Giortes Rokkas a Rokka e Kera | Teatro e musica nell’entroterra di Creta

Il report per TourFest 2023/Festival Academy

Pubblicato il 06/10/2023 / di / ateatro n. 193 | TourFest 2023

Giortes Rokkas nasce nel 2013 da un’idea di Panagiotis Simandirakis, cresciuto tra i borghi di Rokka e Kera, dove il festival si svolge. Siamo a pochi chilometri dal mare, in una terra che vive di ulivi e pastorizia, due borghi che contano circa 50 abitanti, nella parte est dell’isola di Creta, nella zona più selvaggia, dove si può ancora mangiare con dieci euro in trattoria, le pecore ti attraversano la strada e il cielo di notte è talmente denso di stelle che sembra ti cadono addosso.
Quando Simandirakis era bambino, gli abitanti dei due borghi erano circa 300, troppo pochi per avere una vera scuola elementare: un unico stanzone accorpava tutti i bambini della zona.

Full Moon Concert: le origini

Parco archeologico di Rokka

Parco archeologico di Rokka

In una provincia dove ormai l’unico momento di aggregazione erano i funerali, forse per noia o per scappare dalla provincia, Simandirakis inizia ad ascoltare Radio 3, il canale nazionale greco dedicato alla musica classica. Quelle ore passate ad ascoltare Mahler e Beethoven ispirano un progetto più ampio, per dare un futuro a quelle terre: il Full Moon Concert, un concerto con musica classica dal vivo nella notte d’agosto di luna piena nel parco archeologico di Rokka. Qui, secondo la leggenda, nell’antica Grecia il coro, composto da sole donne, dopo ogni esibizione si gettava dalla rupe; mentre una leggenda popolare, più recente, narra che facendo l’amore qui, i figli saranno sicuramente maschi…
In questo luogo che unisce sacro e profano, Simandirakis decide di portare la musica dei grandi compositori classici, illuminati dalla luna piena di agosto. E così inizia a girare per i grandi teatri d’opera d’Europa per corteggiare direttori e musicisti, invitandoli a prendere parte a quella magia, che si ripete ogni anno dal 2013 con “Full moon concert”. Unico suo cruccio, non essere ancora riuscito a convincere il violinista Leōnidas Kavakos.
In un borgo in cui quasi nessuno sapeva chi fosse Mahler o era mai entrato in un teatro, le prime reazioni negative non si sono fatte attendere. Ma anno dopo anno lo scetticismo iniziale è passato, è cresciuta la fiducia nella direzione artistica: “Prima era qualcosa che non conoscevano e non ci credevano, poi hanno visto il potere del festival”, ammette uno degli abitanti. E aggiunge: “Quando il festival finisce, se ne sente la mancanza”.
Il Full Moon Concert 2023 – che si è svolto il 31 agosto – ha portato a Rokka la potenza dei Carmina Burana di Carl Orff, diretta da Myron Michaelides e in scena oltre ai solisti Maya Mourignelli (soprano), Antonis Koroneos (tenore), Angelos Chondrogiannis (baritono), i cori del Phonodia Vocal Ensemble e del Choral Group della Heraklion Music School (diretto da Ioannis Idomenes), il Choral Ensemble of Heraklion (diretto da Yannis Protopas), l’Academic Choir of the Youth of Athens (diretto da Nikos Maliaras), lo Youth Choir of the Heraklion Regional Unit (diretto da Lena Hadjigeorgiou) e dal Percussion and Piano Ensemble of the Philharmonic Orchestra of Athens (per chi se lo fosse perso c’è anche la versione youtube).

Installazione per i 10 anni di Giortes Rokka

L’installazione per i dieci anni di Giortes Rokkas

Giortes Rokkas

Nel 2017 Simandirakis si rende conto che è necessario un salto di qualità, coinvolgendo gli abitanti del borgo non solo come spettatori ma anche come parte attiva nell’organizzazione, trasformando quell’unico concerto estivo in un festival.
Il passaggio da un evento in una manifestazione di durata più ampia non è solo semantico, ma progettuale. La parola “festival” deriva dal latino festum, che indicava la festività intesa come momento di festa pubblica associata a un momento di convivialità condivisa diventando arene di pubblico scambio in cui si produce, si muta e si trasforma il sapere locale. Il primo passo verso il format del festival è stata la nomina di una direzione artistica. La scelta è caduta su Mety Panagiotopoulou, coreografa, programmatrice artistica e danzatrice greca e residente a Chania, oggi volto ufficiale del festival. E la crescita è dimostrata dai numeri: per questa decima edizione (nel 2020 a causa del Covid il festival non si è svolto), numerosi sponsor pubblici e privati hanno portato il budget complessivo a circa 130.000 €, con 1.500 persone alla serata di apertura, 900 spettatori nelle due serate di Kera A Stage e oltre 6.000 nel Full Moon Moncert, con 8 persone assunte e 20 abitanti tra i volontari più attivi che aiutano donando tempo, denaro, ospitalità e collaborando alla gestione degli eventi.
Il festival si svolge in due borghi distinti. Rokka ospita i concerti mentre a Kera si sviluppano Kera A Stage e le diverse attività collaterali. Le 15 venues del festival comprendono, oltre al parco archeologico di Rokka, 14 location tra i cortili, i giardini e le terrazze del borgo. Dopo il concerto iniziale, che dà avvio alla stagione, Kera A Stage si concentra in due serate, con un contorno di dieci giorni di attività culturali nel borgo, tra workshop – come quelli di ceramica, di riciclo o di danza -, incontri, film. L’evento conclusivo finale coincide ogni anno con la luna piena.

Kera a Stage Fairytale: la quarta edizione

The Festival Academy con la direttrice Mety Panagiotopoulou (ph. Nikos Kampianakis)

The Festival Academy, un’iniziativa dell’European Festivals Association (EFA), ha avviato un percorso di “Festival Visits” che comprende la visita a manifestazioni che si svolgono in aree rurali e in regioni remote. Il programma è aperto alla comunità degli ex studenti della Festival Academy per rafforzare la community e offrire opportunità di networking tra i festival maker che hanno partecipato a diversi programmi dell’Academy. La visita vuole proporre un pensiero e un’immaginazione rinnovati sulla curatela e sull’organizzazione di festival che si svolgono in luoghi non convenzionali e che lavorano con risorse e infrastrutture alternative. I festival selezionati per la visita hanno un approccio fortemente incentrato sulla comunità, una consapevolezza ambientale e una priorità nella cura degli artisti e dei loro processi creativi (individuali e collettivi).
Questa edizione pilota ha riunito un gruppo di organizzatori e manager di festival composto da Sahba Aminkia dall’Iran/Stati Uniti (Flying Carpet Festival); Ruth Cross dalla Spagna/Regno Unito (Rural Regeneration and Social Arts Micro Festival); Nima Dehghani dall’Iran/Stati Uniti (Reconnect Festival); Alba Fieira Vilariño dalla Spagna/Germania (progetto SiSONS); Antoniya Kishev dall’Austria (MAS Cultural Management); Ireri Mugica dal Messico (Festival Morelos Danza); Camila Provoste dal Cile (Festival Internacional de Teatro del Biobío & Festival Cielos del Infinito); Jin Yim dalla Corea del Sud (Progetto DARI – produttori collettivo); e Giulia Alonzo dall’Italia (Associazione TrovaFestival). Il gruppo guidato dal team della Festival Academy composto da Inge Ceustermans e Mar Sebastià Casanova è stato ospite a Creta dal 17 al 22 agosto.
Il nostro team arriva nel borgo di Kera la sera della generale, per assistere alla preparazione degli ultimi dettagli di Kera A Stage. Punto di riferimento della direzione artistica di Mety Panagiotopoulou è la trasformazione del villaggio di Kera in un grande palcoscenico, con il progetto iniziato nel 2018. L’intero villaggio diventa un teatro dove lo spettatore, con la sua mappa a portata di mano, assiste a spettacoli teatrali e brevi interpretazioni di un gruppo di artisti, in modo versatile ed eterogeneo. Nella sera di preview l’organizzazione, i tecnici, gli artisti e gli abitanti del villaggio si riuniscono per per una prova generale presentando un’opera dopo l’altra, in modo da assicurarsi che tutti gli artisti possano assistere il lavoro degli altri. Nei giorni successivi gli spettacoli si svolgono in contemporanea e si ripetono più volte durante la serata.

Serate a sorpresa

Il programma delle serate viene condiviso poco prima dell’apertura ufficiale: non sappiamo quello che accadrà, la serata è un’incognita, ma ci lasciamo contagiare dalla passione di chi sta lavorando con tanta energia: sappiamo benissimo cosa si prova in questi ultimi istanti, quando può succedere di tutto. La serata è strutturata come una carrellata di evnti, per un totale di circa tre ore, seguendo il fil rouge del fairytale, il tema dell’edizione 2023. Tutti gli artisti ospiti del festival sono invitati a creare produzioni ad hoc per il festival, in base alla location. Inoltre tutti agli artisti è richiesto di vedere i lavori degli altri, proprio per vivere il senso di comunità e comprendere il contesto nel quale il proprio spettacolo si inserisce. Il borgo si sviluppa sulla strada principale, che per l’occasione viene chiusa, trasformandola in un grande palcoscenico, con le sue case e i suoi abitanti come figuranti.

Dimitris Prousalis, How the Storytellers were created (ph. Yannis Markogiannakis)

L’inizio della maratona è affidato a Dimitris Prousalis, noto storyteller greco, che nella piazza principale di Rokka è accompagnato dalla danza di cinque danzatrici adolescenti di una scuola di Chania e dalla fisarmonica di Georgina Tsontaki. Prousalis inizia con il racconto How the Storytellers were created e spiega che i narratori sono persone che con le loro storie vogliono rendere il mondo un posto migliore. Un ottimo auspicio per la decima edizione del festival.
Ci spostiamo nel cortile di un’abitazione privata, coperto da una fitto rampicante di vite a proteggere gli occhi dagli ultimi raggi del sole prima del tramonto: Three Narrations sono racconti popolari che prendono corpo grazie a Theoni Koutsounaki, Ioanna Simantiraki e Christos Stratakis, che uniscono all’arte dello storytelling la musica e le arti circensi.
Proseguendo il cammino, in mezzo alla strada si incontra Two Travellers, uno spettacolo di danza dove l’incontro con l’altro ci offre lo specchio di ciò che abbiamo dentro, messo in scena da Manos Katsiadakis, Giannis Protopapadakis e Stamatia Kokolaki.
In una traversa della strada principale, superando un gruppo di case con rigogliosi alberi da frutto, troppo invitanti per non rubare neanche una susina, ci imbattiamo in una scena piuttosto insolita nella campagna cretese: una ballerina in tutù e sulle punte, Anna Fytila, attende tre suonatori di lira, i fratelli Alexandros e Panagiotis Tzanakakis e Babis Tyrakis, per iniziare a danzare come una ninfa sulla ballata dell’antica storia della lira di Creta, The Lyre Player and the Nymphs. Durante l’incontro con gli artisti – a fine festival – i musicisti racconteranno che non avrebbero mai immaginato di suonare per una ballerina e che inizialmente l’accostamento era apparso azzardato: ma alla fine hanno trovato l’idea originale, anche perché offre la possibilità di rendere la danza classica fruibile per gli abitanti dei borghi.
Proseguendo nel tour, si arriva nell’ambientazione The Skeleton Woman, nel giardino di una casetta indipendente sulla strada principale del borgo, le cui facciate sono illuminate con fari colorati, blu, rossi, verdi. Forse tra le pièce più intense del festival, narra di una donna che diventa scheletro per le offese subite dal padre e che tramite l’amore ritrova la vita e la voglia di andare avanti. La narrazione, affidata alla calda voce di Vania Stampolaki, è accompagnata dalla danza di Aria Stamataki e dal suono delle percussioni africane di Giorgos Fasolis, Lambros Koukounas e Margareta Pavlou.

Vania Stampolaki, Aria Stamataki, Giorgos Fasolis, Lambros Koukounas e Margareta Pavlou - The Skeleton Woman

Vania Stampolaki, Aria Stamataki, Giorgos Fasolis, Lambros Koukounas e Margareta Pavlou, The Skeleton Woman

Lasciandosi alle spalle questa apparizione e scendendo in una strada laterale, le performer Vasiliki Doudoulaki e Maria Latinaki ci portano nella savana. The Story of the Little Palm Tree è uno spettacolo di teatrodanza sulla scoperta di un’oasi in mezzo al deserto, una metafora di come si possano trasformare le difficoltà in forza.
Proseguendo tra i viottoli del borgo, curiosando nelle finestre delle abitazioni, tra chi mangia e chi ricambia lo sguardo sorridendo a un mio maccheronico “Kalispera”, si entra in un altro cortile per la performance di Dimitris Prousalis. Questa volta lo storyteller ci racconta The Two Mice in the Well, la storia di due topolini caduti in un pozzo che dimostra come sia meglio non prestare ascolto alle voci di disperazione e distruzione che ci circondano. Anche quando crediamo che nessuno sia lì per aiutarci, dobbiamo mantenere la fiducia: c’è sempre qualcuno che ci può tendere una mano e toglierci dai guai.
Scendendo ancora, arrivati ai margini del bosco di Rokka, si assiste a The Talisman of Love con Io Asithianaki e Stella Tripolitaki: il talismano del titolo deve proteggere l’amore di una giovane coppia, ma serve per farci capire che la miglior tutela sono l’uguaglianza e il rispetto.
Momento finale di questa maratona è il lavoro più sperimentale anche per l’uso di microfoni e luci. The Secret of the Dream con Elena Stavropoulou e Androniki Marathaki è dedicato al mistero del sogno, un elemento soggettivo che è tuttavia alimentato dalla collettività.
Nelle serate di festival, oltre agli spettacoli presenti alla generale, il borgo ospita workshop di riciclaggio, breakdance e ceramica. Un gruppo di artisti realizza un murales, che rimarrà per la comunità. Ma non solo.

Valentina Papadimitraki e Leonidas Maridakis, Little songs - ph. Yannis Markogiannakis

Valentina Papadimitraki e Leonidas Maridakis, Little songs (ph. Yannis Markogiannakis)

C’è stato anche l’omaggio a George Fountoulakis – per gli abitanti Fountoulogiorgis – storyteller e musicista, amante del festival, che apriva la sua casa per suonare e narrare storie. Lo scorso anno è venuto a mancare e il suo terrazzo sarebbe stato silente. La direttrice ha così pensato di invitare la compagnia di Valentina Papadimitraki e Leonidas Maridakis con Little songs, uno spettacolo di classiche canzoni greche per bambini, per tenere vivo quello spazio, unico lavoro non site specific nell’ambito del festival.
Come in un pellegrinaggio culturale, ogni tappa diventa una scoperta, con la propria drammaturgia, il proprio linguaggio artistico ed estetico. Ogni quadro può essere infatti fruito separatamente, o può essere letto consequenzialmente: ogni spettatore può costruirsi la propria drammaturgia, diventando così autore e al tempo stesso attore della messa in scena.
L’intero tour dura oltre tre ore e si conclude nella piazzetta dove si affacciano la chiesa e il centro culturale di Kera. All’inizio della serata era vuoto, ma ora lo spiazzo è pieno di tavole imbandite, dove gli abitanti iniziano a sedersi. Le portate arrivano una dopo l’altra, interminabili, e la musica inizia, trascinante.
Qui si compie il rito di creazione di comunità che solo il cibo e un festival riescono a creare.

Un borgo che si mette in scena, un borgo che si fa festival

Giortes Rokkas è un caso interessante a diversi livelli di analisi.
Il primo è la dimensione rituale che riesce a creare grazie alla partecipazione degli abitanti e delle comunità esterne che partecipano alle serate. Il festival, come rito pagano, unisce la funzione simbolica a quella sociale. Per Durkheim (1912) il rituale può provocare stati di “effervescenza” collettiva, per creare e corroborare il sentimento identitario di una comunità, rafforzandone la solidità. Ma per raggiungere un’identità collettiva coesa, che si riconosca nella creazione di quel valore rituale sociale, diventa fondamentale che il rito abbia anche una funzione individuale, per lo stato di benessere che ne traggono i partecipanti. Ovvero la capacità di rendere visibile l’inconscio sociale e rivelare i miti di cui è plasmato l’uomo.
In questa decima edizione di festival, il legame uomo e natura è particolarmente evidente: il filo rosso dello storytelling pesca le proprie origini della narrazione, da quella Grecia culla della civiltà e della cultura. E lo fa attraverso il mito, che ricorda i limiti, le debolezze e le paure dell’uomo davanti alla grandezza dell’ignoto e della natura (e dei propri abissi interiori). Il festival, inteso come rito collettivo, assume dunque una funzione sociale e un significato simbolico per la collettività in cui viene messo in azione. Come sottolinea Victor Turner (1982), in tutte le società le persone sentono la necessità di riservare determinati tempi e spazi per la creatività e la celebrazione comuni, mettendo in scena il grande gioco delle credenze e delle mitologie.
La seconda dimensione è quella teatrale. Questo livello non riguarda solo gli spettacoli, ma investe l’intera esperienza del Giortes Rokkas, attraverso una costante rappresentazione di sé – del borgo – e dell’altro – in questo caso attraverso la narrazione -, e dunque contribuisce alla costruzione dell’identità collettiva e della creazione di una comunità temporanea. Senza rendersene conto, ogni spettatore diventa parte di una creazione collettiva, corale, autore e protagonista della propria performance. Il borgo intero si mette in scena, si rianima attraverso la festa, diventando esempio di come un festival possa essere una fuga dal quotidiano e momento di creazione di una comunità temporanea.

La comunità in scena

Anche il nostro gruppo è stato parte di questa comunità. Già dalla seconda sera i volti iniziavano a essere familiari e le storie iniziavano a essere narrate. Il driver, Andreas, lavorava ad Atene nel cinema e nella comunicazione e si è avvicinato al festival per poter continuare a stare nell’ambiente: c’era bisogno di un autista e si è adattato. Il barista ama la musica rock e pop, il festival gli piace ma ogni anno chiede più musica nel programma e ogni anno viene deluso. Il fotografo ha una passione per la montagna, immortala l’anima delle persone ed è al festival perché bisogna prendere il lavoro che c’è e che in fondo gli piace, ma gli si illuminano gli occhi quando ti mostra le foto scattate sulle vette. Il social media manager studia ad Atene e torna a Rokka solo per il festival. E poi ci sono loro, gli abitanti, che lavorano gratuitamente e aprono le case per il festival.

The Festival Academy con gli abitanti di Rokka

The Festival Academy con gli abitanti di Rokka

Con loro abbiamo avuto modo di parlare l’ultima sera, attorno a un tavolo. L’incontro è stato un momento informale a cui hanno partecipato undici abitanti (di cui solo due donne, che non hanno parlato per tutta la sera, forse retaggio di una cultura ancora patriarcale), oltre a cinque componenti dello staff, tra cui la direttrice, che ha fatto anche da traduttrice e moderatrice.
Noi facciamo le domande e loro rispondono. Emerge subito la passione con cui si dedicano al progetto, tanto da litigare animatamente per tutta la durata del lavoro di progettazione e realizzazione, durante l’anno, quando il piccolo centro culturale è usato per le celebrazioni e le feste di comunità, dove si mangia e si balla tutti insieme.
“Italia? Ho vissuto due anni in Italia, a Torino avevo anche una macchina Fiat. Poi mi sono spostato ad Ancona. Sono rimasto anche un po’ lì e poi sono tornato a casa. Ma Italia bella”, e tira su il pollice della mano in segno di apprezzamento, accompagnato da un sorriso a mezza bocca da cui pende una sigaretta accesa.
Subito gli fa eco un altro: “Italia, beautiful! Sono stato a Matera con la mia famiglia, mia moglie e mia figlia”, tira fuori il cellulare e scrolla decine e decine di foto dei Sassi della città Capitale della Cultura 2019.
L’ultima serata prima della partenza è sempre così, in quell’atmosfera da ultimo giorno di scuola, dove si è felici per la bella esperienza condivisa ma al tempo stesso tristi di abbandonare la comunità che, seppur in pochi giorni, si è venuta a creare. E a Rokka è inevitabile conoscersi tutti, fin dalla prima sera, gli abitanti, gli artisti, gli ospiti.

Gli abitanti lamentano che nessuno dell’organizzazione viva nei borghi, stanno tutti in città: la programmazione si fa su zoom, ogni tanto qualcuno di loro va al paese, ma non capiscono quanto sia difficile stare lì quando, dopo la festa, le luci si spengono e torna il silenzio. Sia gli abitanti sia gli organizzatori hanno altri lavori, quindi diventa difficile conciliare le due attività, ma ognuno fa quello che può. Le parole chiave sono fiducia e ascolto. Il festival è servito anche per rinsaldare i legami nel paese: prima del festival alcuni di loro non si parlavano neanche, perché non c’era stata occasione di conoscersi. Uno degli abitanti chiosa, con commovente professionalità, dicendo che i punti per il successo di Giortes Rokkas sono tre:

1. Qualcuno con una visione che capisca cosa succede e di cui le persone si fidino;
2. Un obiettivo comune;
3. I finanziamenti e il supporto.

Con la mia ultima domanda, già in piedi, pronti per andare a cena, chiedo se il festival li abbia incuriositi o avvicinati al teatro o alla musica classica. Prima del festival, nessuno degli abitanti era mai stato a teatro e non avevano mai ascoltato musica classica. Solo Stefani aveva sentito qualche brano classico perché è un musicista, ma nemmeno lui era stato a teatro. Alcuni però ammettono che negli ultimi anni sono stati a Chania a vedere qualcosa a teatro. Solo a fine serata, Theodor Paraskakis mi ha raccontato che uno degli abitanti si è appassionato alla musica classica, ma non lo vuole dire davanti agli altri.

Un borgo che torna a vivere, un luogo d’incontro per artisti di tutto il mondo

L’apertura del festival al progetto di Festival Academy è un’ulteriore passo verso l’internazionalizzazione della manifestazione. Finora il progetto è stato pensato soprattutto per gli abitanti dell’area attorno ai borghi, o per i cretesi. Fatta eccezione per il concerto finale, dove la musica ha un linguaggio universale, i testi sono in greco. A parte il pubblico locale, che non ha bisogno di traduzioni, per quello straniero sarebbe importante ricevere in anticipo testi e programmi per potersi orientare tra le proposte.
Ma l’ospitalità greca, il calore con cui siamo stati immediatamente inseriti nella comunità ha travalicato ogni barriera culturale e linguistica.
Mety Panagiotopoulou aggiunge:

La visita al festival di Festival Academy è stata un’opportunità per renderci conto che affrontiamo sfide familiari e che, per evolverci, abbiamo bisogno di scambiare strumenti, idee ed esperienze. La rete che abbiamo creato rafforzerà la nostra creazione di festival. Per quanto riguarda la nostra visione per il prossimo decennio per Giortes Rokkas, è quella di trasformare questo festival in un punto d’incontro per artisti e creatori provenienti da tutto il mondo. Concentrandosi sulla più alta espressione artistica e sulla creazione di un’esperienza olistica per lo spettatore in modo che i limiti tra teatro e vita, arte e realtà siano intrecciati.

Il proposito di apertura risulta perfettamente in linea con lo spirito con cui Simandirakis ha dato vita al progetto nel 2013: pensare di ripopolare il borgo è un sogno forse irrealizzabile, ma nei giorni del festival quelle strade, quelle piazze e quei cortili, tornano a vivere, mostrando che altri pezzi di mondo possono trovare casa in un piccolo paese sperduto dell’entroterra cretese.

 

(L’articolo è la traduzione del report di Giulia Alonzo per The Festival Academy, pubblicato A QUESTO LINK)

Giortes Rokkas durante il Full Moon Concert (ph. Yannis Markogiannakis)




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