Il teatro, laboratorio di identità mutanti
Il Futuro Fantastico di Santarcangelo50
Un viaggio lungo due anni, quello di Santarcangelo50: nonostante le incertezze, il festival ha continuato a essere una «palestra pubblica per esercizi di cittadinanza», come racconta il presidente Giovanni Boccia Altieri. I Motus, direttori artistici per questo cinquantennale iniziato ormai a luglio 2020, proseguono ponendo l’accento sul potere trasformativo di questo Futuro Fantastico immaginato da e per meduse, cyborg e specie compagne.
La prima immagine che accoglie il visitatore il 17 luglio a Santarcangelo è Piazza Ganganelli, colma di vitalità e fermenti, crocevia di spettatori, artisti e abitanti. Qui Michele Bandini e Annalisa Magnani della Non-scuola del Teatro delle Albe/Ravenna Teatro presentano le prove generali inserite nella sezione H24 (accaventiquattro), una serie di eventi performativi a ingresso gratuito pensati per incentivare la partecipazione di tutte le fasce di pubblico e celebrare i cinquant’anni della manifestazione. La Non-scuola è stato uno dei progetti che ha sofferto a causa dell’emergenza Covid: la restituzione è rimasta dunque in una forma più sperimentale. I ragazzi hanno reso partecipe il pubblico del loro sentire, dei loro desideri e hanno condiviso con la piazza un lavoro di immaginazione collettiva che passa attraverso una mutazione animalesca da cui ripartire per salvare il nostro pianeta e la nostra socialità.
Un’altra location simbolo del festival è il Parco dei Cappuccini, quest’anno ribattezzata Nellospazio, che è stato allestito con due grandi palcoscenici che si inserivano armonicamente nella cornice del bosco.
L’attenzione del pubblico, inizialmente concentrata sul tramonto, è stata poi catturata della figura della performer etiope Selamawit Biruk, che spiccava sul piccolo telo bianco alle sue spalle.
L’artista, che vive e lavora da alcuni anni a Bassano del Grappa dove insegna danza presso il Centro per la Scena Contemporanea Dancehouse, ha portato in scena Virtual Studies for a Dark Swan.
Il progetto è coreografato da Nora Chipaumire, originaria dello Zimbabwe e residente a New York, ed è stato inserito nel contenitore Begin Anywhere, pensato per supportare il lavoro delle giovani generazioni.
Lo spettacolo affronta temi quali la violenza e le crisi politiche e sociali che investono l’Africa, ed è stato presentato inizialmente ad agosto 2020 a Bassano del Grappa da sei performer: nel contesto del festival è divenuto un assolo.
Il punto di partenza è la vulnerabilità della prima ballerina nel Lago dei Cigni, ma ben presto la familiare musica di Čajkovskij subisce continue e sempre più insistenti intrusioni sonore: sirene, spari, urla…
In questo caos il cigno nero solitario lotta e non accetta di dover morire. Continua la sua lotta anche quando il pubblico è invitato dalle maschere ad andarsene, interrompendo la partecipazione e lasciando una sensazione di non completezza rispetto all’ampiezza dei temi affrontati.
Sempre nell’ambito di Begin Anywhere, è andato in scena presso il Supercinema Element – Z, presentato da Amunì/Babel Crew e parte del progetto Incroci, ideato assieme a Teatro Magro e Asinitas Onlus. Questo laboratorio di ricerca permanente ideato da Babel, associazione di Palermo diretta da Giuseppe Provinzano, è indirizzato a richiedenti asilo, rifugiati politici e italiani di seconda generazione con l’obbiettivo di formare una compagnia multietnica. Focus del lavoro è la generazione post-Millennial e il disordine spaventoso che ha ereditato: la restituzione è dominata dalla luce gelida e alle volte accecante degli smartphone dei performer, che definiscono spazi in cui si consumano isterie di massa, ossessioni, violenze fisiche e psicologiche. L’impostazione corale mescola i linguaggi del teatro-danza, del canto e della recitazione anche grazie all’accompagnamento della musica live di Sergio Beercock, anche se la grande varietà dei materiali proposti non sempre trova una sintesi armonica.
Il viaggio tra esseri mutaforma si è concluso nel cortile della Scuola Pascucci, che ha ospitato Ballad di Lenio Kaklea, danzatrice, coreografa e scrittrice greca residente a Parigi. Lo spettacolo è stato inserito nella rassegna Bestiari Fantastici, incentrata principalmente su artiste provenienti da America Latina, Asia e Africa che affrontano il tema della decolonizzazione e della crisi dell’Antropocene. Attraverso la danza, la narrazione e il video, Kaklea condivide la sua esperienza personale di ballerina, dagli esordi presso la Scuola Nazionale di Danza Contemporanea di Atene in cui le allieve venivano corrette «finché non facevamo tutti la stessa cosa», passando per il lavoro a Parigi con le compagnie indipendenti per giungere al suo ultimo progetto, Practical Encyclopaedia. Grazie alla dimensione intima e onesta che Kaklea riesce a creare, il pubblico si sente presto partecipe di questo racconto per episodi, sospira o sogghigna quando si riconosce nelle disillusioni legate all’ipocrisia e l’insostenibilità del sistema produttivo in cui «il successo di un lavoro si misura dalla sua efficienza [economica]». Questa enciclopedia di gesti, raccolta nel corso di quattro anni acquisendo storie e rituali in tutto il mondo, ha l’obiettivo non di cambiare la vita di coloro che hanno contribuito a crearla, quanto di divenire una pratica di emancipazione. La performance si chiude auspicando una liberazione della danza dalla bulimia, dal bisogno di nutrirsi superficialmente di movimenti sempre nuovi, in favore dello sviluppo di una nuova concezione della cultura che si discosti da logiche capitalistiche e stereotipanti.
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