Rosso Shakespeare

Pubblicato il 22/09/2014 / di / ateatro n. 151

È strano come il colore rosso possa veicolare immediate rispondenze con ricordi e sensazioni visive, non sarà d’altro canto solo la consueta madeleine proustiana a traghettare i palati e i neuroni su sponde passate, talvolta accade con una Ninna Nanna di Alice. Così per caso, o forse per una ragione (?), in testa sentiamo martellante la piacevole melodia di Andrea Salvadori che musicando l’Hamlice. Saggio sulla fine di una civiltà insinua questioni antiche ma non troppo, mentre si è apparentemente lontani dallo spazio toscano della Compagnia della Fortezza di Armando Punzo.
“A Sud di Shakespeare” è un evento unico e che faccia o meno “più caldo” di altrove – parafrasando Dario Tomasello, tra coloro che sono intervenuti lo scorso 18 settembre nella giornata di apertura del festival delle narrazioni NaxosLegge, a Giardini Naxos, invitati da Fulvia Toscano, instancabile eroina di latitudini oltremondane – si celebra la drammaturgia siciliana con: Gigi Spedale per il Riccardo III di Roberta Torre, prodotto da Querelle; Giuseppe Provinzano per Babel Crew e il loro To play or to die; il già citato Tomasello che ha indagato La Tempesta di Eduardo De Filippo; Tino Caspanello e i suoi morti scespiriani immortalati in una sala con tanto di cartellino identificativo all’alluce; Claudio Collovà e i suoi Hamlet; Angelo Campolo e la sua attività di formatore per un William in dialetto messinese; Giuseppe Carbone per uno Shakespeare per duo comico ma non troppo e con Giuseppe Massa per un Richard contemporaneo.

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Entrare nel ventre di Naxos è una esperienza inconsueta come quella che si prova, immergendosi in una grotta marina. Ci si inoltra in una striscia di terra che si affaccia su di un porto abitato fin dal Neolitico, chiuso tra il Monte Tauro, dove oggi sorge la mondana Taormina e il confine di Capo Schisò, con il suo Palazzo abitato ancora oggi da principi. A Volterra Teatro si arriva dopo tortuose e suggestive valli e si respira la medesima sensazione isolana di Naxos, affacciandosi dal belvedere. Inoltre la vertigine è un sentimento che abita continuamente i testi di Shakespeare, prendendosi gioco di spose, di potenti e di assassini potenti. Punzo, direttore del festival toscano, fin dagli esordi, allestendo nel 1989 La gatta Cenerentola di Roberto De Simone, con la sua Compagnia di detenuti-attori nel carcere di Volterra, ha privilegiato la «rivoluzione politica e sociale». Da qualche tempo Punzo si rivolge al Bardo con costanza e dedizione, in modo esplicito a partire dal 2000 con Macbeth fino ai recentissimi lavori ispirati a Jean Genet, che rivelano nella surreale quotidianità di raffinate vedove en travesti casalinghi e torbidi drammi amletici. Incesti, perversioni e un Narciso spettatore allo specchio, vengono capovolti in mandaliche caverne. Scavando nella tana di un bianconiglio somigliante a una elegante prostituta santa, abbandonarsi alla trance, trascinati da un valzer, è obbligato privilegio.
Ma tornando alle musiche dell’Hamlice del 2010 ciò che spiazza è fin dal primissimo brano dal titolo Sospeso, un senso di buio ovattato, come se ci si trovi immersi dentro un metaforico utero e ciò tuttavia non rende inquieti. Questa sensazione è apparentabile alla consapevolezza che dentro la folle corsa di Alice o l’esasperata razionalità di Amleto ci si senta al sicuro e a proprio agio. Si sta bene come quando tra le braccia di un detenuto-attore ci si lasci condurre in un ballo, conversando di Gurdjieff scrittore.
Un pianoforte nostalgico cavalca le note sul corale Requiem di Amleto – ottava traccia dell’Hamlice di Salvadori – per condurci in una corsa festosa in cui trionfa La regina. E così, mentre di fronte a centinaia di studenti in un’aula di un liceo scientifico siciliano, in settembre inoltrato, ci si interroga sull’attualità di Shakespeare, nella mente scorrono le immagini tremende di un Teatro rosso: video installazione di Graziana Forzoni e Renato Frosali proiettata sul soffitto del Battistero di San Giovanni contemplata a Volterra lo scorso luglio. “E allora, in sogno, sembra che le nuvole si spalanchino e scoprano tesori/ pronti a piovermi addosso; ed io mi sveglio,/ nel desiderio di dormire ancora” concluderebbe il mostruoso Calibano.

A Sud di Shakespeare




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InformazioniVincenza Di Vita

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