Diario del dramaturg per Antigone Screaming #parteprima
Il laboratorio condotto da Ubah Cristina Ali Farah per Sutta Scupa
Quanto viene riportato è frutto dell’osservazione del laboratorio di scrittura tenuto da Ubah Cristina Ali Farah, dal 30 giugno al 2 luglio, per la realizzazione di Antigone Screaming, prosecuzione di Antigone Power (v. Antigone multietnica), il progetto teatrale vincitore del Bando Migrarti, messo in scena dalla compagnia Sutta Scupa nel 2018. La direzione dello spettacolo, che andrà in scena a Palermo il 14 ottobre 2021 all’interno del festival Ifigenia, ideato dal collettivo Genia, è sempre di Giuseppe Massa, anche direttore artistico della compagnia teatrale.
Giorno primo
L’attesa negli sguardi nelle parole traccia un confine e abbraccia. Il caldo culla i corpi come in un’amaca di tessuto di pelle e rumore di vento che muove l’aria nella fissità della calma postprandiale.
Un esercizio di movimento per conoscersi e svegliarsi, come prendere un caffè con un clapclap delle mani.
Visione della comunità di Antigone Power zombie tecno. Creonte/Fabrizio Ferracane non vuole sentire ma ascoltano i partecipanti al laboratorio e con attenzione rivivono il finale dello spettacolo. La tensione è altissima, ma ci sono dei momenti di leggerezza di consapevolezza e fiducia. Coppie che entrano in comunicazione silenziosa. Si muovono nello spazio affidando la propria cecità al compagno. Una farfalla svolazza libera nello spazio pieno.
Lettura dei testi, ascolto, sguardi, contatto, nessun giudizio.
Àncora, giardini, carta, poltrona, vino con la pesca, ampollina di caffè, brillantina Linetti, denti, ventre, lacrima in mare, acqua che scorre, i partecipanti tessono un io che parla, padri, madri, processo automatico, doloroso, familiarità con la scrittura dell’intimità, conflittualità. La distanza dalla lingua madre allontana le emozioni. Alcuni testi sono più emotivi altri si concentrano nella descrizione. Strumenti della lingua il passato ma anche il futuro, un figlio per esempio.
“Senza le radici le ali non possono spiccare il volo”
Giorno secondo
La familiarità con lo spazio attraverso giochi teatrali aiuta a evocare il primo esercizio di scrittura. Si chiede di avvicinare il proprio linguaggio a quello dell’autenticità dei bambini. Ci si spinge verso la verticalità che solo il cielo stellato sa dare. La sovversione delle storie della letteratura genera movimento epico, è il mito.
Un piccolo oggetto sa evocare un pezzo di cuore, poggiato con sacralità ed è ancora il cielo con il fiammeggiante simbolo del sole e la sua circolarità ad aprire il varco di un giardino non troppo segreto che può nutrire lo sguardo.
Rimbaud, Blake, Genet, viaggi, imbarcazioni, bondage, viscere, funi e fughe da prigioni della mente. Uno scialle nero per proteggersi dal dolore di un lutto evoca lo sgranarsi di un rosario cristiano. Il miele rende balsamo il dolore. Narrazioni di antichi riti propiziatori per ridestare le proprie radici estive, mappe del tesoro e mappamondi. De Chirico ed Escher, frecce che trafiggono e sigle dei cartoni animati, denti e capelli.
Il fiore mai colto e le attese che creano piacere.
Una sfera armillare vaticinio di vita e di morte.
“In una tragedia priva di giudizio non v’è salvezza.”
Giorno terzo
Sofocle è tra noi. Si costruisce un altare alla disobbedienza civile. La preghiera diviene canto e bestemmia.
Lo scambio tra gli scrittori è sovrapposizione di residui e cumuli di fiori secchi e tessuti. Si celebrano epitaffi su una bieca mascherina chirurgica sorretta da amuchina.
Istantanee del sacro che tempo non ha ma forza, vivi corpi ed evocazioni di carcasse e cadaveri di amati cani e uomini e donne.
Politicamente scorretta è la celebrazione: una commemorazione che è un’accusa alla dipartita di una persona cara.
La libertà è un semicerchio di corpi all’aperto all’ombra di un ecomuseo del mare ex deposito di locomotive, cemento che apre varchi di sogno sul mare immaginato.
Ci si sveglia chiudendo gli occhi. Foglietti svengono per il peso delle parole su essi trascritte.
Guardare a distanza per immergere i pensieri nel ricordo.
Recuperare l’archetipo del presente per costruire il futuro è una necessità geograficamente universale.
“Se le persone non difendono il valore della vita e della morte, che senso hanno le leggi? Dove sta la verità?”
Giorno quarto
La terra è madre e matrigna, ventre ancestrale che accoglie e vomita corpi.
Seppellire un cadavere è un gesto di accoglienza, evitare l’esposizione blasfema della dignità umana.
Mettersi in comunicazione con sé stessi per elevarsi al silenzio è terapia, se lo si fa in un gruppo è un’opera sacra.
Il gesto di una filastrocca rompe la convenzione, dilata l’hic et nunc.
Padre Puglisi è la ritualità nel bisogno umano di ritrovarsi.
Fiori, musica, dolcetti per le festività dei morti, canzoni, feste, scogliere sul mare e un corpo adagiato sulla giovialità di una vivace fiamma. Sabbia, mare e profumi di erbe bruciate. Specchi, finestre, tamburi e fanfare.
Un racconto dissacrante e dissacratorio per un “manicomio” di fiori.
La preghiera è una pratica straordinaria di santità laica.
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