I 502 beneficiari del Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo 2023, ovvero tutto l’ex FUS sulla mappa di ateatro, comma per comma

E trovate pure il confronto con il Contributo 2022

Pubblicato il 19/08/2023 / di / ateatro n. 189

All’inizio di agosto 2023 il MiC ha pubblicato le assegnazioni Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo (FNSV aka FUS) per il 2023, l’anno centrale del triennio 2022-2024.

IL LINK
FNSV TRIENNIO 2022-2024 / Anno 2023 – TEATRO – Assegnazione contributi

Sulla base dei Decreti del Direttore Generale, ateatro.it ha aggiornato la mappa con la geolocalizzazione dei 502 beneficiari del Contributo FUS 2023 (Teatro e Multidisciplinare a prevalenza teatrale), raffrontato al Contributo 2022.
Per comprendere la logica e il meccanismo di assegnazione del contributo ministeriale, i suoi pregi e difetti, vedi Oltre il Decreto (a cura di Mimma Gallina e Oliviero Ponte di Pino, Franco Angeli, 2016).

Istruzioni per l’uso

La mappa è basata sui D.D.G. pubblicati sul sito del Ministero della Cultura per gli anni 2022 e 2023, che indicano unicamente il Comune e non la sede/indirizzo dei beneficiari.

1. Clicca in alto a sinistra sulla lente del “Cerca in questa mappa”
2. Digita il nome del soggetto (la parola chiave) o il Comune che ti interessa.
3. Invio.

LE FAQ DEL FUS
OVVERO TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SUL FNSV, SE SOLO SAPESTE CHE COSA E’

Se avete altre domande e considerazioni sui meccanismi del FUS, scrivete a segreteria@ateatro.org. I nostri esperti sono a disposizione.

Se ti dicono che… . …sappi che…
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E se smettessimo di finanziare il teatro con denaro pubblico?
La cultura dev’essere sostenuta dal mercato.
. Molti teatri chiuderebbero e altri ridurrebbero l’attività.
Molte persone perderebbero il lavoro.
Il teatro italiano dovrebbe reinventarsi da capo, su basi completamente diverse.
Un’importante tradizione si interomperebbe.
Molto probabilmente la pluralità di voci sostenuta dall’attuale sistema si ridurrebbe drasticamente.
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Ah, gli esclusi dal FUS! . A parte che adesso si chiama FNSV…
…e come vedi dalla mappa finanzia oltre 500 soggetti (più i progetti speciali): ti paiono davvero così pochi?
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Che differenza c’è tra FUS e FNSV? . Per ora solo il nome. Ma la riforma del FUS era nella campagna elettorale del centrodestra. Dove però convivono, anche su questo tema, posizioni diverse.
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E’ un sistema incomprensibile: tra articoli e commi, sono decine e decine di categorie diverse! . Effettivamente.
Abbiamo il sospetto che molti Direttori dei soggetti finanziati con il FNSV non abbiano ancora capito come funziona!
Un meccanismo più semplice sarebbe più leggibile, ma rischia di non rendere conto della complessità del sistema (e soprattutto degli interessi delle diverse sottocategorie dello spettacolo).
Il sistema delle sovvenzioni ministeriali si è stratificato nel corso dei decenni, iniziando a sostenere via via le diverse funzioni della filiera teatrale: prima le compagnie (le Imprese di Produzione), poi Teatri Stabili (nel dopoguerra, a partire dal Piccolo Teatro), per allargarsi negli anni Settanta all’intera filiera dello spettacolo dal vivo: la distribuzione (i Circuiti e gli Esercizi teatrali), i Festival. Nel 2015 si sono aggiunte le attività di “Promozione”, che non rientrano in queste categorie ma che hanno un’importante funione innovativa all’interno del sistema.
In realtà il meccanismo delle assegnazioni dei contributi inaugurato nel 2014 è ancora più complesso, perché nel caso di categorie con molti soggetti, è previsto di suddividerli “sottoinsiemi” (in alcuni casi si arriva a 6): questi soggetti si dividono la dotazione complessiva del sottoinsieme in proporzione al punteggio.
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Che cosa differenzia un Teatro Nazionale da un TRIC? Un TRIC da un Centro? . Uno dei punti deboli del sistema è che non prende in considerazione le funzioni delle diverse tipologie di soggetti: per esempio, la differenza tra i vari modelli di stabilità e la divisione dei sottoinsiemi tengono conto in sostanza della dimensione dell’impresa e non delle diverse funzioni che svolgono soggetti di dimensione diversa come un Teatro Nazionale e un Centro di produzione.
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La qualità artistica non si misura certo con i numeri o con una formula matematica! . Certamente!
Però il contributo che ricevono i diversi soggetti corrisponde a una cifra (in euro).
Allora, come stabilirla? Come decidere chi merita di essere sostenuto con il denaro dei contribuenti e chi no? E quanto?
Si possono prendere diverse strade.
A un estremo, è possibile privilegiare unicamente la qualità artistica, con una valutazione inevitabilmente soggettiva (da parte di un singolo o di una Commissione). Per assurdo, in questa ottica l’intero Fondo potrebbe essere assegnato a un unico artista.
All’estremo opposto, c’è chi privilegia il mercato. Il sistema delle sovvenzioni è nato in Italia negli anni Venti per sostenere un settore in crisi (il teatro, a causa della concorrenza del cinema): in quest’ottica è ipotizzabile distribuire le sovvenzioni in proporzione agli incassi (oppure stabilire adeguate agevolazioni fiscali). Ma così si favoriscono i soggetti più grandi e più commerciali. E’ una scelta che privilegia il mercato (chi più incassa al botteghino, più prende dal Ministero – oppure meno tasse paga), e che non considera il valore estetico e sociale dell’attività culturale.
L’attuale sistema cerca di combinare questi due approcci, tenendo conto sia dell’aspetto economico sia di quello estetico-sociale. Anche se formalmente il contributo FUS-FNSV serve ancora oggi a coprire un passivo di bilancio: chi chiede accesso alle sovvenzioni ministeriali deve costruire bilanci in rosso, che il Ministero provvede a ripianare.
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L’algoritmo è soggettivo. . La Commissione ministeriale assegna il punteggio di qualità, che vale al massimo 40 punti su 100.
Gli altri punti (per un massimo di 60 su 100) vengono calcolati sulla base dei dati (biglietti venduti, giornate lavorative, recite dentro e fuori Regione eccetera) inseriti sulla piattaforma del MiC dagli stessi soggetti sovvenzionati. Insomma, dovrebbero essere dati oggettivi.
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Ma quei 40 punti vengono assegnati arbitrariamente. . Vengono assegnati sulla base di decine di parametri per ogni soggetto, diversi a seconda della tipologia. La valutazione è inevitabilmente soggettiva, ma all’interno di una griglia che indica gli obiettivi che l’Amministrazione vuole privilegiare.
Per dare obiettivi precisi al sistema teatrale (o ai suoi sottosettori) sarebbe possibile cambiare nell’alogritmo il “peso” dei diversi parametri (o inserirne di nuovi).
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I Commissari mica possono vedere tutti quegli spettacoli! . In Italia si producono ogni anno più di 800 spettacoli. E molti di loro sono prodotti o programmati da soggetti sostenuti dal FNSV. Impossibile vederli tutti!
Peraltro, i Commissari devono esaminare e giudicare i progetti, non devono valutare l’attività che svolgono i soggetti sovvenzionati. Infatti i Commissari, oltre a lavorare gratis, non hanno budget per assistere a spettacoli e partecipare a festival.
La mancanza di monitoraggio e accompagnamento è uno dei punti deboli dell’intero sistema. Certo un sistema su base Regionale (o Provinciale) potrebbe avvalersi più facilmente su meccanismi di monitoraggio e accompagnamento.
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Perché mai il Ministero deve finanziare tutti quei soggetti, molti dei quali hanno rilievo locale e al massimo regionale? . Perché in materia di spettacolo le competenze dei vari livelli di amministrazione non sono mai state definite. E dunque potenzialmente tutti si possono occupare di tutto. E sappiamo bene che in molte Regioni la politica per la cultura degli enti territoriali e locali è inadeguata.
Del resto l’ossatura del teatro italiano, dalla nascita della Commedia dell’Arte, sono state le compagnie di giro, che portavano i loro spettacoli sull’intero territorio nazionale. E che a volte andavano anche all’estero, con enorme successo.
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Perché non fanno un TRIC in Basilicata? o un Teatro Nazionale in Calabria? . Per accedere al FUS è necessario rispettare certi parametri quantitativi e in molte zone d’Italia non ci sono imprese teatrali che riescono a raggiungere la dimensione necessaria.
Del resto gli squilibri territoriali nell’offerta e nella partecipazione culturale sono uno dei probemi di sistema del nostro paese. Per superarli non basta la corretta amministrazione dell’esistente: sarebbero necessarie azioni positive e mirate.
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E’ un sistema che da decenni privilegia sempre i soliti noti! . Formalmente il sistema premia i progetti, ma di fatto sostiene i soggetti, le strutture. Dunque privilegia le rendite di posizione.
Tuttavia in questa tornata le “Prime istanze” (ovvero i soggetti che hanno avuto accesso per la prima volta al FUS nell’anno pandemico 2021 e nel triennio 2022-24) sono molto numerose: 186, oltre un terzo dei 502 ammessi (anche se si potrebbe discutere sullo Stabile del Veneto, considerato “prima istanza” perché promosso da TRIC a Nazionale). Speriamo che non si tratti di altre centinaia di rendite di posizione…
Ma se l’obiettivo della riforma del FUS del 2014 era quello di ammodernare il nostro sistema teatrale, non è stato raggiunto.
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Il sostegno ai singoli soggetti resta sempre più o meno stabile, così i big si mangiano sempre quasi tutta la torta. . Perché il sistema teatrale italiano ha un’inerzia significativa. E per di più ci sono meccanismi che minimizzano le oscillazioni tra un anno e l’altro all’interno del triennio (e questo ha senso) e tra un triennio e l’altro (e questo è meno giustificato e limita molto le possibilità di evoluzione del sistema).
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Il teatro italiano, così debole e precario, fatica ad avere una progettualità triennale. . Sarebbe ora che si attrezzasse, al di là dell’eterna arte di arrangiarsi cara ai nostri operatori.
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Se il sistema fosse corretto, ogni punto dovrebbe avere lo stesso valore in euro, a prescindere dal settore e dal sottoinsieme. . Per cominciare, le griglie di valutazione sono diverse, in base agli articoli per i quali si richiede il sostegno.
In secondo luogo, l’Amministrazione assegna discrezionalmente un somma complessiva per ogni articolo, comma o sottoinsieme.
Stabilire un unico “valore punto” per l’intero sistema non avrebbe senso.
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Tutti i soggetti che rispettano i parametri quantitativi previsti dal Decreto dovrebbero essere sovvenzionati. . A prescindere dal valore culturale del progetto? Anche la lap dance?
Anche progetti che hanno finalità unicamente commerciali?
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Ma se è così, perché nel Decreto non si parla più della funzione pubblica del teatro? . E’ un punto che meriterebbe una riflessione.
Tuttavia il nuovo Codice dello Spettacolo, che dovrà ispirare l’azione del Ministero, si dilunga sulle funzioni sociali, trasformative e educative dello spettacolo dal vivo, e dunque anche sulla sua funzione pubblica.
Certamente oggi, per motivi determinati anche dall’algoritmo e dunque dalle scelte di politica culturale dell’amministrazione, molte realtà finanziate con il FNSV tendono a ridurre al minimo sia il rischio culturale (per assecondare i gusti del pubblico, veri o presunti, con nomi cinematografici/televisivi e prodotti risconoscibili, nel tentativo massimizzare alcuni paramentri quantitativi) sia il margine artistico, ovvero la quota del fatturato effettivamente destinata alla produzione e agli artisti. Soprattutto nel caso delle grandi istituzioni, la maggior parte delle risorse viene ormai assorbita dalle spese di struttura: personale, utenze, eccetera, per non parlare delle realtà che moltiplicano condirettori e consulenti in ruoli apicali, con remunerazioni sostanziose.
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La riforma del FUS ha portato a un aumento di produzioni che non trovano distribuzione. . E’ vero, c’è una sovraproduzione di spettacoli, spesso frettolosi, inutili ed effimeri.
Oltretutto il blocco determinato dalla pandemia ha aumentato il numero delle produzioni in circolazione, ingolfando il mercato e diminuendo ulteriormente il numero delle repliche di ogni spettacoolo.
Questo meccanismo – e le sue conseguenze sull’occupazione nel settore, con un maggior numero di lavoratori ma sempre più precari – era stato analizzato il Oltre il Decreto (a cura di Mimma Gallina e Oliviero Ponte di Pino, Franco Angeli, 2016).
Questo atteggiamento riflette più in generale l’impostazione del sostegno pubblico alla cultura in Italia, rivolto quasi totalmente a incrementare l’offerta e molto meno a sostenere la domanda.
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Ma larga parte del teatro italiano resta escluso dal sostegno ministeriale, fuori dal sistema. . Massimo rispetto per chi sceglie di restare fuori dal sistema ministeriale.
Tuttavia questa mappa e queste FAQ DEL FUS si concentrano sui soggetti che hanno attualmente accesso al FNSV. Non tutti loro passeranno alla storia del teatro, e di certo molti degli esclusi dalle sovvenzioni ministeriali fanno un lavoro importante dal punto di vista artistico, culturale, sociale.
Tra parentesi, in questa ricognizione non abbiamo preso in considerazione le Residenze teatrali, che sono anch’esse sostenute dal Ministero ma con scelte effettuate a livello regionale.
Con un’avvertenza.
Tenersi davvero fuori dal sistema non è facile. Le compagnie che vengono prodotte o co-prodotte da soggetti FNSV (così avidi di accaparrarsi i loro c1), gli spettacoli che vengono ospitati da teatri, esercizi, festival, circuiti FNSV (sempre avidi di accaparrarsi i loro c1), sono di fatto sostenuti dal sistema, sebbene indirettamente. Per non parlare delle mille rassegne estive finanziate da Assessorati e Pro Loco, all’insegna del nome noto e dell’intrattenimento vacanziero.
Insomma, non basta non essere uno dei 502 soggetti FNSV per potersi vantare di essere davvero fuori dal sistema.
Tuttavia il mondo “extra FUS” merita un approfondimento.
In seguito alla crisi pandemica del 2020, che ha avuto un impatto devastante sullo spettacolo dal vivo, il Governo aveva deciso di sostenere anche i soggetti “extra FUS” (sulla base dell’art. 89 D.L. 17 marzo 2020 nr.18, D.M. 23 aprile 2020). ateatro ha mappato i 2558 soggetti finanziati con i 20 milioni di euro del Fondo Emergenza Covid 2020 Spettacolo (Vedi La mappa extra FUS di ateatro).
Quella che emerge da questa mappa è una geografia del nostro spettacolo assai diversa da quella che emerge dal FUS-FNSV.
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