Marcido! Una favola per festeggiare i trent’anni di Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa
Con i video delle dediche al gruppo torinese per l'inagurazione del nuovo teatro Marcidofilm!
Il 23 novembre 2015 a Torino si è inaugurato il nuovo teatro di Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa, Marcidofilm!, con il debutto di Amletone. Prima dello spettacolco diversi amici hanno testimoniato l’affetto per la compagnia guidata da Marco Isidori e Daniela Dal Cin, a cominciare de Sergio Ariotti, con la favola Marcido!, che qui pubblichiamo. L’intero incontro, filmato da Giulia Alonzo per ateatro.it, è disponibile su youtube (n.d.r.).
Alla fine degli anni Ottanta nel remoto e violentissimo paese del teatro, i cui abitanti avevano da poco superato, ma non del tutto, l’epidemia di peste artaudiana, giunsero nella vecchia capitale degli strani migranti che venivano chiamati da tutti “i marcido”. Provenivano infatti dalla Marcidia, territorio abbastanza conosciuto dell’emisfero sub-sperimentale, governato dalla dinastia dei Carmelidi. Per sbarcare il lunario due sorelle dei marcido, le prime in assoluto a cercare un confronto col resto degli abitanti, ebbero a proporsi come collaboratrici domestiche. I loro nomi erano Clara e Solangia. Le assunse, intendo entrambe, una ricca signora che si faceva semplicemente chiamare Madama. Apparteneva certo alla buona borghesia della città. La laboriosità delle sorelle fu molto apprezzata da Madama e dai suoi amici (tra cui un tale ombroso signor Quadrio). In particolare ricevettero complimenti per la loro cucina esotica perfezionata nella prima mansarda in cui abitarono e, soprattutto, per le buone tisane. Le sorelle marcido addirittura ne brevettarono una col nome stravagante di Letalia. È ancora adoperata come calmante radicale. Altri marcido vennero assunti nella famiglia di certi aristocratici un po’ mafiosi, un covo di vipere. Una moglie iraconda che aveva un amante, un marito tornato con un’amica da un lungo soggiorno all’estero. Insomma per farla breve questi altri marcido dovettero rinunciare al loro lavoro perché marito e amica furono assassinati da moglie e amante in un lunapark, tra una giostra e l’altra. Un delitto che fece epoca. Ma non finì lì. Un figlio uccise la madre e il suo ganzo. Fatti di cui ancora si serba memoria dopo anni e anni. Scapparono, i marcido in questione, a gambe levate. Ma avendo imparato le abitudini della gente scic, trovarono facilmente occupazione nella località di Susa, presso un’altra famiglia di nobilissimo lignaggio. Sembrava che tutto potesse andare per il meglio anche se non si trattava di una famiglia di gente allegra (che, com’è noto, il ciel l’aiuta), ma un certo giorno, forse una certa notte, nel palazzo abitato da costoro, sempre ghiacciato, persino le tende erano ghiacciate, si palesò un fantasma. Proprio un fantasma col lenzuolo. Anzi un lenzuolo con un occhio sporgente. Era, secondo i più il padre del padrone di casa, venuto ad annunciare sciagure, come la costruzione di una ferrovia ad alta velocità. I marcido, che pure non erano fifoni, si spaventarono molto. Il padrone di casa in questione, tra l’altro, era assente. Dicono fosse un professionista delle battaglie navali, gioco ben noto sin dall’antichità. Insomma pure dalla casa di questi nuovi padroni i marcido scapparono. Avvenne poco prima che vi ritornasse il figlio, a sua volta afflitto da mille disgrazie. Una dei marcido di questo gruppo dicono sia diventata una grande ballerina.
Altri marcido ancora – non sono pochi i marcido e si moltiplicano in fretta – trovarono lavoro sulla costa del mare beneficati da una famiglia con un padre vedovo, ex palombaro, una nonna vecchissima, e ben sei figlie, tutte sorelle dunque tra di loro. Proprio per i capricci di una di queste, detta Sirenetta – si era invaghita di un sedicente marinaio – questi altri marcido persero di nuovo il lavoro. Lo perse, temporaneamente, anche uno di loro chiamato Uomo-Palla per le sue rotanti esibizioni ginnico-verbali. Un quarto gruppetto di marcido al servizio di una vip assai snob finì anch’esso nei guai. Era costei una signora della buona società – frequentava salotti importanti – ma ahimè per lei si era innamorata del proprio figliastro! Scandalo! Essendo il paese del teatro molto bigotto, finì per suicidarsi. Il marito credendo suo figlio responsabile della morte della consorte lo uccise. Insomma, un postaccio, da nessuna parte si poteva stare tranquilli. E tutti avevano occhi spiritati. Sempre tragedie! Troppe tragedie. Tant’è che qualcuno dei marcido pensò persino di emigrare verso i lontani possedimenti di Gengis Khan e Suzie Wong, dove vivono le tigri Ma, verso il paese dei balocchi di Pinocchio (esiste, esiste!), una certa signorina Ludmilla marcido verso le regioni anti-ecologiche dove troverà impiego nella inquinante fabbrica Winnie di pettinini, spazzolini da denti, dentifrici, ombrellini.
Fu a quel punto e dopo tanto sconcerto che i marcido si radunarono per interrogarsi sul da fare. Confermarono e legalizzarono i loro capi, un tale Isi, nulla a che vedere con l’Isis, accanito lettore anche se afflitto qualche volta da strabismo post-natale così come dal complesso edipico e assai misantropo, una tale Cin Cin costruttrice di gabbie e strumenti di contenzione brevettati Molly Bloom, ma anche di croci golgotiane per sadici, e una tale più minuscola Marilù chiamata anche Maria Maddalena De’ Pazzi per le sue improvvise sospensioni di coscienza. Questi capi decisero, dopo un Trio Party, consigliati anche da nuovi emergenti tra cui uno ricco, argentino di provenienza, figlio di Loretta e di Strong, ma consigliati anche da una certa signora Mimosa, veggente assai famosa, che i marcido avrebbero dovuto continuare ad abitare il paese del teatro vivendo insieme, nani metropolitani e giganti della montagna. E non più lavorando per conto terzi. Come la gente del circo, come le tribù primitive. Così fecero. Si diedero regole precise, implacabili, perfezionarono il linguaggio che già avevano sviluppato negli anni, un’idioma strano parlato tutto a scatti, in modo convulso, a volte incomprensibile, e scelsero una bandiera su cui campeggiava la parola pace. Come se fossero uno staterello nello stato. I Marcido, da quel momento con la M maiuscola, costruiscono giocattoli, case, torri, sottogonne rigide, animali di pezza, sono infatti pittori, architetti, artigiani, attori, cantanti, suonano i cucchiai, cantano Canzonette, lavorano per giochi altrui, specie olimpici, fanno pane e grissini, fanno un po’ di tutto. Si sono interessati a loro, al loro microcosmo culturale, alla loro identità antropologica, persino il presidente tedesco Schmidt, Sharon e Arafat. Il tiranno illuminato Luca Primo della dinastia Ronconeide chiamerà i Marcido nell’Alta Corte Stabile. Dimenticavo. Nel 1991 per intercessione di Quadrio Isi Marcido aveva ricevuto il Premio Nobel Ubu per meriti artistici socratici, replicato nel 2003, la Cin Cin Marcido il Premio Nobel Trionfo sempre per meriti artistici post-socratici. E vennero tanti altri premi, che tralascio. Ma il culmine della celebrità i Marcido lo raggiunsero quando furono chiamati a soggiornare nella magnifica Villa Cimena. Isi e soci poterono conoscere Isa e Sergio, feudatari attempati ma stimati. Quello fu il segno, uno dei segni, della totale integrazione-disintegrazione con la popolazione autoctona.
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