Teatro della memoria memoria del teatro

Prefazione a il meglio di ateatro 2001-2003 a cura di Oliviero Ponte di Pino e Anna Maria Monteverdi

Pubblicato il 03/11/2004 / di and / ateatro n. 075


Sono 320 pagine e costa solo 15 euro, c’è dentro il teatro che ci piace, quello di cui si parla in questo sito. Insomma, che aspettate a comprarlo? Basta andare sul sito della casa editrice, il principe costante, ovvero Vanessa & Valeria…
Ma intanto beccatevi la prefazione, dove proviamo a spiegare un po come funziona ateatro.

«ateatro.it» è una webzine di cultura del teatro e dello spettacolo dal vivo, attiva dall’inizio del 2001, curata da Oliviero Ponte di Pino in collaborazione con Anna Maria Monteverdi, che gestisce anche la sezione «teatro & nuovi media». Nel corso di tre anni ha pubblicato quasi 500 articoli, saggi, notizie, interviste, recensioni, inchieste, editoriali… I suoi forum ospitano centinaia di interventi: notizie, informazioni, polemiche, richieste di aiuto, segnalazioni, pettegolezzi…
«ateatro.it» si è rapidamente affermato come un punto di riferimento e uno spazio di discussione per la parte più viva del teatro italiano, sia per la quantità di dati e informazioni che contiene, sia perché consente un costante scambio di idee sulla situazione delle nostre scene.
La webzine è l’evoluzione di un sito personale, olivieropdp.it, attivo dal 1998, che raccoglie tra l’altro materiali sul nuovo teatro, e in particolare la versione elettronica del volume Il nuovo teatro italiano. Il teatro dei gruppi 1975-1988. Alla fine del 2000, le dimissioni di Mario Martone dalla direzione del Teatro di Roma avevano suscitato un’accesa discussione: nel giro di pochi giorni, senza alcuna sollecitazione, su olivieropdp.it erano state raccolte e pubblicate decine di interventi sul «caso Martone», subito rilanciate in un dossier consultabile on-line. Questa improvvisa mobilitazione è stata un segnale: si avvertiva la necessità di uno spazio di informazione e discussione, flessibile e reattivo, su temi che i mass media tendono a escludere o a trattare con superficialità e che le testate specializzate possono affrontare solo in tempi lunghi. Era anche la riprova che un piccolo sito internet (quello che qualche anno dopo «Repubblica Affari & finanza» avrebbe definito un «blog storico», anche se all’epoca il termine era ancora un esotismo futurista), gratuito, indipendente e interamente autogestito, poteva raggiungere un gran numero di persone e, alla lunga, creare una piccola comunità, diventando una piazza tematica e telematica. Il forum «Fare un teatro di guerra?» è così nato insieme al sito (sulla scia del film di Mario Martone e del convegno omonimo organizzato da Teatro Aperto), in piena continuità con questa esperienza, e con la consapevolezza di un’emergenza che riguarda sia la situazione del teatro italiano sia più in generale l’attuale situazione politica e culturale.
«ateatro.it» è partito come un esperimento un po’ folle, una piccola provocazione: creare una rivista di cultura teatrale in rete, con caratteristiche di gratuità e assoluta indipendenza e autonomia, che accostasse all’attività di documentazione e memoria storica un più attivo intervento sull’attualità, a cominciare dalle battaglie di politica culturale, tentando di aggregare studiosi, osservatori, critici, artisti, in vario modo interessati a quello che di vivo e vitale accade in teatro.
In un momento in cui le tradizionali riviste su carta stavano attraversando un periodo di indiscutibile difficoltà e le riviste on-line erano ancora in una fase embrionale, si trattava anche di stimolare alla scrittura nuovi autori e di raccogliere e rilanciare quello che già veniva prodotto sul versante della cultura dello spettacolo. Si voleva anche, senza una struttura precostituita, passare da una «impresa individuale» a un collettivo di lavoro aperto a nuove collaborazioni, una sorta di rete diffusa – ferma restando la qualità dei contributi. Quasi subito è avvenuto un piccolo miracolo: dopo un numero zero e un numero uno scritti interamente da una sola persona (dunque ancora all’interno della logica del blog, tanto per intendersi), è stato possibile impaginare e pubblicare un numero due raccogliendo unicamente contributi esterni (e in genere non sollecitati). I contributi hanno continuato ad arrivare, numerosi e qualificati, e la redazione si è progressivamente allargata e strutturata, con una cerchia di collaboratori e corrispondenti sempre più vasta. Dopo oltre tre anni di lavoro, grazie soprattutto all’attività di stimolo e coordinamento di Anna Maria Monteverdi, «ateatro.it» è diventato una sorta di impresa collettiva, una rete aperta in grado di raccogliere e rilanciare notizie e temi di discussione.
In questa fase dell’evoluzione di internet è ancora difficile immaginare come un sito di questo tipo, rivolto a una nicchia non particolarmente danarosa (o disposta a spendere) come quella degli appassionati e studiosi di teatro – e di un teatro per di più di un certo tipo ñ, possa generare reddito. Neppure il minimo reddito necessario a sostenere i costi di una redazione on-line attraverso micropagamenti o sponsorizzazioni. Dunque l’unico sistema per garantire la sopravvivenza di una testata di questo genere nel medio termine (senza escludere altre soluzioni quando la rete sarà più matura) consiste in primo luogo nel minimizzare le spese, portandole il più vicino possibile allo zero: questo vale per i collaboratori, ovviamente, che scrivono gratis (e già questo è un indizio della necessità di un’impresa di questo tipo), ma anche e soprattutto per la gestione «tecnica» del sito, totalmente autosufficiente, leggera e facile. Al di là della registrazione del dominio e del costo dello spazio (dell’ordine di poche decine di euro all’anno) il sito non ha costi di gestione. Questo è stato possibile grazie a una minima competenza informatica (nozioni elementari di programmazione, alfabetizzazione in html e asp, qualche informazione sui database) e all’uso di software gratuiti facilmente scaricabili dalla rete. Era un altro aspetto della scommessa di «ateatro.it», in un’era «pre-phpnuke»: verificare se fosse possibile per chiunque aprire e gestire un sito minimamente complesso e dotato di una sufficiente gamma di funzionalità.
All’inizio «ateatro.it» era un sito solo di testi – spesso di testi assai lunghi, in provocatoria controtendenza rispetto alle regole e alle mode del web, ma ideali per essere stampati e conservati – e tutto in italiano. Successivamente sono stati inseriti immagini e poi brani audio e video, ma senza cambiare la natura in primo luogo testuale del sito. Partito come raccolta di pagine statiche, si è arricchito di nuovi servizi, diventando sempre più articolato e versatile, aprendosi a diverse forme di interattività: i forum, la mailing list (con alcune migliaia di iscritti), la locandina (con la possibilità per i visitatori di segnalare gli spettacoli), un motore di ricerca, blog personali, e soprattutto un database nel quale sono confluiti l’archivio della webzine, i link (una pagina nata quando i maggiori motori di ricerca segnalavano appena poche decine di siti teatrali italiani e arrivata nel giro di un anno a censire oltre 400 siti), le news, la mappa del nuovo teatro italiano, il calendario dei festival, un database con la filmografia shakespeariana eccetera.

«ateatro.it» è nato come una sorta di esperimento, su vari fronti.
Il primo, lo si è già accennato, riguarda la possibilità di creare e far crescere un sito indipendente e autosufficiente, ed è ovviamente connesso alla conclamata «democraticità» della rete, e alla possibilità che nell’agorà telematica l’autore possa anche diventare editore di se stesso. Da questo punto di vista, l’esperimento ha avuto successo. Non solo il sito esiste e continua a crescere, ma ha trovato il suo pubblico: diverse centinaia di visite al giorno, migliaia di pagine scaricate, da parte soprattutto di teatranti, studiosi e studenti, dunque un pubblico «qualificato», interessato e competente. Intorno al sito si è raccolta una piccola comunità, che lo usa come punto di raccolta e di scambio di informazioni. Anche se poi l’effettiva partecipazione «attiva» resta al di sotto delle sue potenzialità, per diversi motivi: scarsa alfabetizzazione informatica (una delle attività chiave, soprattutto agli inizi, è consistita nello spiegare personalmente a utenti totalmente ignari del web come collegarsi al sito o inserire messaggi nei forum), timore di esporsi (in un ambiente come quello del teatro, fatto anche di clientele e patti sostanzialmente omertosi), ma soprattutto un atteggiamento che resta ancora fondamentalmente legato alle forme tradizionali della comunicazione unidirezionale («Tu scrivi e io leggo»), che fatica a prendere in considerazione e a praticare le possibilità di interazione offerte dal web. Sintomatica da questo punto di vista è la riluttanza – da parte di chi ritiene di avere un certo ruolo pubblico – a interagire con gli sconosciuti e spesso anonimi interlocutori dei forum: insomma, a mettersi in gioco al di là di ruoli professionali e meriti acquisiti. Perché entrare nell’arena di internet impone di accantonare ogni principio di autorità: resta solo l’autorevolezza conquistata sul campo. Basti pensare alle diverse modalità di ricezione, ai tempi e modi di risposta, di una lettera inviata a un quotidiano rispetto a un post in un forum (o di un mail al webmaster).
Si arriva così a un secondo risvolto di questo esperimento, ovvero al rapporto tra internet e la carta stampata, almeno per quanto riguarda il teatro – e forse un certo tipo di teatro. Non è una novità che negli ultimi anni gli spazi che quotidiani e settimanali dedicano al teatro si stiano riducendo, che le recensioni perdano spazio (e dunque autorevolezza) rispetto ad anticipazioni, presentazioni, interviste. Molto difficilmente sulla stampa a grande diffusione possono trovare posto servizi dedicati al «sistema teatro» nel suo complesso (e nelle sue contraddizioni), se non raramente e spesso in chiave scandalistica o allarmistica. D’altro canto le riviste specializzate si scontrano con le difficoltà della distribuzione, e con tempi di realizzazione e diffusione molto allungati (oltre che con i costi di carta e stampa), e raggiungono un pubblico molto limitato. Diventa così sempre più difficile contribuire alla creazione di una cultura teatrale e a quella formazione del pubblico che è essenziale per i consumi culturali, dove i livelli di gratificazione sono proporzionali alla competenza (insomma, più spettacoli o quadri vedi, più concerti ascolti, più sei in grado di valutarli e apprezzarli). In quest’ottica, disporre di strumenti di informazione e formazione aggiornati e facilmente consultabili (soprattutto per i giovani) diventa utilissimo, e permette di aggirare le strettoie degli altri media.
Inoltre la forma web permette di sperimentare diverse forme di scrittura, rispetto a quelle canoniche della recensione (e non è un caso che in «ateatro.it» le recensioni siano apparse piuttosto tardi), dell’intervista e del saggio accademico. Da un lato l’intento era quello di produrre testi che avessero un respiro un po’ più ampio della normale recensione, che non si consumassero cioè nell’immediatezza dell’evento, ma che andassero a costituire una sorta di memoria a medio termine; dall’altro, di lasciare sempre aperta la possibilità di interazione; e su alcuni spettacoli particolarmente significativi si è infatti deciso di dare spazio a più voci e ad approcci diversi (abbiamo scelto di presentare qualche esempio di «sguardo incrociato» anche in questo volume). Insomma, scrivere di teatro, ma con la massima libertà – anche nella forma – o nel format. Anche nel portare i testi dal web alla carta, è stato inevitabile mantenerli nella loro forma originaria (fatte salve le uniformazioni e correzioni indispensabili), rendendo così conto della ricchezza e della varietà degli approcci, degli stili e delle scritture.
Si è cercato di coniugare la critica militante a un saggismo di taglio più accademico, attingendo in particolare all’opera di alcuni giovani studiosi. Non solo accostando interventi duramente polemici a saggi rigorosi, incursioni ironiche a divagazioni dotte, ma anche e soprattutto cercando di intrecciare linguaggi e prospettive – privilegiando in ogni caso leggibilità e serietà. Cercando poi di dare ampio spazio alla «viva voce» degli artisti. Queste erano le intenzioni programmatiche, che si sono concretizzate in 62 numeri della webzine in tre anni: un ritmo impressionante, che corrisponderebbe a molte centinaia di pagine a stampa. Questa iperproduzione suggerisce peraltro che nel nostro paese si può fare cultura del teatro e dello spettacolo, ma che prima di internet era assai più difficile diffonderla.
A differenza di altri siti e riviste di argomento teatrale, per quanto riguarda la produzione corrente si è preferito non cercare di inseguire l’attualità, in un impossibile tentativo di completezza ed esaustività, quanto piuttosto di seguire con attenzione alcuni artisti, spettacoli e realtà: da un lato monitorando, quasi da «compagni di strada», un percorso artistico (vedi i casi del Teatro della Valdoca e di Danio Manfredini, ai quali sono dedicati saggi monografici poi pubblicati in altri volumi, della Socìetas Raffaello Sanzio, dei Motus o di Luca Ronconi, o ancora l’attenzione ad autori come Pier Paolo Pasolini, Giovanni Testori, Enzo Moscato, solo per fare alcuni esempi); dall’altro offrendo – come già anticipato – più di uno sguardo su una medesima opera. Insomma, il tentativo è quello di fornire alcune indicazioni di metodo, che altri potranno ripercorrere, approfondire e migliorare.
I numeri hanno una struttura modulare, ma non necessariamente tutti i moduli devono essere presenti in ogni numero. L’editoriale in genere riassume il contenuto della rivista, ma spesso affronta tematiche di attualità, con punte anche polemiche; a volte cerca di fare il punto sull’evoluzione della webzine e sulle sue prospettive. Seguono i saggi più «pesanti», spesso raccolti intorno a uno o più temi chiave (quando non accorpati in numeri monografici come quelli via via dedicati al teatro di guerra, al teatro di figura, al teatro ragazzi, al tecnoteatro…). Tocca poi alla sezione «tnm», curata come si è accennato da Anna Maria Monteverdi, sui vari intrecci tra teatro e nuove tecnologie, a cominciare ovviamente dal loro uso sulla scena e nella documentazione, ma con una notevole apertura a intrecci e contaminazioni (con le arti visive, con le street tv, con la rete, eccetera). Seguono le recensioni (di spettacoli, ma anche di libri, dischi, eccetera) e chiudono le notizie, che spesso vengono messe on-line e pubblicate tra un numero e il successivo, ma sono in ogni caso recuperate per essere automaticamente impaginate nel primo numero disponibile.
Questa è un’altra delle differenze tra un sito e un periodico «su carta»: un sito come «ateatro.it» ha sia la possibilità di intervenire e informare «a caldo» (come un quotidiano o un canale radiofonico o televisivo), sia quella di strutturarsi in forma di periodico (con i diversi numeri della webzine), sia di creare un archivio immediatamente consultabile, che si arricchisce progressivamente. Quello della webzine, pubblicata a scadenze più o meno regolari e annunciata da una newsletter che raggiunge la mailing list, è dunque solo uno dei formati in cui è possibile presentare i contenuti sedimentati nel sito. Per fare un esempio, è stato facile isolare l’archivio delle recensioni in una apposita sezione raggiungibile dalla homepage. Ma anche a una prima osservazione di «ateatro.it» si possono cogliere diverse modalità di fruizione dei materiali presenti nell’archivio, secondo logiche ipertestuali che la progettazione del sito ha cercato di sfruttare. Va altresì tenuto presente che la webzine è in continua evoluzione, come l’intera rete, sia per quanto riguarda gli aspetti più direttamente tecnici sia per quanto riguarda la filosofia della comunicazione. Tenendo anche conto delle abitudini e delle competenze dei fruitori, il sito si muove in equilibrio tra le modalità di interazioni già consolidate (e il modello principale in questo caso è quello del periodico di cultura) e quelle rese possibili e suggerite dal nuovo medium.
Nei 62 numeri, pubblicati nel triennio 2001-2003 con una scadenza «irregolare» ma tendenzialmente bisettimanale, i terreni di indagine e intervento sono stati numerosi e diversificati, anche se l’ambito tematico è sempre rimasto circoscritto e la linea editoriale non ha subito cambiamenti. Centrale è ovviamente l’attenzione al teatro, e in particolare al nuovo teatro italiano, che assorbe buona parte della rivista. Una sezione a parte, come già segnalato, merita il rapporto tra il teatro e i nuovi media, di cui peraltro «ateatro.it» aspira a essere una declinazione per certi versi esemplare. Non a caso la sezione «tnm» rappresenta finora un unicum nel panorama della cultura teatrale internazionale (e uno dei punti di forza della webzine), per quanto riguarda sia la quantità sia la qualità dei contributi.
Un altro filone seguito con particolare attenzione (e che in questo volume non può trovare adeguato riscontro, anche perché molti degli interventi sono legati all’attualità) riguarda la politica e l’economia della cultura e dello spettacolo. Questo interesse – grazie anche all’amichevole sostegno e pungolo di Mimma Gallina – ha fatto di «ateatro.it» un interlocutore credibile nelle discussioni sull’assetto istituzionale e sulle prospettive del «sistema teatrale italiano», fino a coinvolgere la webzine nell’ideazione e nell’organizzazione di convegni e incontri, come quelli dedicati al già citato «Teatro di guerra» (Milano 2001) e soprattutto a «Nuovo Teatro Vecchie Istituzioni» (culminato nell’incontro di Castiglioncello, 2002) e alle «Buone Pratiche. Una Banca delle Idee per un nuovo teatro» (Milano 2004); sempre nel 2004 «ateatro.it» ha rilanciato il dossier della rivista (su carta) «Hystrio» a cura di Mimma Gallina sulla situazione del teatro italiano «ai tempi di Berlusconi» (con il corredo di polemiche sulla gestione dell’Eti) e ha ospitato la discussione sul futuro di una manifestazione come Riccione Ttv.
La webzine non ha mai nascosto il suo tono «militante», che si esprime in posizioni spesso polemiche e partigiane; tuttavia la sua ambizione è offrire all’intero teatro italiano notizie, servizi (come la locandina e i programmi dei festival), ma anche spunti di riflessione, commenti e a volte denunce e polemiche. Non tutti i visitatori del sito si riconoscono nelle posizioni della webzine: tuttavia molti teatranti hanno preso l’abitudine di frequentarlo per essere informati sulle novità del mondo del teatro.

Non è stato facile selezionare dal ricco archivio di «ateatro.it» il materiale da inserire in questa antologia. Si è scelto innanzitutto di escludere i testi più legati all’attualità (informazioni, notizie, ma anche polemiche e dibattiti) così come gli editoriali: pubblicarli tutti sarebbe stato impossibile (e forse inutile), e una scelta sarebbe stata difficilmente giustificabile. Si è anche preferito evitare di riproporre testi già pubblicati (o di prossima pubblicazione) in volumi, annuari o riviste facilmente reperibili: per esempio gli interventi relativi a Storie mandaliche di Zonegemma, o i testi di Oliviero Ponte di Pino per i volumi monografici su Danio Manfredini e sul Teatro della Valdoca, o il testo La bella crisi scritto per il volume edito dalla Biennale Teatro dmt danzamusicateatro. report 2002, tutti anticipati on-line, o ancora il dossier teatro di guerra, già raccolto in un volume a cura di Teatro Aperto.
Dopo queste esclusioni dettate dal buon senso, si trattava di decidere un criterio «positivo» in base al quale scegliere e ordinare il materiale. Si sono così evidenziati alcuni temi chiave, che hanno caratterizzato l’attività della webzine in questi anni.
Il punto di partenza sono due omaggi ad altrettanti «padri adottivi», per indicare due punti di riferimento ma anche per mettere in evidenza l’atteggiamento di «ateatro.it» nei confronti della tradizione (e della tradizione del nuovo). Dunque per cominciare alcuni «Appunti su Shakespeare», a volte impertinenti (ma ulteriori note shakespeariane si possono leggere in altre sezioni del volume, a riprova di un costante interesse) e un doveroso «Omaggio al Living Theatre» fatto insieme di approfondimento ed esperienza personale.
Si passa poi ad alcuni «Autoritratti d’attore»: un maestro come Marisa Fabbri (che ci ha purtroppo lasciati, e dunque l’intervista è anche un omaggio e un ricordo di una persona straordinaria) e una miniserie dedicata ad alcuni giovani attori, oltre a una riflessione sulla voce a opera di Nevio Gàmbula. Dopo l’attore, inevitabilmente, la regia esaminata in chiave problematica: in primo luogo un approfondimento su Luca Ronconi (al confine tra teatro e televisione, romanzo, videogame e scienza, soprattutto per ricordare che sul maggiore regista teatrale italiano del dopoguerra non esiste una monografia autorevole, dopo quella di Franco Quadri, ferma però agli anni Settanta), ma anche i russi Dodin e Nekros?ius. Sul versante del nuovo teatro, seguito con particolare attenzione anche attraverso le recensioni (un aspetto che in questa antologia risulta forse sacrificato), abbiamo privilegiato un taglio storico, coerentemente con l’impegno del sito a costruire un archivio della memoria teatrale: questo significa in primo luogo raccogliere testimonianze e tracce, ma anche cercare di riflettere sull’evoluzione del «nuovo» e sulle possibilità di storicizzarlo, sia per quanto riguarda il panorama generale e lo scenario politico, sia per quanto riguarda i singoli gruppi (vedi qui il caso del saggio sulla Socìetas Raffaello Sanzio).
Un altro aspetto che per ragioni di spazio resta un po’ in ombra in questo volume è la drammaturgia (anche se «ateatro.it» ha prestato grande attenzione a questa prospettiva, dando spazio ai «microdrammi» della Maratona di Milano e del Mittelfest, pubblicando tra l’altro in anteprima il testo di Claudio Magris Essere già stai): è stato affrontato in una chiave particolare ma che riteniamo di qualche interesse, ovvero il recupero del mito (un taglio che rimanda non a caso, oltre che al teatro di narrazione, ad alcune esperienze della nuova scena, che spesso si trova a esplorare in parallelo il recupero del mito e le possibilità offerte dalle nuove tecnologie), attraverso una riflessione teorica, le schede di qualche spettacolo e alcuni approfondimenti (Testori, Moscato, Sarah Kane).
Non poteva non trovare ampio spazio in questa selezione il «Teatro di guerra», che come un basso continuo scandisce tutta l’attività del sito, nella sua duplice accezione. Da un lato, gli interventi sullo stallo e la degenerazione del sistema teatrale italiano, sulle difficoltà degli artisti in una fase politica particolarmente ostile. Dall’altro, le aperture su uno scenario più ampio, con le schede relative ad alcuni spettacoli che reagiscono poeticamente e politicamente allo stato delle cose presente. Certo, sono due realtà (o meglio, due ordini di grandezza) diverse e difficilmente paragonabili, le meschine beghe di potere nostrane e una situazione internazionale tragica e con numerosi risvolti criminali: tuttavia finiscono inevitabilmente per intrecciarsi nelle responsabilità etiche e politiche di ciascuno di noi nei confronti del mondo che ci circonda.
Le due sezioni conclusive, «Pane e marionette» e «Maschere e macchine», mettono in corto circuito i due estremi della storia del teatro, andando a esplorare forme antichissime e originarie, di grande tradizione, e il «fronte del nuovo» nelle sue punte più audaci. Tuttavia nella riflessione di «ateatro.it» questi due poli non sono mai stati contrapposti, e anzi risultano profondamente intrecciati. In questa chiave, è fondamentale il saggio-cerniera tra le due sezioni, I giocattoli di Dioniso di Fernando Mastropasqua, che spingendosi in apparenza fino alle origini prime del teatro occidentale, permette di confrontarsi con le esperienze più modernamente radicali e tecnologiche della scena contemporanea.
Ma – anche se ormai è inutile ripeterlo – questa è solo una piccola selezione del materiale pubblicato in tre anni (e molti pezzi qui ripresi avrebbero potuto figurare in più di una sezione: vedi il saggio sul Mercante di Sellars, che avrebbe potuto trovare posto nella riflessione sul rapporto tra teatro e nuove tecnologie o nel «teatro di guerra»). La ricchezza di «ateatro.it» sta anche nell’archivio consultabile on-line, e costantemente arricchito dalla redazione. Non abbiamo mai pensato che le due forme (quella cartacea e quella elettronica) si escludessero a vicenda: proprio la molteplicità dei formati con cui è possibile presentare il materiale raccolto e ordinato nel database spinge a immaginarne altri – comprese dunque la forma-libro o la forma-rivista. Ma è proprio questo database – quella che alcuni ritengono «la forma contemporanea del sapere» – a rendere possibile la sedimentazione di tutti questi diversi formati e che costituisce il nucleo vivo di un «teatro della memoria» che è anche «memoria del teatro».

Oliviero_Ponte_di_Pino_e_Anna_Maria_Monteverdi

2004-11-03T00:00:00




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