Ubu incatenato di Roberto Latini in video

Un'intervista con Pierpaolo Magnani

Pubblicato il 25/05/2006 / di / ateatro n. 099

Sono rarissimi gli esempi di utilizzo della tecnologia motion capture nel cosiddetto “teatro di prosa”, essendo questa una modalità più frequentata dalla coreografia digitale o dalla cinematografia degli “effetti speciali”. Per sperimentare le potenzialità espressive del corpo in-macchinato (armatura esoscheletrica o meccanico-protesica di cattura del movimento) associato ai data glove, occorreva un artista davvero eclettico come Roberto Latini, riconosciuto talento del nuovo teatro di ricerca italiano. Latini è affiancato per questo Ubu incatenato (di cui si è ampiamente parlato su ateatro) da un creatore di elaborate partiture sonore come Gianluca Misiti, dall’interactive designer Andrea Brogi per gli ambienti e personaggi animati in 3D e dal videomaker Pierpaolo Magnani per i video in chromakey.

Latini incatenato a Ubu.

Piepaolo Magnani ha in seguito creato una videoopera autonoma e omonima che ricompone in una narrazione visiva carica e ingombrante e con un montaggio ritmico serrato, la complessa architettura scenica teatrale e la magistrale interpretazione a più voci di Roberto Latini nel suo Ubu incatenato e solitario in scena; il risultato è un video di 14 minuti che rilegge e reinterpreta lo spettacolo in modo coerente con lo “stile Fortebraccio”.

Pierpaolo Magnani nasce artisticamente come danzatore, per poi rimanere attratto alla metà degli anni Novanta dal video e dalle possibili interazioni che potevano realizzarsi con la danza. Tra i video Ipnotic carillon (’98), Il giardino del silenzio(’99), Inferno bianco (’01), Anime in nero (’02);
Nel 1999 è tra i fondatori dell’associazione culturale dn@ con la quale sperimenta i modi d’interazione tra media digitali e teatro (gli spettacoli Buio del 2000 e In fieri del 2001 ne rappresentano i primi risultati).

Pierpaolo Magnani.

A partire dal 2001 ha collaborato con Andrea Brogi di XLAB e si è avventurato nel territorio della Motion Capture e ha esplorato le potenzialità creative della tecnologia “real time” a teatro. La prima esperienza di Magnani nell’utilizzazione della motion capture a teatro insieme a Brogi è con lo spettacolo Enigma in collaborazione con l’Accademia d’Arte Drammatica di Roma Silvio D’Amico, presentato qualche anno fa a San Miniato all’interno delle Giornate Internazionali sull’Attore, esperienza confluita poi nella tournée Mutatas Dicere Formas.
Nel 2002 dirige due progetti CEE con oggetto la sperimentazione dell’accesso dei non udenti rispettivamente alla fruizione ed alla partecipazione diretta al teatro.

Quali materiali dello spettacolo
Ubu incatenato hai usato e come hai pensato di rendere la complessa tecnologia real time della scena in video?

La decisione operativa sull’approccio e sulle modalità tecniche di realizzazione video come rilettura dello spettacolo teatrale di Latini Ubu incatenato, è venuta dopo la visione dello spettacolo. Avevo già collaborato all’allestimento della stessa opera teatrale, realizzando alcuni clip che vengono proiettati durante lo svolgimento dello stesso e girati in blue screen.
Alla prima visione dello spettacolo ebbi un momento di smarrimento; mi resi conto infatti che sarebbe stato difficile realizzare un video di 10 o 20 minuti, che potesse esprimere in modo sensato la drammaturgia di questo intenso one man show che durava un’ora e 20 minuti allestito per giunta in una scena strutturata in orizzontale su tre schermi con proiezioni eterogenee e continue per tutto lo svolgimento dello spettacolo! L’impressione è quella, in qualche modo, di assistere ad una sorta di “videoclip live”, ed il rischio per una trasposizione video, è quello di realizzare un duplicato di quegli stessi video che vanno in scena, ritagliandoli magari qua e là ma privo del pathos della rappresentazione dal vivo e comunque completamente decontestualizzati.
A questo punto la decisione è stata quella di individuare cinque, sei snodi drammaturgici fondamentali insieme ad alcuni oggetti cardine della vicenda che riimandavano a un significato altro (la lavatrice: il turbine interiore) e ricostruire la vicenda “in profondità”, sia dal punto di vista compositivo dell’immagine, sia dal punto di vista del percorso interiore che effettua il personaggio durante la storia, che è il vero tema dello spettacolo.
In questo senso l’uso creativo del croma key “in abisso” come lo definisco, è stato fondamentale. Si può far scomparire una semplice porzione di una immagine creando una finestra su un altra scena o su di un immagine che si trova su di un livello retrostante… e così via, in una sorta di immagini in abisso, che vengono a svelarsi l’una all’interno dell’altra. Questo consente una ricomposizione dei piani che da uno sviluppo orizzontale come è dato sulla scena, possono essere sviluppati in verticale, o meglio in profondità, in abisso appunto. Ogni immagine contiene la successiva ed è contenuta dalla precedente.
Da questa possibilità, usata in modo creativo, nasce una diversa frontiera di scrittura drammaturgica del video che poggia in modo pregnante sull’aspetto compositivo dell’immagine.

Latini-Ubu visto da Onofrio Catacchio.

Anna_Maria_Monteverdi

2006-05-25T00:00:00




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