Ciao, Marisa

Un ricordo di Marisa Fabbri

Pubblicato il 28/06/2003 / di / ateatro n. 054

La scomparsa di Marisa Fabbri lascia un enorme vuoto nel teatro italiano.
Lo lascia perché non potremo più godere delle sue straordinarie interpretazioni – tra tutte leggendaria quella delle Baccanti (1976, Premio Ubu per la migliore attrice) all’interno del Laboratorio di Prato, dove era l’unica interprete della tragedia di Euripide, in un tour de force interpretativo che era anche una riflessione sul teatro, una rivelazione sul rapporto tra attore e spettatore.
Ma Marisa Fabbri lascia un vuoto anche e soprattutto per la sua generosità e per il suo amore per il teatro, vissuto sempre come luogo in cui mettersi in discussione e aprire un rapporto di comunicazione con il pubblico. Dal punto di vista tecnico, poteva rivaleggiare con Carmelo Bene, come ha dimostrato nel suo assolo V.O.C.E., ovvero Virgilio, Omero, Gregory Corso ed Euripide (1983). Così come erano straordinarie la sua intelligenza e acutezza nel leggere i testi: grazie a questa capacità analitica le sue interpretazioni erano anche acute operazioni critiche.
Nel corso della sua carriera, Marisa Fabbri ha lavorato con alcuni tra i maggiori registi del dopoguerra: Aldo Trionfo per Dialoghi con Leucò da C. Pavese (1964), Vinzenz e l’amica degli uomini importanti di R. Musil (1964), dove si esibiva in stile Marlene Dietrich, Elettra di Sofocle (1974); Giorgio Strehler per I giganti della montagna di Pirandello (1966) e Cantata del fantoccio lusitano di P. Weiss, (1968); e soprattutto Luca Ronconi per I lunatici di Middleton (1965), l’Orestea di Eschilo (1972), dove era Clitemnestra, Spettri di H. Ibsen (1981), Ignorabimus di A. Holtz (1986), dove per nove ore recitava in panni maschili in un cast tutto femminile premiato con l’Ubu, I dialoghi delle Carmelitane di G. Bernanos, Le tre sorelle di Cechov, L’uomo difficile di H. von Hofmannsthal (Premio Ubu per l’interpretazione particolarmente singolare), Gli ultimi giorni dell’umanità di K. Kraus (1990).
Nel corso della sua carriera Marisa Fabbri ha anche voluto e saputo rischiare collaborando con giovani registi: Cherif per Bestia da stile di Pasolini (1986) e Il Corano al Teatro di Roma (2000), dove leggeva il testo su Sabra e Chatila di Jean Genet, Mauro Avogadro per Il dolore da Marguerite Duras e La democrazia di Andrea Balzola (1999), Barbara Nativi per Io, Paola la commediante di Mario Luzi (2000).
Senza dimenticare che l’impegno artistico era strettamente legato a quello civile, come ha testimoniato di recente nell’ intervista a Anna Monteverdi (da ateatro 25)

Nel prossimo numero di ateatro cercheremo di ricordare Marisa Fabbri nella maniera migliore: il nostro piccolo e doveroso tributo alla sua umanità, alla sua disponibilità e alla sua generosità.

Marisa Fabbri: una filmografia
Gli astronomi (2002)
Ybris (1984)
Milarepa (1974)
Non ho tempo (1973)
La Tosca (1973)
Diario di un maestro (1972)
Quattro mosche di velluto grigio (1971)
Sacco e Vanzetti (1971)
L’asino d’oro: processo per fatti strani contro Lucius Apuleius cittadino romano (1970)

Redazione_ateatro




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