residenze artistiche, a cui si può accedere su selezione della direzione artistica con candidature annuali.
Inoltre Oriente Occidente supporta i progetti degli “artisti associati”, coreografi emergenti scelti direttamente dalla direzione artistica, con residenza nello Studio e sostegno nel percorso creativo e produttivo. Oriente Occidente si prende anche cura del suo pubblico durante l’anno, con eventi e progetti. Quest’anno hanno visto la luce due progetti. Creature Selvagge, laboratorio di arti performative dedicato a giovani tra i 14 e i 22 anni, indaga la relazione tra persone e ambiente. Rifrazioni è finalizzato all’accessibilità dello spettacolo dal vivo in Italia.
Quello di Oriente Occidente è un percorso sempre aperto all’ascolto e in dialogo con il territorio, con uno sguardo rivolto alla sostenibilità e un respiro di accoglienza e accessibilità.
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