Uno spazio curioso

Azionariato popolare per il Teatro Miela

Pubblicato il 23/10/2004 / di / ateatro n. #BP2004 , 075

uno spazio curioso
curioso perché imprevedibile
perché non programmabile
perché sorprendente
perché fuori e dentro gli schemi

Teatro Miela 13 anni di vita: chi ci avrebbe scommesso in quella lontana primavera del 1990, quando un gruppo di amici, appassionati, curiosi, politici infiltrati, entrarono per la prima volta nello spazio “spartanamente” ristrutturato dell’ex cinema del Mare, poi Aldebaran, poi palestra della Compagnia unica dei lavoratori portuali, ed infine Teatro Miela, per dare il via ad un’avventura che non è ancora finita e speriamo non finisca mai. In effetti nel progetto Bonawentura (di tofaniana memoria) un pizzico di follia c’era: l’idea era quella di trovare alcuni cittadini disponibili a versare, in contanti o a rate o comunque in qualche modo, un milione a testa, e con il gruzzolo raccolto adattare uno spazio teatrale che fosse poi destinato alla pari dignità delle culture e alle forme artistiche della contemporaneità, il Teatro Miela appunto. In breve, attorno alla ventina di propositori iniziali, si raccolsero più di 300 soci che alla fine resero possibile l’iniziativa. L’adesione di tanti appassionati derivava dal fatto che i proponenti provenivano da un’altra fortunata esperienza, quella de La Cappella Underground, che – nata nel 1968 (e tutt’ora in vita) nello spazio di una cappella sconsacrata come associazione rivolta soprattutto all’arte contemporanea e poi trasformatasi in un cineclub – fu chiusa per motivi di inagibilità negli anni ’80.
Sin dalle prime stagioni venne adottato uno schema che non doveva essere cattivo, se è durato per questi anni e funziona ancora adesso. La cooperativa Bonawentura produce una certa quantità di serate annuali; altre vengono garantite da affitti (spettacoli, convegni, festival, riunioni aziendali). E infine ci sono delle attività considerate interessanti, o particolarmente affini, o artisticamente valide, per le quali il meccanismo è quello della coproduzione. Tutto ciò ha permesso al teatro di essere parzialmente indipendente. Mai, neppure nei momenti di penuria più sentita (e ce ne sono stati molti), il Miela ha rinunciato a produrre eventi, creare eccentriche invenzioni, secondo una filosofia vaga ma pur sempre condivisa da quasi tutti: essere un punto d’approdo, il luogo nel quale possono riverberare esperienze diverse, ai margini dei grandi circuiti. In definitiva, un po’ per intuito e anche per necessità, il Miela si è dimostrato abile nel corso degli anni nel pescare quelli che stanno per “sfondare”, magari tra un mese o tra un anno: questo ha permesso in un certo senso di anticipare mode, far conoscere artisti, cantanti, aprire nuove strade percorse poi da istituzioni più forti e protette, e nello stesso tempo mantenere una struttura elastica, con la quale può dialogare facilmente chiunque sia portatore di idee e di proposte.
Proprio per questa struttura così elastica il Miela non è in grado di proporre una programmazione annuale e quindi non può contare sulle entrate anticipate degli abbonamenti. La mancanza dell’’abbonamento fa parte anche della politica del teatro: ricercare lo spettatore “motivato”, curioso, non abitudinario, e presentare serate (teatrali, musicali…) che non indulgano alla moda ma che siano innovative e critiche. Per questo motivo il Teatro non si serve di un ufficio stampa ufficiale che abbellisce le proposte, convinti che se la proposta è valida, deve essere riconosciuta dalla critica seria e dagli spettatori. Sembra un’ utopia, ma siamo fermamente convinti che la vera cultura non può sottostare completamente alle leggi del mercato. Tutto ciò non è facile, soprattutto oggi quando i contributi sono scarsi, e quando i politici spesso mirano alla quantità degli spettatori che alla qualità dei programmi.
Il Miela ha ospitato e continua ad ospitare centinaia di giornate di spettacolo, giornate di tutti i tipi, dai festival internazionali alle recite scolastiche, dai dibattiti sulla poesia/letteratura (Maraini, Sanguineti, Ceronetti, Mutis, Djebar), al debutto professionale dei gruppetti rock, dalle mostre d’arte contemporanea di giovani che si affacciano alla ribalta a esposizioni di livello internazionale come quelle dedicate a Tina Modotti, a Gao Xingjian, a Monika Bulaj, a rassegne di maestri del cinema (Loach, Kusturica, Kubrick, Fellini, Kaurismaki, Jarman, Jarmush), dal teatro amatoriale alle nuove forme ed esperienze teatrali (“Teatralmente Intrecci”), a progetti rivolti all’arte tecnologica (“Ipermiela”, “Mielanext”) o alle culture “altre” (I colori della Mongolia, la cultura zingara, viaggio nella cultura yiddish; o ancora S/Paesati, eventi sul tema delle migrazioni, che ha ormai alle spalle 4 anni di attività culturale molto intensa, in cui si sono esplorati i diversi aspetti dei fenomeni migratori sia del passato come del presente, dando la parola ai protagonisti per sentire direttamente la loro esperienza; o ancora i tre anni di Pupkin Kabarett, che ogni lunedì sera ci fa divertire in modo insolito con cantanti da tabarin, illusionisti, stelline del cinema, grafologi, cantautori, poeti da strapazzo e varia umanità allo sbaraglio, coordinati (o meglio scoordinati) dal trio Dongetti / Mizzi / Sangermano. Per chi ancora non lo sapesse questo bizzarro Kabarett è dedicato all’indimenticabile personaggio del comedian “sfigato” Rupert Pupkin (interpretato da Robert De Niro nel film Re per una notte). E poi nel cartellone del Miela c’è la tradizionale festa per il compleanno di Erik Satie che ogni anno dal lontano 1992 raccoglie i suoi appassionati e fan per rendere omaggio a un grande innovatore della cultura del ‘900, o Palcoscenico Giovani alla sua settima edizione, grazie al quale i giovani della regione hanno la possibilità di usufruire gratuitamente delle strutture del Teatro Miela per mettere in scena i loro spettacoli. O ancora MielaNext, un laboratorio video-sonoro e un punto di incontro tra persone, progetti, idee: in uno spazio serale “altro” e “libero”, vengono offerti una miscela di videomusicali, videoarte, web-art, musiche “mai sentite” selezionate con gusto e rigore, tra tutto ciò che si trova di nuovo e curioso, dolce o trasgressivo, retrò o di tendenza ma sempre cibo ghiotto per gli occhi e le orecchie. A questo proposito va anche segnalato che il Miela è stato tra i primi teatri ad entrare in internet e ad avere un cybercaffè.
Ma questi sono solo alcuni esempi del variegato cartellone di questi anni di attività, a cui si devono aggiungere eventi “eccentrici” come la manifestazione James Joyce, lavori in corso (1993) che ha visto al suo interno la lettura totale dell’Ulisse di Joyce (36 ore non stop), Chi è l’altro dedicata a Alexander Langer o ancora la lettura totale de La coscienza di Zeno di Svevo, o la partecipazione al Lysistrata Project insieme ad altri 60 paesi del mondo per un “teatro contro la guerra” (3/3/2003).
Grazie a tutto questo è cresciuta all’interno del Miela una capacità professionale nell’ideazione e nella gestione di eventi culturali e di spettacolo, unica proprio per la complessità con la quale il Miela costringe a misurarsi quotidianamente, una professionalità che negli ultimi anni è stata fruttuosamente messa a disposizione di altri enti e della comunità in generale. In questo senso l’attività è “straripata” dalla sede storica e varie manifestazioni sono state organizzate all’esterno, nei caffè triestini (Le vie dei caffè), nelle strade e nelle piazze (StradaSuona), nel Castello di San Giusto e nel parco del Castello di Miramare.

CURRICULUM BONAWENTURA

Bonawentura nasce nel 1988 da un gruppo di operatori culturali e di appassionati che decide di costruire e dar vita ad un centro che sia punto di riferimento per una serie di esperienze frutto di relazioni artistiche, professionalità, talenti esistenti che non trovano a Trieste uno spazio adeguato. Prende allora forma l’idea di una cooperativa di soci che si autotassino: dalla cifra, un milione a testa, nasce il nome, Bonawentura, in ricordo del Signor Bonaventura di infantile memoria.
Tra i soci non mancano nomi importanti come quello del regista Franco Giraldi, del critico Tullio Kezich, ma anche di Alberto Farassino, docente universitario. Questa prima fase culmina con una serie di attività promozionali realizzate in città nel maggio 1988: spettacoli, concerti, proiezioni.
Intanto vengono individuati alcuni spazi, il più promettente è l’ex cinema Aldebaran. Nella primavera del 1989 la Compagnia Portuale cede questo spazio in comodato alla cooperativa fino al 31 dicembre 2000. I lavori di riadattamento, cominciano immediatamente: malgrado ingenti quantità di lavoro volontario, le spese sostenute dalla cooperativa si rivelano più o meno il doppio di quelle preventivate. Con il contributo di oltre trecento soci e un intervento finanziario del Ministero dello Spettacolo, il 3 marzo 1990 viene inaugurato il Teatro Miela dedicato, in accordo con gli eredi, a Miela Reina, artista formidabile, ma anche animatrice culturale alle cui attività si sono formati tutti quelli che in questo angolo di Europa hanno cinquant’anni o più. Il marchio del teatro, fresco e vitale ancora dopo dodici anni, lo disegna Gianfranco Pagliaro.
In questo modo il recupero di uno spazio chiuso ormai da anni ha offerto alla città un centro alternativo per ospitare esperienze cinematografiche, teatrali, musicali, arti figurative e video che per loro stessa natura hanno bisogno di sedi “intermedie”, agili ed economiche da gestire. Questo tipo di programmazione, del tutto innovativa all’inizio degli anni ’90 e fortemente criticata dal pubblico conservatore di allora, si è dimostrata vincente col passare del tempo, tanto che altre realtà – fortemente caratterizzate in un solo genere artistico – hanno ampliato i loro cartelloni arricchendoli con proposte differenziate. Le scelte della Coop. Bonawentura hanno sempre come finalità quella di anticipare le nuove tendenze dell’arte contemporanea. In questo modo sin dagli esordi il Teatro Miela diventa un “caso” nazionale per l’iniziativa ed i suoi contenuti culturali, tanto che viene riconosciuta come ente teatrale di interesse regionale.
Inoltre la cooperativa diviene il punto di riferimento, non solo per l’attività culturale d’innovazione, ma anche per decine di associazioni diverse che trovano il partner culturale e tecnico che permette loro di realizzare i loro progetti.
Ad oggi Bonawentura ha realizzato ed ospitato al Miela tantissimi spettacoli (tralasciamo i numeri che vengono spesso sbandierati come segno di importanza), divenendo un centro multimediale aperto alle diversità e complessità dell’espressione artistica contemporanea: teatralità, cinema, video, world music, workshops, progetti speciali, mostre, live arts, virtualità, conferenze, media art, festival, ricerca, performance, training, danza, giochi, digital media technology, incontri, sound, multidisciplinarietà, pubblicazioni, networking, ricerca, musica contemporanea, spazio bar interattivo, cult movie, poesia, fotografia.

Post Scriptum doloroso
Dopo la scadenza del comodato, la Compagnia dei Lavoratori Portuali, proprietaria dello stabile dove si trova il Teatro Miela, ha deciso di vendere lo stabile alla Provincia di Trieste. Dal 2001 a tutt’oggi la sorte del Teatro non è chiara: si parla di ristrutturazione di tutto lo stabile (con i tempi pubblici!) e di nuova destinazione d’uso che prevede quindi lo sfratto del teatro. In questi anni l’attività è continuata senza alcuna chiarezza nei confronti dei nostri attuali “padroni di casa” che non hanno stipulato nei nostri confronti un contratto d’affitto come ripetutamente richiesto da parte nostra, ma che esigono una forma di “penale” per restare nell’immobile di € 4308 mensili, che venendo da un Ente Locale e non più da un privato ci sembra ancor meno opportuno e fa pensare a un atteggiamento di noncuranza di fronte a uno spazio e a un’attività che sono un patrimonio di tutta la città e un patrimonio riconosciuto e aprezzato ben oltre i confini cittadini . Unica gratificazione: un’ondata di mail e lettere di appoggio e adesione da parte del “popolo del Miela”.

Rossella_Pisciotta

2004-10-23T00:00:00




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