#BP2016 | Piccolo punto sulla situazione in Sicilia

I ricchi e i poveri, il centro e le periferie, la tradizione e l'innovazione

Pubblicato il 29/02/2016 / di / ateatro n. #BP2016 , 157 , Passioni e saperi

Tre anni ospitavamo in Sicilia una sessione di Buone Pratiche, chiusa con la speranza/promessa di nuovo corso della politica regionale in campo culturale, confortato dall’intervento del massimo dirigente assessoriale dell’epoca. Bel confronto fra operatori e punto sullo spettacolo dal vivo in Sicilia. Grande assente il settore pubblico sebbene invitato.
Oggi, passati diversi assessori e dirigenti, constatiamo che in buona parte la situazione non è migliorata, se non addirittura peggiorata.
Non tanto per diminuzione di risorse ma ancora di più per il perdurare dell’immobilismo politico che non riesce ad adottare reali scelte programmatiche (se non dettate da contingenza).
La politica regionale è oggi pesantemente condizionata dal convitato di Pietra, l’intero comparto pubblico, che non ritiene di partecipare a confronti.
Forse non a caso oggi provano a varare un progetto dal nome Teatri di Pietra, a giustificare un’ulteriore captazione di risorse comuni per 2,5 mln. Il titolo del progetto sembrerebbe, peraltro, usurpato all’omonimo anziano e blasonato circuito d’iniziativa privata.
Agli enti, chiamiamoli “di pietra”, è attualmente destinato il 97% delle risorse pubbliche regionali per lo spettacolo dal vivo in Sicilia, solo nel 2015oltre 40 milioni di euro assegnati ai pubblici, la quasi totalità a sei enti zeppi di dipendenti amministrativi spesso “donati” dallo scioglimento delle più diverse amministrazioni
assegnazioni 2015:
Palermo – Teatro Massimo 8,3 mln, F.O.S.S. 9,3 mln, Biondo 2,9 mln,
Catania – Teatro Stabile 2 mln, Bellini 14,3 mln,
Messina – Ente Autonomo Teatro di Messina 4,5 mln.
Il rimanente 3% (1,6 milioni circa) sono stati non proprio equamente distribuiti a un centinaio di soggetti indipendenti, molto attivi, con un esercito di addetti occupati direttamente o indirettamente, soprattutto artisti e tecnici, ma invisibili agli occhi di chi decide. Evidentemente il lavoratore del settore privato non ha eguale peso dei dipendenti pubblici, cui danno voce molteplici agguerriti sindacati, a volte di pochi iscritti ma molto ascoltati.
La nuova normativa ministeriale non migliora di fatto la nostra situazione: i due ex stabili, oggi TRIC, a dispetto dei cospicui contributi pubblici, sono sempre sull’orlo del baratro fallimentare e riescono a mala pena a garantire i requisiti richiesti dalla classifica ministeriale.
Il MIBACT ha riconosciuto in Sicilia due centri di produzione indipendenti (il teatro Libero di Palermo, e Scenario Pubblico a Catania per la Danza) sei imprese di produzione, tre imprese di teatro di figura, due imprese di produzione danza. Se la loro quota di contributi ministeriali è di poco inferiore a quella riservata alle strutture pubbliche dello stesso territorio, ci sarà un qualche motivo:
Buona parte del comparto del contemporaneo, da noi rappresentato, non ha tratto gran beneficio dal decreto: purtroppo i requisiti richiesti dalle norme vigenti (sia statale che regionale) impongono la ricerca di grandi numeri, un po’ meno di grande qualità, determinando di fatto un generale decadimento. Sono rischiosi gli investimenti nella ricerca, che non può garantire grandi risultati al botteghino, quindi meno appetibile dalla distribuzione e dagli enti di programmazione e quindi con minori possibilità oggettive di raggiungere il quorum imposto dal decreto per le odiose valutazioni quantitative.
I fondi destinati agli Enti “di Pietra” vanno per la massima parte a sostenere costi di gestione e stipendi e ciò non consente margini per una sensibilità verso le esigenze artistiche, di ricerca e d’innovazione, se si eccettuano quei ghetti/riserve indiane dove si confinano in piccole produzioni o ospitalità usa e getta, con al massimo tre repliche, utili sempre per raggiungere i famigerati livelli minimi di programmazione.
E non parliamo delle disastrose politiche di ribasso di prezzi (poche volte finalizzate al favorire le fasce deboli) con effetti devastanti nel libero mercato. Senza sostegno pubblico come fanno le strutture indipendenti a offrire prezzi concorrenziali?
Dove risiedono teatro e musica di ricerca e innovativi? Dove abita la sperimentazione? Dove si ritrova la qualità artistica assoluta? Temo non sempre laddove bisogna tenere costantemente d’occhio i risultati di botteghino, laddove bisogna contare il numero di giornate recitative e quindi giocoforza strizzare l’occhio al gusto “popolare”. Mi riferisco a un territorio in cui il grande pubblico è nutrito con ricche produzioni commerciali, anche di qualità ma non sufficienti alla formazione del pubblico che il MIBACT dichiara di voler sostenere.
Verso la desertificazione
Praticamente in Sicilia tutte le risorse pubbliche sono concentrate in aree metropolitane. Cosa rimane per i territori decentrati? Il punto di vista della nostra rete formata da compagnie e teatri diffusi capillarmente, ci consente di assistere non solo alla drastica diminuzione delle nascite di nuovi centri di produzione ma anche alla chiusura di alcune fra le più valide. I grossi enti, sempre più cattedrali nel deserto, sempre di più poli d’attrazione dei fondi pubblici.
La nostra circuitazione, per antonomasia, intende sostenere la “drammaturgia contemporanea” e il “nuovo teatro”, a prescindere dai suoi numeri, pur consapevoli che così non otterremo il riconoscimento ministeriale quale circuito regionale, non potremo raggiungere risultati da spettacolo pop. Non solo, pur essendo soggetto assolutamente autonomo, la nostra Rete associa soggetti di produzione, e tale elemento risulta inopinatamente ostativo, mentre non lo è per la normativa regionale, dove però il capitolo di competenza complessivamente assomma ad alcune decine di migliaia di euro. Né possiamo gestire direttamente e in esclusiva tutti i teatri dove arriva la nostra circuitazione.
Nella breve ma promettente stagione caratterizzata dal serrato dialogo costruttivo con l’ex Assessora, sostituita un paio di mesi fa, abbiamo messo a punto in maniera partecipata il da poco varato FURS siciliano, attualmente sotto attacco in sede di approvazione della legge di stabilità regionale. Avevamo congiuntamente gettato le basi per una solida politica di cofinanziamento delle Residenze teatrali, con il sostegno di risorse comunitarie, soprattutto per le attività diffuse nei territori, che fine faranno?
Ci toccherà rimpiangere l’era delle tanto vituperate erogazioni “a pioggia”? Epoca aurea (?) in cui si finanziavano, con somme forse più piccole ma meglio distribuite, anche attività minori ma vivaci e innovative (che hanno tracciato nuovi percorsi per le generazioni successive) e sono ormai meglio apprezzate e sostenute all’estero.
E’ quindi plausibile una metafora botanica. E’ più utile una pioggia frequente e diffusa oppure poche devastanti alluvioni concentrate nei soliti luoghi?

Soluzioni?
Si profila l’alternativa di raggupparsi per mettere assieme varie attività creative e produttive eterogenee, con poetiche e tematiche della più diversa ispirazione personale e territoriale, col fine di totalizzare quelle famigerate quote minime richieste, magari sotto l’egida degli enti più grossi, così famelici di “giornate”. Quali effetti perversi potrebbe causare questa soluzione? Le direzioni artistiche di eventuali capifila sarebbero così serenamente obiettivi e lungimiranti da sostenere imparzialmente ogni libera iniziativa, ogni autore emergente senza farsi influenzare da gusti, preferenze e simpatie? Avranno la pazienza di tenere d’occhio cosa succede nella provincia dove nascono spesso iniziative e autori fra i più interessanti?
Nella costante interlocuzione con gli organi regionali, insistiamo nel tentativo di introdurre in Sicilia un percorso di residenze artistiche, sinora totalmente assente, per utilizzare al meglio i fondi europei per l’asse 2014/2020, evitando lo scempio delle precedenti programmazioni che non hanno lasciato alcunché di utile nel territorio.
Il Centro Zo, nostro partner associato di Catania prosegue un programma multidisciplinare – per ottenere nel 2018 il riconoscimento MIBACT quale Centro di programmazione multidisciplinare. Speriamo bene, sarebbe il secondo in Italia, il primo nel meridione.




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