Una comunità aperta per l’’innovazione: B. Motion al Festival Operaestate di Bassano del Grappa (Vi)

Incontro delle realtà della scena contemporanea (2 -– 4 settembre 2010)

Pubblicato il 07/09/2010 / di / ateatro n. 127

Da giovedì 2 a sabato 4 settembre, l’Operaestate Festival Veneto di Bassano del Grappa (VI) ha ospitato, all’interno della sezione B-Motion dedicata alle giovani compagnie del teatro e della danza, l’’incontro nazionale delle realtà della scena contemporanea italiana.
Il convegno, a cui sono intervenuti oltre ottanta fra giornalisti, curatori teatrali e direttori di festival e spazi culturali è stata la tappa finale di un progetto nato dal convegno “Vietato parlare dell’aurora. Proposte concrete per il lavoro delle giovani compagnie italiane e dei teatri e festival che le programmano”, che si era tenuto a Sansepolcro nel luglio del 2009 nell’ambito del Kilowatt Festival, e sviluppato come un progetto di proposte concrete per il lavoro delle giovani compagnie italiane, e dei teatri e dei festival che le programmano. Un team di operatori italiani attivi sul territorio nazionale si è confrontato nel corso dell’anno per studiare la struttura su cui poggia il sistema culturale italiano, elaborando delle proposte concrete di riforma dello spettacolo dal vivo, in particolare riferito alla contemporaneità.
A Bassano del Grappa si sono trovati a discutere operatori teatrali di festival ormai consolidati, come M. Settembri di Fabbrica Europa Festival o S. Bottiroli del Festival di Santarcangelo, accanto a programmatori di teatri, spazi, residenze, rassegne e festival di tutta Italia (dal Piemonte, diversi gruppi milanesi come Le Moire, dal Friuli il CSS, dal Veneto organizzatori quali A. Varvarà di Questa nave di Marghera, L. Mangheras del Tib di Belluno, C. Palumbo di Echidna, il TAM di Padova, dalla Toscana E. Donatini del Metastasio di Prato, insieme a diverse realtà che operano a Roma, Livorno, Rimini, Napoli e Palermo). Ricci si è fatto promotore del percorso che da Sansepolcro ha portato a Bassano, ovvero alla stesura di un manifesto per un coordinamento delle realtà della scena contemporanea italiana. Questo documento è uno sguardo sul panorama nazionale, che ha visto nascere luoghi che non sono incubatori di eventi singoli, ma “nati per essere attraversati”, come sale cittadine, paesi di provincia, festival, rassegne, centri sociali, scuole, una costellazione di luoghi non esclusivamente teatrali.
L’idea di Sansepolcro di dare vita a una progettualità condivisa si è concretizzata nella fondazione di un coordinamento nazionale, in cui si possano riconoscere tutte le realtà della scena contemporanea che fanno programmazione teatrale e culturale. L’identità di questo organismo, come ha specificato Ricci, parte dalla consapevolezza che le nuove generazioni hanno in mano il cambiamento, e si devono creare un sistema flessibile e pluralista.
La riflessione di Bassano del Grappa ha coinvolto anche i critici, e l’anno prossimo si aprirà anche alle compagnie, in modo da strutturare un meccanismo nazionale. La rivendicazione di un sistema poetico e di un sistema politico con cui il team di operatori ha lavorato, oltre a lamentare la drammatica mancanza di risorse e le “cattive pratiche” che determina, ha riempito di nuove esperienze alcune delle tracce lasciate dalla definizione che quarant’anni fa si diede del “nuovo teatro”. Ricci ha ricordato che questa identità era nata nel 1967, in occasione del Convegno di Ivrea; dieci anni dopo a Casciana Terme si erano posti i fermenti per la creazione dei Teatri Stabili d’Innovazione; e nel 1987, in occasione del secondo Ivrea, G. Capitta, O. Ponte di Pino e G. Manzella, elaborarono un documento (“Ivrea 87. Realtà e utopie. Intorno al “nuovo teatro”) contro la trappola delle istituzioni corrotte, in cui si era ritrovata, vent’anni dopo, quella che era stata una spinta eversiva, strozzata nella programmazione e nella distribuzione, ancora monopolizzata dagli stabili.
Il Manifesto redatto a Bassano del Grappa contiene i principi identitari per un coordinamento delle realtà del contemporaneo, che sono, secondo Ricci, delle identità ibride, mischiate come compagnie in una stessa giungla. Il Manifesto si apre così:

“Siamo realtà che lavorano nella produzione e nella diffusione della scena contemporanea. Siamo le compagnie di produzione, le sale, i teatri, le residenze, i festival e le rassegne, diffusi e operativi su tutto il territorio nazionale. Siamo organismi ibridi e difformi tra loro per dimensioni ed espressioni poetiche, che hanno definito le proprie identità nelle pratiche di lavoro, con azioni spesso autonome, altre volte sviluppate in contatto con le istituzioni.”

Il Manifesto esamina le condizioni in cui è stata lasciata la scena contemporanea, di cui si è molto discusso in queste giornate: precariato, lavoro sommerso, volontariato. La creatività si pone come condizione della valorizzazione di esperienze produttive innovative e dinamiche, all’interno di un meccanismo che non può più essere bloccato dal sistema di finanziamento statale regolamentato dal Fus.

“Per attivare questo processo di rinnovamento, per un’evoluzione del sistema nazionale e dei sistemi locali del teatro, della danza e della performing art, nasce il Coordinamento delle realtà della scena contemporanea (C. Re.S.Co) che lavora affinché venga riconosciuto lo specifico di artisti e operatori che si occupano di contemporaneità

Ricci ha sottolineato che è necessario che il pubblico capisca che cosa significa contemporaneo, che lo riconosca attraverso l’assunzione di una responsabilità sociale. “C.Re.S.Co è rete e modalità d’azione, crea azioni condivise”, ha spiegato R. Nicolai, coordinatrice del progetto e direttrice artistica di Teatri di Vetro (Roma), esprimendo inoltre la necessità dell’appropriazione di spazi che siano il luogo di una conoscenza reciproca; questo, oltre a imporre una logica d’azione, dovrebbe essere favorito da politiche regionali che appoggino il teatro. L’esistenza di una solida aggregazione permette di attraversare tracce di lavoro, bozze di un sistema con gli enti locali, regionali, nazionali, internazionali, perché il cambiamento dovrebbe trasformare anche le realtà più costrette a fare i conti della politica, come al Sud. Significative le testimonianze di G. Cutino, direttore della compagnia M’Arte-Movimenti d’Arte di Palermo, che ha dolorosamente confessato che gli enti locali hanno tolto i finanziamenti a una rassegna di teatro contemporaneo da lui diretta ad Alcamo; e di L. Mattioli, direttore del festival Esterni a Terni, che ha denunciato la soppressione di uno spazio teatrale a causa dell’insediamento di una scuola di Intelligence. L’unione di intenti, ha precisato anche A. Ferraro di Attraversamenti Multipli di Roma, deve costruire la sua forza sul coordinamento nazionale, e deve determinare un riconoscimento da parte delle istituzioni come prodotto di modalità autoperative.
Nella seconda giornata del convegno sono intervenuti alcuni esperti di economia dello spettacolo, come D. D’Antonio (di Teatro Inverso di Brescia) e G. Berardino (coordinatore di Festival Voci di Fonte di Siena), per mettere a punto una proposta per l’aggiornamento del sistema dei finanziamenti sul territorio nazionale e su quelli regionali. Sul piano dei principi legislativi, negli ultimi anni si è andato modificando il quadro territoriale, a seguito di nuove leggi regionali in materia di spettacolo dal vivo, mentre il panorama nazionale (se si esclude l’emanazione di alcuni decreti e regolamenti ministeriali) attende, dopo l’elaborazione di diverse proposte di legge espresse dal Parlamento, la prima legge nazionale di sistema. Berardino ha inquadrato il tema finanziario parlando di un mercato regolamentato sul rapporto tra domanda (il pubblico) e l’offerta (i creatori) come base per ricompattare le risorse: il dilemma dell’offerta e del gradimento può essere attutito attraverso una democratizzazione del mercato, e l’aumento del pubblico è il solo fattore che può generare un aumento delle risorse nel settore. D’Antonio ha presentato uno studio sui lavoratori dello spettacolo in quattro regioni campione (Lombardia, Toscana, Lazio, Campania), utilizzando i documenti delle leggi-quadro regionali e le analisi del Fus, i dati Siae e quelli degli Osservatori; comparandoli con i dati dell’insieme delle regioni, emergono le disparità legislative e di spesa (in Toscana si spendono 7 milioni di euro per le attività performative, in Lombardia un milione). Secondo C.Re.S.Co., è necessario vigilare sulla trasparenza degli atti normativi emanati dagli Enti regionali, dove ci sono ancora ampi spazi di arbitrarietà. Vanno dunque regolati con iniziative legislative ispirate alla trasparenza le attività intraprese direttamente dalle Regioni e dai grandi Comuni, come il sostegno ai circuiti teatrali; ma anche i progetti di promozione gestiti dalle società partecipate, i cui parametri di accesso ai finanziamenti non sono chiaramente definiti, e le attività finanziate non sempre monitorate. In secondo luogo, è indispensabile rafforzate le attività degli Osservatori, che in alcune regioni non sono presenti. Tendenze pericolose in atto sono, secondo i relatori, l’accorpamento degli assessorati alla cultura con altri assessorati e la gestione diretta da parte delle regioni dei propri partner dei progetti. L’accessibilità ai dati, ha notato D’Antonio, è un altro problema, perché la metà delle regioni italiane non pubblica i dati delle risorse destinate al settore dello spettacolo dal vivo, se non sulle gazzette ufficiali, e comunque in maniera disomogenea. Inoltre, sia sui versanti regionali sia su quello nazionale, è necessario individuare pratiche che affranchino il settore dello spettacolo dal vivo dalla consuetudine delle sovvenzioni basate sul contributo storico e a fondo perduto, e che introducano degli elementi di dinamicità: esistono di fatto barriere che impediscono l’entrata di nuovi possibili soggetti, anche se non si può pensare che iniziative qualificate non si vedano più garantita una base di finanziamento che permetta una progettazione di respiro almeno triennale. Berardino ha sostenuto con forza l’abbattimento delle rendite di posizione per rendere il mercato accessibile, e ha rivendicato la salvaguardia dei lavoratori attraverso il rafforzamento del sistema di valutazione. Alla domanda se esistano meccanismi che potrebbero sostenere l’intero settore, in maniera diffusa e capillare, ha suggerito di adottare forme di finanziamento indiretto, come la defiscalizzazione (come l’abbattimento delle aliquote Irpef o l’esenzione ai fini Iva), gli incentivi a fini previdenziali, la deducibilità di determinate spese proprie all’attività caratteristica dello spettacolo (trasporti, autostrade, noleggi, attività di service). Questo porterebbe a un abbattimento dei costi di produzione, che avrebbero sui bilanci delle imprese culturali lo stesso impatto di una sovvenzione, con la differenza che oltre a essere un’opportunità disponibile per tutti, l’entità del beneficio andrebbe a legarsi direttamente alla maggiore o minore capacità del soggetto di essere attivo/produttivo, senza affidarsi ai soli parametri delle giornate Enpals e dei borderò Siae, più o meno virtuali. La rigorosa attività di monitoraggio sui soggetti finanziati dovrebbe essere affidata a commissioni di esperti qualificati, con autonomia dalla politica.
Inoltre il rapporto tra pubblico e privato appare poco trasparente, anche perché negli ultimi vent’anni sono nate strutture private con obiettivi pubblici: si è dunque proposto di separare meglio il pubblico dal privato, e di studiare il sistema francese, strutturato in stabili composti da competenze professionali diversificate (c’è chi si occupa di nomine, chi si dedica alla scelta della drammaturgia – e vien da pensare a quell’anomalia italiana, per ricordare Meldolesi, costituita dal vuoto culturale di una figura come quella del dramaturg -, al settore della danza, eccetera) e alimentato da finanziamenti ministeriali, e il sistema inglese dell’Arts Council, strutturato in commissioni ministeriali regionali. Per far crescere la dinamicità di mercato, i soggetti privati non dovrebbero fare riferimento al Ministero, ma ad ambiti territoriali magari organizzati in macroaree (regionali o interregionali), che lavorano in concertazione con le Regioni. Alle realtà private più importanti e storicizzate si potrebbe riconoscere un finanziamento in base alla loro progettualità, con sostegno biennale, o meglio ancora triennale.
L’accesso alla progettualità biennale o triennale dovrebbe rimanere aperto anche a nuove realtà, che dimostrano di saper realizzare progetti innovativi. Chi e come dovrebbe assegnare tali contributi? Sarebbe auspicabile, si è detto, la formazione di comitati tecnico-artistici, caratterizzati dalla professionalità dei componenti e dalla qualificata pluralità di punti di vista presenti all’interno dei comitati (un economista, un tecnico, un critico, eccetera); le sedute di valutazione dovrebbero essere pubbliche; e le modalità di accesso ai finanziamenti e le verifiche dovrebbero essere trasparenti e sempre pubbliche; anche le linee strategiche locali (in corrispondenza a quelle nazionali) dovrebbero essere rese pubbliche e resare attive per la durata di 2-3 anni; il criterio di storicità non dovrebbe essere considerato determinante al fine della concessione del finanziamento legato alla progettualità, ma sarebbero da considerarsi essenziali gli obiettivi del progetto, nonché la coerenza e la sostenibilità, anche in rapporto alle dinamiche di sviluppo del territorio. Infine, la dinamicità del sistema dovrebbe essere garantita anche all’adeguamento delle nuove forme produttive messe in atto sia dalle compagnie sia dagli operatori.
I nuovi “agevolatori” delle produzioni, che il meccanismo esistente non è in grado di fotografare, sono i festival e le residenze di produzione. Sarebbe necessario adeguare i parametri di valutazione dei progetti, in campo sia nazionale sia regionale, entrambi legati alla distinzione in antichi generi (prosa, balletto…), in borderò e giornate lavorative. Per innescare la dinamicità del sistema sarebbe inoltre opportuno identificare una forma giuridica adeguata per le compagnie teatrali. Le compagnie (associazioni culturali e cooperative) possono essere riconosciute come imprese a patto che siano inquadrate in un modello specifico di “impresa culturale”, le cui caratteristiche e funzionalità sono ancora tutte da delineare con appositi studi di settore, ma che riconoscano almeno la natura lavorativa atipica e intermittente non solo dei dipendenti, ma anche delle imprese. Si è proposto un sistema costituito da pochi stabili pubblici (incaricati di incentivare la rete dei rapporti internazionali); e per il resto di operare con strutture che lavorino territorialmente. I festival diffusi e le residenze adempiono oggi funzioni che sarebbero quelle dei soggetti previsti dalla normativa; le produzioni oggi si sono fatte più complesse: non richiedono più un mese o più di tempo continuato, ma una settimana, e poi il lavoro si interrompe per un periodo variabile, e non ci sono leggi che riconoscono queste nuove modalità produttive.
Al centro della seconda giornata del convegno c’è stato il riconoscimento normativo della natura atipica del lavoratore dello spettacolo. La relazione su questa spina nel fianco è stata affidata a due consulenti della Fondazione Fitzcarraldo, U. Bacchella e L. Carnelli. La nuova struttura di C. Re.S.Co (Coordinamento delle realtà della scena contemporanea) ha infatti proposto alla Fondazione torinese di compiere uno studio scientifico sulla natura atipica e precaria dell’attività del lavoratore dello spettacolo dal vivo. Ricci ha spiegato che il convegno di Sansepolcro del luglio 2009 fissava tra gli obiettivi di un futuro Coordinamento delle realtà della scena contemporanea la difesa dei diritti dei lavoratori dello spettacolo e della loro dignità professionale. Durante i dodici mesi di lavoro che hanno portato alla definizione del programma di Bassano del Grappa, gli organizzatori si sono resi conto che nessuna tutela degli operatori dello spettacolo può prescindere da una definizione dei diversi profili di attori, danzatori, tecnici, organizzativi, amministrativi, eccetera, in modo da evidenziare modalità, tempi e condizioni di lavoro. È stato osservato che i dati forniti dall’ Enpals non sono attendibili, in quanto “le retribuzioni e giornate contributive dichiarate possono essere sovrastimate poiché alcune compagnie e alcuni gestori, che hanno fondi limitati, spesso pagano soltanto i contributi ai propri collaboratori, mentre la paga può essere un forfait inferiore a quello dichiarato; le retribuzioni e giornate contributive dichiarate possono essere sottostimate in quanto i dati Enpals non fanno emeregere un vasto insieme di lavoratori realmente occupati, ma pagati in nero, o non pagati”. Pertanto, in accordo con la Fondazione Fitzcarraldo, si sta sviluppando un questionario da sottoporre ad artisti e operatori culturali che condividono le finalità del C.Re.S.Co, in modo che questo sia diffuso tra i lavoratori, le imprese di produzione e i gestori di spazi e di festival, per raccogliere sul campo i dati dagli operatori che lavorano nel settore. Una volta elaborati i dati, si proporranno a referenti istituzionali (a partire dalle Commissioni Lavoro dei due rami del Parlamento), per supportare una richiesta concreta di presa in carico delle condizioni dei lavoratori dello spettacolo dal vivo, in vista di una complessiva riforma nazionale degli armonizzatori sociali.
Ugo Bacchella ha spiegato che la ricerca della Fondazione si pone come una “documentazione attraverso la costruzione di ponti”. Fiztcarraldo, ha precisato, è posta all’attenzione sia di pubblici che privati, ed è disposta a circoscrivere un panorama dello spettacolo dal vivo, tenendo presente che oggi in Italia il peso del teatro di ricerca è irrilevante, e che l’indifferenza istituzionale verso questo settore ripropone il problema del riconoscimento del teatro nell’istituzione pubblica. E’ necessario coinvolgere le organizzazioni sociali e non profit, e le Fondazioni di origine bancaria. Rilevante l’esperienza della Cariplo, che dopo aver dato contributi dal teatro istituzionale ha iniziato a sostenere il teatro indipendente e le residenze.
La ricerca (“Progetto di ricerca che studi il profilo del lavoratore dello spettacolo, con l’obiettivo di medio-termine di vederne riconosciute dal legislatore le specificità e le caratteristiche”) dovrebbe dunque definire i profili dei lavoratori dello spettacolo, facendone emergere modalità, tempi e condizioni di lavoro; evidenziare le peculiarità lavorative, contributive, previdenziali e assicurative dei diversi addetti allo spettacolo, rimarcando le peculiarità e differenze a seconda dei settori di impiego – cinema, musica, lirica, teatro, teatro di strada, danza, eccetera – ma anche la tipologia di mansioni – tecniche, artistiche, amministrative, organizzative, con attenzione all’ambito della contemporaneità; evidenziare gli indotti occupazionali dell’intero comparto. La ricerca vuole offrire un panorama completo e rappresentativo del settore dello spettacolo Luisella Carnelli ha spiegato il metodo di indagine, basato su un campione di riferimento su imprese di produzione, organizzazione e distribuzione da una parte, e sul lavoratore dello spettacolo dall’altra, da intercettare attraverso un questionario on-line sulle modalità lavorative (lavoratori retribuiti a giornata o a carattere forfettario, collaborazione a progetto o “lavoratore volontario coatto” – tenendo presente anche i dati Enpals, dei lavoratori registrati e dei full time equivalent), specificando che l’impresa dello spettacolo coinvolge anche il settore del facchinaggio e gli elettricisti, e dunque intrecciare i dati anche delle società di service (che sono iscritti INPS possono avere partita IVA).
La giornata è proseguita con la discussione dei temi trattati in cinque tavoli di lavoro, ai quali hanno partecipato, oltre agli operatori culturali anche i critici (di diverse provenienze, come R. Rizzente della rivista “Hystrio”, ma anche numerosi critici di testate on-line). I gruppi si sono poi confrontati in seduta plenaria e hanno aderito ai contenuti del manifesto, ma è stata proprio la questione della funzione della critica ad accendere il dibattito. Alla fine, ha prevalso la posizione di Valeria Ottolenghi: non schierare i critici all’interno del coordinamento, ma in funzione di fiancheggiatori.
Nella terza giornata si è discusso dell’assunzione di responsabilità da parte dei programmatori e curatori della scena contemporanea italiana. D. Nubile, direttore di Campo Teatrale di Milano, ha espresso il timore dei programmatori teatrali di proporre uno spettacolo che non sia come il precedente, e le difficoltà di comunicazione e organizzazione di fronte agli spettacoli “di moda”. L’obiettivo è promuovere un maggior rispetto del lavoro delle compagnie, favorire la valorizzazione dei nuovi talenti e di sostenere un “patto tra generazioni”. L’etica su cui basare una piattaforma progettuale è un linguaggio portatore di pensiero, speranza, sogno. I principi da condividere riguardano la creazione di contesti di sviluppo della scena contemporanea, spazi aperti al rapporto con le comunità e le aree geografiche in cui si opera, in dialogo con il territorio e in relazione con la scena nazionale e internazionale; il pubblico come orizzonte necessario all’azione culturale (attraverso modalità di ascolto, proposta, coinvolgimento), e un’assunzione di responsabilità verso gli artisti che Tiziano Panici di Teatro Argot di Roma ha posto come un codice deontologico di una professione a servizio della società. Sono stati suggeriti semplici accorgimenti pratici,: modalità di rapporto trasparenti con le compagnie (per esempio indicando nella propria comunicazione il nome del responsabile della progettazione, per chiarezza nei tempi di invio del materiale in vista dell’accettazione della proposta); i responsabili della programmazione si impegnano ad aprire un confronto critico con le compagnie; i responsabili amministrativi si impegnano a riconoscere alle compagnie il rispetto del lavoro (le condizioni di ospitalità offerte, i cachet pattuiti); i responsabili delle produzioni delle strutture si impegnano a far si che le proprie produzioni non riempiano il cartellone in maniera invasiva, e a non alimentare una “politica dello scambio”. Si è sancita la salvaguardia (nel caso di finanziamenti pubblici) di una quota da destinare al budget artistico per attivare progetti di ospitalità e lavoro con compagnie; per favorire forme di collaborazione, co-produzione e relazione con altre realtà; il rischio di impresa; e altre proposte come la promozione a carico della struttura ospitante, l’Enpals a carico delle compagnie, la garanzia di un tecnico per il periodo di montaggio e smontaggio. A. Riitano di Eruzioni Festival di Napoli ha cercato di definire la struttura operativa di un coordinamento delle realtà del contemporaneo insieme a Elena Lamberti, organizzatrice teatrale e coordinatrice di C.Re.S.Co. Si è stabilito che il Coordinamento si costituisca come “Comitato di scopo” (da convocare una volta all’anno come Assemblea generale e almeno 4-5 volte all’anno come Consiglio direttivo), la dotazione di un fondo economico e l’elezione di un Presidente. Dopo una votazione per alzata di mano, la figura rappresentativa riconosciuta come Presidente di C.Re.S.Co è stata quella di Luca Ricci. Accanto a questi aspetti normativi, significativi sono stati gli interventi mirati a cercare di definire una poetica sociale del comitato. Fabio Biondi, direttore del Centro l’ Arboreto di Mondaino, ha legato l’operatività al percepirsi come comunità che si pone nuove sfide culturali, che difende le fragilità e che si nutre del dono reciproco. Rodolfo Sacchettini ha sottolineato le responsabilità culturale dell’operatore teatrale come mediatore, come sponda con le istituzioni e “di fronte a politici che scippano le parole prodotte dall’area”; la critica, ha sottolineato, non è più un punto di riferimento perché non parla con gli artisti, ma con gli operatori (e questo è stato anche il ruolo che lui ha svolto durante il Festival di Santarcangelo come coordinatore critico, attento alla relazione da costruire con il territorio). In questo tempo di mediatori, rimangono comunque rapporti di ascolto. Nel pomeriggio si è votato lo statuto del comitato, si sono definiti l’apertura di un sito web e il prossimo appuntamento di fine novembre.

Filomena_Spolaor

2010-09-07T00:00:00




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