I tagli della Finanziaria allo spettacolo

L'intervento al Senato del 10.11.2005

Pubblicato il 11/11/2005 / di / ateatro n. 090

SENATO DELLA REPUBBLICA —— XIV LEGISLATURA ——
894a SEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO
SOMMARIO E STENOGRAFICO

GIOVEDÌ 10 NOVEMBRE 2005
(Antimeridiana)
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Presidenza del vice presidente MORO,
indi del vice presidente SALVI

FRANCO Vittoria (DS-U). Signor Presidente, signor Vice Ministro, abbiamo letto il maxiemendamento alla legge finanziaria presentato dal Governo con la stessa preoccupazione con la quale avevamo letto il testo della legge stessa. La pesantezza dei tagli al Ministero dei beni culturali resta intatta; il recupero leggero di 85 milioni del Fondo unico per lo spettacolo è evidentemente del tutto insufficiente, circa la metà di ciò che era stato tagliato rispetto alle previsioni della legge finanziaria 2005, pari a 164 milioni; briciole di briciole dunque, che sarà persino difficile ripartire.
Hanno ragione di continuare a preoccuparsi i sovrintendenti delle fondazioni lirico-sinfoniche che dovranno ridurre le programmazioni o abbassarne la qualità; hanno ragione a gridare la loro sofferenza di operatori della musica, del teatro, del cinema, della danza. Le conseguenze di questi tagli sono state elencate con grande onestà dal senatore Favaro, relatore in Commissione. Non voglio aggiungere niente a quanto lui ha detto nella sua relazione, ma solo leggerne una parte: «Se si analizza il trend storico del FUS, si evince che esso risulta più che dimezzato negli ultimi anni. Le Fondazioni lirico-sinfoniche aggiungerebbero ai cento milioni di euro di indebitamento netto ulteriori 80 milioni di euro di perdite, con il rischio della chiusura totale delle attività. Negli altri settori (musica, prosa, danza, circhi e spettacolo viaggiante), il 30 per cento delle associazioni delle istituzioni non riceverebbe più alcun sostegno da parte dello Stato, con conseguente blocco delle relative attività.
Il Centro sperimentale di cinematografia potrebbe far fronte solo agli stipendi e alle spese obbligatorie, con conseguente blocco dell’attività didattica (…). La Cineteca nazionale potrebbe fare fronte solo agli stipendi e all’attività di manutenzione ordinaria dei macchinari, interrompendo di fatto tutti i programmi di restauro. La Mostra internazionale d’arte cinematografica della Biennale di Venezia avrebbe un fortissimo taglio che, a meno di imprevedibili interventi da parte di privati, metterebbe a rischio lo svolgimento della stessa mostra. Tutti gli altri settori subirebbero fortissimi tagli, dalla produzione alla distribuzione, dall’esercizio alla promozione delle attività cinematografiche italiane all’estero. Inoltre, il numero di film finanziati dello Stato diminuirebbe del 60 per cento».
Signor Vice ministro, lei lo sa, poco cambierà rispetto alle drammatiche previsioni prospettate dal senatore Favaro in Commissione. Restano poi immutati i tagli al Ministero e ai fondi per gli investimenti (circa il 40 per cento); si tratta di stanziamenti per restauri, salvaguardia, manutenzione, adeguamento dei musei, finanziamenti per progetti di recupero che non possono più essere realizzati. Si sottrae in questo modo al Ministero la capacità di esercitare le funzioni minime di tutela previste dalla Costituzione.
Permangono ancora le riduzioni degli stanziamenti annuali destinati alle fondazioni, agli enti e agli istituti culturali non statali, nonché delle risorse per gli istituti centrali, per la Biblioteca centrale Vittorio Emanuele e per il Piano straordinario pluriennale per l’archeologia.
Signor Presidente, signor Vice ministro, colleghi, sono cinque anni che ci troviamo in quest’Aula e in 7a Commissione a denunciare i tagli al settore dei beni e delle attività culturali e al FUS, oltre che a segnalare con forza l’impoverimento progressivo di tutto il settore culturale del nostro Paese. Quest’anno però si è toccato il punto più basso, mettendo a rischio seriamente il nostro patrimonio artistico, il cinema, il teatro dal vivo, gli enti lirici.
Hanno avuto ragione le istituzioni e i sindacati dello spettacolo a scioperare il 14 ottobre scorso. Sono a rischio centinaia di posti di lavoro; sono a rischio istituzioni culturali che costituiscono un tessuto ricco di crescita culturale, umana, civile e sociale. Hanno ragione i cittadini che si sentono deprivati di un diritto primario, quello alla cultura; hanno ragione gli assessori delle Regioni e dei Comuni a denunciare il fatto che, per effetto dei tagli agli enti locali, saranno costretti a chiudere biblioteche, musei e sale.
Provo a immaginare lo scenario delle città che dovranno rinunciare a manifestazioni storiche tradizionali e nelle quali i teatri chiuderanno, si terranno meno concerti e meno spettacoli; i lavoratori saranno licenziati, alcuni musei chiuderanno o resteranno aperti con orari ridotti. Sarà un Paese più povero, più misero, più arido, un Paese più triste.
In questi provvedimenti del Governo – mi riferisco anche alle riduzioni di cassa previste nel maxiemendamento approvato ieri – si legge a chiare lettere una volontà della maggioranza di mortificare la cultura. Come abbiamo detto nei giorni scorsi, il Governo chiude la cultura, ne suona il de profundis. Ci domandiamo il perché di tanto accanimento verso un settore che andrebbe invece valorizzato, innanzitutto perché è una risorsa civile, è parte fondamentale delle relazioni umane, crea coesione sociale ed identità (sappiamo bene quanto l’identità del nostro Paese sia legata al patrimonio artistico, al cinema, all’opera e alla musica) e poi perché in una società post-industriale, i beni immateriali, il sapere, la conoscenza e la cultura acquistano sempre più valore e possono costituire uno dei fattori principali dello sviluppo di un Paese come il nostro.
Una politica lungimirante, oggi più che mai, non considera la cultura un lusso, ma un investimento per il futuro e per i nostri giovani. Noi prendiamo atto del fatto che la capacità creativa del nostro Ministro del tesoro si infrange di fronte alle risorse per la cultura, mentre chiediamo al ministro Buttiglione se sia soddisfatto di quanto stanziato nel maxiemendamento per il suo Ministero, se condivida la scelta di destinare alla cosiddetta legge mancia una serie di marchette per i parlamentari della maggioranza pari 220 milioni di euro, se tutto ciò gli basti per non rassegnare le dimissioni che aveva minacciato. Noi gli vogliamo dire che il mondo della cultura si aspetta anche da lui coerenza.

Senatrice_Vittoria_Franco_(DS)

2005-11-11T00:00:00




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