Rischi e potenzialità della biogenetica

Sul progetto "La f@ttoria degli anormali"

Pubblicato il 27/10/2005 / di / ateatro n. 090


In cinquant’anni si è fatto poco o niente per prevenire le cause, soprattutto ambientali, ben note a livello scientifico internazionale, che hanno portato all’attuale sviluppo di tumori e di altre malattie degenerative. In pratica si sono investiti molti soldi per le cure ma poco per la prevenzione.
Contemporaneamente c’è stato un grande sviluppo delle ricerche di biologia e di genetica molecolare. Da cinquant’anni, infatti, conosciamo la struttura del DNA: negli anni ‘70 abbiamo capito non solo come funziona, come e dove sono localizzati i geni, quale è il loro meccanismo, come funzionano, ma anche che il DNA è come un libro scritto o, se preferiamo, come una sequenza di una bobina registrata o come un cd. Il DNA è analogo, dal punto di vista logico, a una memoria che contiene un’ informazione, e deve essere scritta con un alfabeto, che a sua volta deve avere un vocabolario, una grammatica e una sintassi. Negli anni ‘50 abbiamo scoperto il supporto materiale di questa memoria, negli anni ‘60 abbiamo individuato l’alfabeto e il vocabolario, negli anni ‘70 abbiamo intuito parte della grammatica. Così abbiamo capito come modificare l’informazione genetica, attraverso un “copia, taglia e incolla”, analogo a quello che si utilizza nei sistemi di scrittura del computer. Grazie a sistemi enzimatici che tagliano porzioni di DNA è possibile prelevare geni e metterli in un altro organismo, ottenendo gli OGM (organismi geneticamente modificati). Abbiamo modificato piante e animali e potremmo modificare perfino gli uomini o fare modifiche di cellule umane per terapie geniche.
Per questo è sorto 15 anni fa il progetto Genoma Umano, progetto che aveva come obiettivo la decifrazione di tutta la sequenza del DNA della specie “uomo”. Ma non è stato il Consorzio pubblico, creato attorno al Progetto, a raggiungere per primo tale obiettivo, bensì un Ente privato, il cui titolare, Craig Venter, aveva fatto parte del Consorzio pubblico, ne era uscito ed aveva messo in piedi una organizzazione tipo onlus. Quindi con le conoscenze e i lavori fatti e finanziati dal settore pubblico e con i soldi raccolti con la onlus Craig Venter, chiusa la onlus, ha aperto una Azienda privata e, dopo aver fatto un accordo con la Perkin-Elmer, ditta di apparecchi scientifici, e con una azienda leader nel settore dei computer, è riuscito a scavalcare il settore pubblico e ad arrivare alla decifrazione della sequenza del DNA umano. Per fare cosa? Conoscere il genoma è una parte molto limitata di quello che dovremmo conoscere per prevenire e curare malattie, ma conoscere la sequenza del DNA significa poter chiedere il brevetto sui geni contenuti. Si capisce perché Venter è passato da una onlus non governativa a una società privata con scopo di lucro: la possibilità di brevettare i geni offre notevoli prospettive di profitto. Infatti dal 1980 negli Usa e dal 1998 in Unione Europa è possibile brevettare geni, cellule, tessuti di qualunque organismo, uomo compreso, oltre agli OGM.
Ma in tal modo quando si va a fare un’analisi del sangue o delle urine, o di qualunque altro tipo dove ci siano cellule con materiale genetico, qualcuno potrebbe brevettare i nostri geni. Se vengono individuate caratteristiche particolari, è possibile chiedere per le cellule e i geni il brevetto. Per farne che? O realizzare test genetici oppure utilizzare un gene per una terapia medica o, eventualmente, nel futuro, per avere cellule staminali potenziate o addirittura per modificare con geni umani animali da utilizzare in xenotrapianti (cioè trapianti su uomo di organi di maiali o altri animali), ipotesi per fortuna quasi totalmente abbandonata, dati i gravi rischi di infezioni virali che comporta.
Questa logica commerciale intorno al genoma umano è funzionale alle case farmaceutiche, che con i brevetti pensano di controllare e sfruttare queste ricerche.
Ma oltre all’aspetto commerciale ci sono i rischi collegati a tali attività. Noi conosciamo, come già detto, la struttura, l’alfabeto, il dizionario e parte della grammatica del DNA, ma non la sintassi, cioè non conosciamo le connessioni, le relazioni tra i vari geni. Inseriamo negli organismi singoli geni, ignorando casa succederà agli altri geni già presenti: significa che agiamo secondo una logica riduzionista che qualunque biologo sa essere sbagliata. Il più grande fautore del progetto “Genoma Umano”, Dulbecco, ha dichiarato (intervista a Repubblica del 22/11/2002):

“introducendo un nuovo gene in una cellula, la funzione di un gran numero di altri geni viene alterata: non è sufficiente introdurre un gene nell’organismo per determinarne l’effetto, che invece dipende da quali altri geni sono già presenti.”

Inoltre non sappiamo né quali geni né quando saranno alterati. In pratica agiamo al buio perché, se non conosciamo la sintassi, è come prendere una parola staccandola da un libro per metterla in un altro. Ma questa parola, cambiato il contesto, può cambiare significato. Ed è quello che può succedere quando non conosciamo le regole sintattiche. In pratica quando spostiamo i geni non possiamo sapere cosa succederà.
Abbiamo scoperto che un solo gene può modificare una quantità enorme di caratteristiche di un organismo: ad esempio un solo gene modificato di un crostaceo, lo fa assomigliare ad un insetto. Chi opera in questo settore dogmaticamente (e ”dogma centrale della biologia” fu chiamata questa impostazione), pensa che a ogni gene corrisponda una proteina a cui si fa corrispondere una precisa funzione. Ma non è così: sicuramente da un gene deriva una proteina ma non necessariamente una sola e il gene funziona solo se interagisce con altri geni. Ogni proteina a sua volta può innescare reazioni che fanno bloccare e sbloccare altri geni. E’ una rete di relazioni complessa. Ora pensare di risolvere un problema complesso spostando solo un gene è come ritenere di migliorare un libro o una sinfonia inserendo a caso una parola o una nota, lasciando il resto inalterato. E non si può certo pretendere di essere l’autore del nuovo testo e tanto meno chiedere il diritto d’autore, anzi si tratterebbe di plagio, un reato.Invece a livello di biologia molecolare si può brevettare il gene utilizzato e l’organismo così ottenuto, anche se il gene è preesistente.
Ma tornando alla logica riduzionista di “un gene, una proteina ed un carattere”, consideriamo lo sviluppo embrionale, a partire da una cellula uovo fecondata. Al momento della fecondazione l’uovo si divide in due, ma se queste due cellule rimangono unite danno origine a un embrione, mentre se vengono separate danno origine a due uova e quindi a due embrioni. Ciò significa che i geni funzionano sulla base di precise informazioni ambientali: l’informazione cellule unite o cellule separate cambia il programma di sviluppo. Così ogni cellula di un individuo ha la stessa informazione genetica di qualunque altra, ma per il fatto di trovarsi in un preciso contesto spaziale e temporale la porterà ad utilizzare solo una piccola parte dei geni disponibili, cioè quelli specifici di quel tessuto in quel momento. Durante la vita degli organismi varia l’utilizzo dei geni, che vengono attivati e disattivati in funzione dello stato di sviluppo, come dalla pubertà alla vecchiaia: diverse sono le caratteristiche perché diversi sono i geni utilizzati e soprattutto le loro relazioni. Questo spiega perché tra un topo e l’ uomo ci sono più del 90% di geni identici, ma non sono i geni che distinguono l’uomo dal topo, ma l’organizzazione, l’utilizzazione e la relazione tra i geni. Non cogliere questo aspetto significa non sapere cosa sia la biologia. L’attività di un gene dipende dalle stimolazioni che vengono dall’ambiente esterno e dall’ambiente interno all’organismo, in quel particolare stadio di sviluppo. Questa relazione complessa è proprio quella interconnesione (o rete, o sintassi) tra geni che oggi non conosciamo; non è detto che in futuro non la consoceremo, anzi noi biologi speriamo , attraverso la ricerca, di aprire gli orizzonti e mettere in discussione le cose precedenti. Il famoso dogma della biologia (DNA messaggero – una proteina un carattere) e il flusso unidirezionale da DNA a proteine non vengono più considerati dogmi, anzi non ci sono dogmi nel mondo scientifico: qualunque ipotesi deve essere sottoposta a verifica. A 50 anni dalla scoperta del DNA conosciamo moltissimi aspetti della biologia molecolare, ma più conosciamo più ci rendiamo conto di essere ignoranti. Perché più si allarga la nostra capacità di visione più si allarga l’orizzonte e più si rende conto di non conoscere. Solo chi crede nei dogmi è convinto di avere la verità. Più si conosce più si è coscienti di essere ignoranti, nel senso che è molto di più ciò che ignoriamo rispetto a ciò che conosciamo.
Ed è giusto che sia così, altrimenti non avrebbe senso la ricerca.

Gianni_Tamino

2005-10-27T00:00:00




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